Masaccio, La Trinità, 1427. Affresco, particolare. Firenze, Basilica di Santa Maria Novella |
Battezzate
tutti i popoli
nel
nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
Dal Vangelo secondo Matteo (28,
16-20)
In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea,
sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi
però dubitarono.
Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla
terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome
del Padre e del Figlio e dello
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Dopo la solenne festa di
Pentecoste nella quale si è rinnovata l’effusione dello Spirito Santo sulla
Chiesa e sul mondo, oggi celebriamo uno dei due misteri principali della fede
cristiana: l’unità e la trinità di Dio.
Il mistero di Dio è al
cuore della rivelazione di Gesù, venuto per farci conoscere Dio: “Ho fatto conoscere il tuo
nome agli uomini”
(Gv 17,3.6), e per renderci partecipi della sua stessa vita: “Questa è la vita eterna:
che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo.”.
Oggi, come ieri, restano
aperte numerose domande sull’esistenza e la realtà di Dio. Quanti uomini
continuano ad indagare attorno al suo mistero e al suo rapporto con l’uomo, il
mondo e la storia. E poi c’è l’assurda realtà del male a rendere la questione
ancora più problematica, come disse Benedetto XVI nella sua
storica visita al campo di sterminio di Auschwitz: “Quante domande ci si
impongono in questo luogo! Sempre di nuovo emerge la domanda: Dove era Dio in
quei giorni? Perché Egli ha taciuto? Come poté tollerare questo eccesso di
distruzione, questo trionfo del male?”. Domande, che evocano altre domande,
all’infinito …
Nel libro della Genesi, subito
dopo il peccato originale, è Dio invece a interrogare l’uomo: “Dove sei?”. Siamo ancora nel
paradiso terrestre e l’uomo rispose: “Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e
mi sono nascosto”
(Gen 3,9-10). Una rappresentazione emblematica del tormentato e problematico
rapporto tra l’uomo e Dio, che attraversa tutta la storia dell’umanità. Da una
parte l’uomo che si nasconde a Dio, si sottrae al rapporto con lui, per vivere
poi nella paura della propria autonomia e nella frustrazione per una sua impossibile
totale signoria sull’universo; dall’altra la reiterata domanda accusatrice
contro Dio, per la sua ingiustificata assenza o per il suo mancato intervento
protettivo, ogni qual volta l’uomo diventa vittima dell’assurdità della storia.
In questo contesto,
fatto di nascondimento e di polemiche accuse, in cui si riassume il difficile
rapporto dell’uomo con Dio, arriva a noi la rivelazione cristiana del mistero
di Dio, del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, della sua Carità e della
sua Misericordia infinite.
Come abbiamo sentito
oggi nel brano evangelico proclamato, Matteo conclude la sua narrazione “nel nome del Padre e del Figlio e dello
Spirito Santo”. Nel comando del Signore risorto di fare discepoli tutte le
genti, battezzandole nel nome della Santissima Trinità, viene anche definita
una caratteristica importante della Chiesa, e cioè quella di “un
popolo che deriva la sua unità dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito
Santo”,
come la definisce il Concilio Vaticano II (LG 4).
La fede nel Dio
cristiano orienta i discepoli a diventare una solo cosa, come lo sono il Padre
con il Figlio e con lo Spirito Santo, secondo la logica della provvidenza e
della misericordia. Il Dio cristiano infatti provvede a tutte le necessità dell’uomo,
in ogni istante della sua vita. Anche nei momenti di sofferenza e di
difficoltà, l’apostolo Paolo ci ricorda che “tutto concorre al bene, per quelli che
amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno” (Rm 8,28). Del resto
Gesù, il Figlio Unigenito del Padre, è venuto a noi, perché “abbiano la vita, e l’abbiano in abbondanza”
(cfr Gv 10,10). Lo Santo Spirito è stato effuso sulla Chiesa e sul mondo per
continuare l’opera di salvezza compiuta dal Figlio, “perché
Dio sia tutto in tutti” (1 Cor 15,28).
Contrariamente a quanto
hanno fatto Adamo ed Eva, il nostro compito di cristiani oggi nel mondo non è
quello di sottrarci a Dio, ma di uscirgli incontro per radunare tutti gli
uomini nell’unica famiglia di Dio. La fede è saper stare davanti a Dio, senza
averne paura, senza entrare necessariamente in conflitto, senza l’orgogliosa
superbia dell’autosufficienza, ma con l’amore di figli di Dio, che gridano “Abbà, Padre” (Rom 8,15), così come ci ha
insegnato Gesù, perché tutto concorra al bene dell’umanità. Nel battesimo siamo
stati immersi dentro a questo mistero, ne facciamo parte ormai per l’eternità,
al di là della nostra maggior o minor consapevolezza personale. Nell’umiltà
della fede ritroviamo non soltanto la naturale armonia perduta del paradiso
terrestre, ma soprattutto il coraggio dell’amore e la forza della Speranza.
Possiamo, allora,
liquidare Dio con un fugace segno di croce del mattino e della sera? O magari
con qualche veloce preghiera biascicata strada facendo? Oppure ricorrere
vigliaccamente a Lui soltanto nel momento del bisogno? No! Il cristiano è colui
che sa stare con Dio, si compiace alla sua presenza e si riempie il cuore ogni
giorno delle sue grazie. Perché “Non di solo
pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4,4), e nella
preghiera questa parola diventa la nostra vita. Buon incontro con Dio!
don
Marco Belladelli.
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