venerdì 26 gennaio 2018

Il Vangelo della salute del 28/01/2018

Gesù nella sinagoga di Cafarnao
Pannello del soffitto dipinto, Chiesa di san Martino, Zillis (Svizzera),1109

IV Domenica del tempo Ordinario “B”
Insegnava loro come uno che ha autorità.
Dal Vangelo secondo Marco  (1, 21-28)
In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafàrnao,] insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.
Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.
Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!».
La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.

Parola del Signore.
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Dopo l’annuncio del regno di Dio e la chiamata dei primi quattro Apostoli, Marco ci racconta una giornata tipo del ministero di Gesù. Siamo a Cafarnao, la piccola città sulle rive del lago di Galilea dove abitano Pietro e suo fratello Andrea. E’ sabato e Gesù va in sinagoga per insegnare, accompagnato dai discepoli. Contrariamente a quanto ci aspetteremmo, san Marco non ci riporta le parole dette da Gesù, ma si sofferma sulla reazione dei presenti, i quali rimangono profondamente colpiti dal suo insegnamento, tanto da essere letteralmente ‘fuori di sé’, perché a differenza degli scribi - annota l’evangelista - egli parla loro “come uno che ha autorità” (v. 22). Ma le sorprese non finiscono qui. Improvvisamente uno dei suoi ascoltatori aggredisce verbalmente Gesù, gridandogli contro: “Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!” (v. 24). A Gesù bastano poche parole, pronunciate con tono ‘autoritario’, per mettere a tacere chi lo stava sfidando, e soprattutto per liberare quell’uomo dalla schiavitù dello spirito immondo, che si era impossessato di lui.
Lo stupore iniziale del popolo è diventato un vero e proprio senso di “timore”, dal quale sorgono innumerevoli interrogativi su chi fosse realmente Gesù e sulla sua missione. Un crescendo emotivo più volte presente nella Bibbia quando un uomo o una donna vengono a trovarsi a diretto contatto con la realtà soprannaturale, propria di Dio.  
La rimarcata differenza della predicazione di Gesù rispetto a quella degli scribi, non consiste quindi in una diversa qualità retorica dei suoi discorsi, ma nella palese pretesa di parlare con la stessa autorità di Dio. Quando poi con quella stessa autorità comanda anche agli ‘spiriti impuri’ - notoriamente superiori agli uomini, tanto da dominarli e far loro del male, e  sempre e assolutamente in aperto contrasto con Dio e avversi a tutto ciò che lo rappresenta - davanti a quel gesto potente di Gesù che libera l’indemoniato dalla schiavitù del male e lo restituisce alla propria disponibilità, all’uomo non resta che perdersi nel timore della propria pochezza e fragilità, interrogandosi su quanto sta accadendo attorno a lui.
Fin dall’inizio del suo ministero pubblico, l’opera di Gesù si caratterizza quindi per questo particolare rapporto con Dio, che nessun altro maestro della legge poteva rivendicare. La parola che Gesù rivolge agli uomini apre immediatamente l’accesso al volere del Padre e alla verità di se stessi. Non così, invece, accadeva agli scribi, che dovevano sforzarsi di interpretare le Sacre Scritture con innumerevoli riflessioni. All’efficacia della parola, Gesù unisce la potenza dei segni di liberazione dal male.
Paradossalmente sono proprio i demoni i primi a parlare di questa relazione di Gesù con Dio Padre: “Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!” (v. 24), sottolineando soprattutto il senso della missione di Gesù e la sua identità, non certo con lo scopo di suscitare consenso attorno a lui, ma nel tentativo di complicargli il proseguo del suo cammino tra gli uomini. Gesù, scacciando i demoni dalle persone e liberandole dalla peggiore schiavitù, vuole impedire ai demoni stessi di parlare di lui. E’ in gioco la riuscita della sua stessa missione, da cui dipende la nostra salvezza. Sa infatti che per liberare l’umanità dal dominio del peccato, dovrà essere sacrificato sulla croce come vero Agnello pasquale. Il diavolo, da parte sua, cerca di distoglierlo per dirottarlo invece verso la logica umana di un Messia potente e pieno di successo. La croce di Cristo sarà la rovina del demonio, ed è per questo che Gesù non smette di insegnare ai suoi discepoli che per entrare nella sua gloria deve patire molto, essere rifiutato, condannato e crocifisso (cfr Lc 24,26), essendo la sofferenza parte integrante della sua missione. Questo mistero di ‘potenza umile’ e di ‘amore grande, fino al dono della vita’ si ripropone a noi oggi nella Parola che abbiamo ascoltato e nel sacrificio che si ripresenta sull’altare in tutta la sua attualità, per essere di nuovo accolto come grazia che salva e che trasforma tutta la nostra vita, perché come ci raccomanda san Paolo nella seconda lettura: “vi comportiate degnamente e restiate fedeli al Signore, senza deviazioni.” (1Cor 7,35). 
Buona Domenica!
don Marco Belladelli

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