Wieslaw Zieba, Cristo Re, Swiebodzin - Polonia. |
XXXIV Domenica del Tempo Ordinario, “A”,
solennità di N. S. Gesù Cristo, re dell’universo “A”.
Siederà sul trono della sua gloria e separerà gli uni dagli altri.
DAL VANGELO
SECONDO MATTEO (25,31-46) In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui,
siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i
popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore
dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra.
Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del
Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione
del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi
avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito,
malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.
Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”.
Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna». Parola del Signore.
Nella XXXIV Domenica del Tempo Ordinario,
ultima dell’anno liturgico, si celebra la solennità di ‘Cristo Re dell’universo’. Istituita nell’Anno Santo
del 1925 al culmine di un periodo di
straordinario fervore apostolico e missionario della Chiesa in tutto il mondo,
era stata collocata all’ultima Domenica di Ottobre. Con la riforma liturgica
del Concilio Vaticano II ha trovato una più adeguata collocazione al termine
dell’anno liturgico, dove sono meglio evidenziati il valore teologico e
pastorale. Nel Vangelo il Signore Gesù viene indicato con molti titoli, quali
Maestro, buon Pastore, Salvatore, Luce del mondo, Via, Verità e Vita e cosi
via. Tre sono quelli che meglio esprimono e sintetizzano il valore e il significato
della sua missione nel mondo, Profeta, Sacerdote e Re. Il primo si riferisce
all’annuncio autorevole della Parola di Dio, in quanto Verbo di Dio incarnato;
il secondo all’azione mediatrice tra Dio e gli uomini, per mezzo del sacrifico
della croce; e il terzo al potere affidatogli dal Padre e al suo esercizio
efficace per inaugurare il regno di Dio sulla terra. Nell’esperienza d’Israele
il re è colui che governa in nome di Dio. E’ un suo eletto e figura del futuro
Messia, come lo fu il re Davide, suo capostipite. Gesù non viene per un regno
politico, ma per instaurare un nuovo ordine delle cose, regolate non secondo la
logica del più forte e del più ricco, ma dell’amore, della giustizia e della
pace. Nella festa di Cristo Re dell’universo, la Chiesa celebra questa potestà
divina sulla storia e la partecipazione di tutti i fedeli alla edificazione del
Regno di Dio, in attesa della sua piena manifestazione e compimento. Tutte le
volte infatti che ciascuno di noi compie un gesto, anche semplice, nel nome di
Cristo o per amore alla sua persona, o per una più o meno consapevole adesione
a lui, o semplicemente per imitazione, contribuisce all’edificazione del Regno
e alla sua rivelazione. Di fronte al clamoroso fallimento della vicenda umana
di Gesù, alla marginalità culturale e sociale del Vangelo e alle difficoltà che
ha incontrato e ancora incontra la Chiesa dentro e fuori di sé nel suo cammino
storico, c’è chi pensa che il Regno di Dio rimarrà per sempre una realtà
ipotetica, utopistica ed illusoria. La famosa parabola del giudizio universale,
che oggi la liturgia ci propone, è una risposta a questi dubbi che vanno a
indebolire il nostro rapporto di fedeltà al Signore Gesù.
Prima di occuparsi degli eventi della passione, morte e risurrezione di
Gesù, Matteo conclude in modo solenne la sua narrazione con la parabola del
giudizio. La scena è dominata dalla venuta gloriosa del Figlio dell’uomo e
dalla adunata universale di tutti gli uomini del mondo, di ogni tempo e di ogni
luogo. Cristo appare a tutti non più in maniera confusa, come dice san Paolo
(cfr 1Cor 13,12), ma per quello che è veramente, il Signore e il giudice
dell’universo. Il suo gesto di separare gli uomini a destra e a sinistra è
segno della sua autorità, a cui nessuno può sottrarsi, e del punto di non
ritorno a cui è giunta la storia umana. Tutto ormai è già deciso! Il re chiama
a sé il primo gruppo, indicandoli come “benedetti del Padre mio” e rendendoli partecipi
del “regno preparato per
voi fin dalla fondazione del mondo”, mentre quelli del secondo gruppo, i “maledetti”, vengono allontanati ed
esclusi in modo definitivo da questa eredità. Come la creazione è stata
un’azione di separazione di cose dal proprio opposto per la vita, così anche
nel giorno del giudizio verrà separato il male dal bene per eliminarlo per
sempre. La ragione del giudizio sta nell’aver “servito” o “non servito” “uno solo di questi miei fratelli
più piccoli”. Dar da mangiare, da bere, ospitare, vestire, assistere e visitare,
al v. 44 sono riassunti con diakonein, tradotto in italiano con “servito”. C’è sorpresa da parte di
entrambi i gruppi: quando mai, Signore, abbiamo fatto o non abbiamo fatto ciò
per cui ora veniamo giudicati? Nella risposta viene svelato il valore e il
significato più profondo delle relazioni interpersonali, quando sono
autenticamente piene di quella carità, che ci deriva dal rapporto di fedeltà a
Cristo, e quando invece ne sono ipocritamente vuote, anche se storicamente
tutto questo non ha un riscontro immediato e nemmeno manifesto. E’ facile
individuare “questi piccoli” da servire tra coloro che
vivono in condizione di indigenza, fragilità e mortificazione (o schiavitù)
materiale, morale e sociale. L’altro elemento che li distingue è l’essere
chiamati “miei fratelli”, termine che nel nuovo
testamento sta sempre ad indicare i discepoli del Signore. Questi due elementi
ci aiutano ad identificare chi sono coloro che dobbiamo servire e mettono in
risalto soprattutto il fine da perseguire nel servizio, cioè la costruzione del
Regno di Dio. Allora il giudizio avviene ogni giorno. Ogni giorno si perde o si
guadagna in vita eterna a seconda che siamo capaci di vera misericordia verso
chi è nell’indigenza, perseverando nella fedeltà a Cristo Signore nell’umile
servizio, senza mai venire meno nella speranza della venuta del suo Regno.
L’ultima parola che risuona nella bocca del Re-giudice è l’orizzonte
dell’eternità. A coloro che Dio ha benedetto, fin dalla fondazione del mondo
(cfr Gen 1,28), spetta ora il dono della vita eterna. Oggi concludiamo con un
saluto insolito d’altri tempi: “Cristo regni!”, a cui si risponde: “Sempre!”.
don
Marco Belladelli.
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