sabato 4 novembre 2017

Il Vangelo della salute del 05/11/2017


XXXI Domenica del Tempo Ordinario, “A”.
Dicono e non fanno
DAL VANGELO SECONDO MATTEO (23,1-12) 
In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: 
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere
ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato». Parola del Signore.  

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Siamo sempre nel tempio di Gerusalemme. Gli avversari di Gesù hanno provato in tutti i modi a coglierlo in fallo, senza riuscirci. Ora, rivolgendosi alla folla, è Gesù a lui prendersi la sua rivincita, esprimendo a tutto campo il suo pensiero sugli scribi e i farisei. Un’invettiva che occupa tutto intero il capitolo 23.
Per capire chi sono gli scribi e i farisei, dobbiamo andare al II secolo a.C., al tempo dei regni ellenistici, successivi all’impero di Alessandro Magno. Oltre al dominio politico, era stata imposta anche la cultura ellenistica, cioè il modo di pensare e di vivere alla greca. Verso il 150 a.C., in nome della fedeltà alle tradizioni, un gruppo di Ebrei, chiamati gli Asmonei, reagirono a questa omologazione culturale, fino a guadagnarsi l’indipendenza politica, che durò poco meno di un secolo, fino all’arrivo dei Romani con Pompeo nel 66 a.C. La storia di questo periodo è raccontata nei due libri dei Maccabei. In quel tempo sorsero gli ‘asidei’, detti anche farisei, traslitterazione greca del termine aramaico, che  significa “separato”. Essi infatti non si confondevano con quanti non aderivano ai loro principi e comportamenti. Erano persone molto religiose e altrettanto scrupolose nell’osservanza della Legge mosaica e di tutte le tradizioni da essa derivate. Secondo loro, chi osserva la Legge e compie le buone opere prescritte è certo della salvezza divina. Il Messia si sarebbe manifestato come il nuovo Mosè, colui che avrebbe esteso questo fondamentale dovere religioso a tutta l’umanità.
Tra i farisei vi erano gli scribi, uomini colti,  dediti allo studio e all’insegnamento della Torà. Da loro venivano i “rabbì”, cioè i maestri, che animavano delle vere e proprie scuole per trasmettere e diffondere alle nuove generazioni il loro sapere. I farisei erano attenti a tutti i nuovi fenomeni religiosi che sorgevano in Palestina. Ecco perché sono molto presenti nei racconti evangelici, a cominciare dalla missione del Battista. In Matteo hanno più risalto perché, avendo scelto come referente una comunità cristiana di origine ebraica, è continuo il confronto tra “ciò che fu detto agli antichi” ed il “ma io vi dico” di Gesù; e man mano che procede con il racconto, diventa sempre più aspra la polemica tra la nuova comunità cristiana e la sinagoga.
Oggi il termine “fariseo” ha un’accezione esclusivamente  negativa, sinonimo di ipocrita, leguleio o persona formalista. Il testo liturgico di oggi rende ragione di tanta durezza nei loro confronti da parte di Gesù. Li accusa di essersi “seduti sulla cattedra di Mosè”, cioè si sono appropriati dell’autorità divina, propria della legge mosaica, trovando però il modo di sottrarsi alla sua osservanza, come risulta dal: “dicono e non fanno”. Sono diventati dei cattivi maestri, non perché insegnano il male o cose sbagliate, ma perché non si sottomettono a quanto insegnano: “legano infatti pesanti fardelli… sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito”. A questo si aggiunge la vanità di “essere ammirati dagli uomini”e l’esibizionismo di occupare sempre i primi posti. Il loro peccato è contro il 2° comandamento, che nella formulazione biblica prevede oltre al nostro: “Non nominare il nome di Dio invano”, anche il “Non ti farai alcuna immagine di Dio”. Non viene quindi solamente proibita la bestemmia, ma anche tutto quanto oggi Gesù rimprovera agli scribi e ai farisei, cioè l’abuso di chi si appropria dell’autorità di Dio a proprio vantaggio, tanto da sentirsi dispensato dall’osservare le sue leggi. Insomma, vengono condannate tutte le forme patologiche di religiosità, come il formalismo, il ritualismo, il fideismo, il fondamentalismo, lo spiritualismo e tutti gli altri …ismi che ci vengono in mente e che svuotano la religione della sua autenticità, cioè una vita vissuta secondo la divina volontà.
Gesù ammonisce la nuova Comunità cristiana a non cadere negli stessi errori degli scribi e dei farisei: “Ma voi … ”. Una ‘Parola’ quella di Gesù che ci costringe ad un profondo esame di coscienza, per verificare se la fede è diventata la prima ragione di vita o se si tratta di pura esteriorità. Il brano evangelico di oggi si conclude con l’affermazione: “chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato”. E’ il caso di ricordare che, come per Maria, l’umiltà davanti a Dio e agli uomini è il fondamento della vera religione: “perché ha guardato l’umiltà della sua serva” (Lc1,48). Buona Domenica! 
don Marco Belladelli.

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