venerdì 25 agosto 2017

Il Vangelo della salute del 27/08/2017

Perugino, Primato di Pietro, 1482, Cappella Sistina, Città del Vaticano. 
XXI Domenica  del Tempo Ordinario, “A”
Tu sei Pietro, a te darò le chiavi del regno dei cieli.
DAL VANGELO SECONDO MATTEO (16, 13-20).
In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».
Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».
Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo. 

Parola del Signore. 
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Dopo il rimprovero ricevuto da Gesù stesso in persona di due Domenica fa: “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?” (Mt 14,31), oggi la fede di Pietro viene esaltata come il modello a cui deve rifarsi chiunque voglia mettersi seriamente al seguito di Gesù, e addirittura questa sua confessione diventa la base granitica su cui il Signore intende fondare la ‘sua Chiesa’, perché sia più forte di qualsiasi avversità e potenza nemica che le si opponga, per una durata che ha come orizzonte la stessa fine dei tempi. Un cambiamento, quello di Pietro, non giustificato da “carne o sangue”, come dice il testo evangelico, cioè da ragioni umane, ma avvenuto per rivelazione diretta del “Padre mio che è nei cieli” (Mt 16,17).
Attraverso questo episodio, comunemente noto come ‘la confessione di Cesarea di Filippo’, l’evangelista Matteo esplicita nel suo racconto, al di là di ogni possibile fraintendimento o equivoco, che Gesù è il Figlio di Dio nel senso proprio del termine e cioè Dio come il Padre, e che questo atto di fede è e sarà il fondamento della Chiesa di ogni tempo. La novità cristiana di ieri, di oggi e di domani dipende totalmente da questa fede pasquale, la stessa che ci vede qui riuniti a celebrare l’Eucarestia, nella certezza della viva presenza del Signore risorto in mezzo a noi. 
A Cesarea di Filippo, fuori dai confini d’Israele nella regione della Traconitide, oggi corrispondente alle alture del Golan, la catena montuosa che divide la Siria da Israele, in questo luogo lontano dalla folla che, come abbiamo visto negli ultimi episodi, lo insegue dovunque senza lasciargli tregua, Gesù interroga i discepoli prima su che cosa pensa la gente di lui e poi rivolge la stessa domanda a loro: “Ma voi, chi dite che io sia?”.
Nonostante la forte attrazione esercitata da Gesù sulla folla, tanto da precederlo a sua insaputa dovunque egli si recasse (cfr. Mt 14,13), per la maggior parte della gente non è ancora chiaro chi egli davvero sia, tanto da confonderlo con uno dei profeti dell’antico testamento.
Ma Gesù è molto più interessato alla risposta dei discepoli. La loro fede in lui è fondamentale per lo sviluppo della missione, che prevede di arrivare a Gerusalemme dove dovrà affrontare la passione e la morte, prima della risurrezione. In diverse occasioni abbiamo visto i discepoli in difficoltà, comportarsi da persone sprovvedute e impreparate a vivere l’evento di cui sono protagonisti insieme al Signore. Il loro modo di pensare e di agire è quello di chi non ha ancora capito fino infondo con chi hanno a che fare. Lo abbiamo visto quando Gesù li ha raggiunti a piedi, mentre loro erano sulla barca in mezzo al mare di Tiberiade in tempesta e lo hanno scambiato per un fantasma (cfr. 14,26).
Questa volta nessuna delusione, anzi Pietro risponde a nome di tutti in modo sorprendente: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. La risposta del Principe degli Apostoli va ben al di là delle attese di Gesù, tanto che egli stesso reagisce replicando a Pietro con una benedizione solenne, nella forma della beatitudine: “Beato sei tu, Simone, figlio di Giona!”
La prima parte della risposta è certamente un passo avanti rispetto a quanto pensava la gente. Affermare che Gesù è “il Cristo” equivale a dire che egli è il “Messia”, cioè l’inviato da Dio, promesso e annunciato dai profeti, il re potente, il figlio di Davide che salverà il popolo dall’umiliazione dell’oppressione che da secoli subisce come castigo per i suoi peccati. Fin qui siamo dunque in linea con il cosiddetto ‘messianismo’ del popolo, e cioè con tutte quelle riflessioni attraverso le quali gli Ebrei cercavano di tenere vive nel tempo le antiche promesse fatte ai Padri d’Israele, di cui troviamo traccia anche nel cantico del Magnificat, quando Maria dice: “Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre” (Lc 1,54-55), provando anche a capire e a spiegare come si sarebbero compiute.
Ciò che invece più sorprende è la seconda parte della risposta di Pietro, quando egli afferma: “Tu sei il Figlio del Dio vivente”. Come abbiamo già anticipato, si tratta di una formula in cui si riconosce la divinità di Gesù e che sintetizza quella che sarà ed è la fede pasquale della Chiesa di ogni tempo, a cui si sarebbe pervenuti soltanto dopo gli eventi della risurrezione.
Per questo Gesù, dopo l’esultanza e la beatitudine indirizzata a Pietro, svela che la fede dell’Apostolo non è semplicemente l’espressione del suo sentire religioso, né tanto meno il risultato di una approfondita analisi della sua esperienza vissuta accanto al Signore, ma che si tratta di una illuminazione che viene direttamente dal Padre, e cioè è dono di Dio, come del resto lui stesso aveva previsto al di là di ogni ragionevole dubbio, quando disse: “Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.” (Mt 11,27).
La ragione umana è di per sé in grado di conoscere Dio, ma non fin nella peculiarità in cui si è rivelato a noi nella persona del Signore Gesù. Quando Pietro dice: “Tu sei il Figlio del Dio vivente”, riconosce e accoglie tutto il mistero della persona di Gesù, e cioè la sua divinità incarnata e sacrificata per la nostra salvezza, una presenza di Dio in mezzo a noi uomini che non ha avuto eguali nella storia e nelle altre religioni, né mai ne avrà.
Davanti ad una manifestazione di fede tanto importante, Gesù rivela quello che sarà il progetto di Dio, oltre la sua presenza terrena. A Simone, il figlio di Giona, cambia il nome in ‘Kefa’, che noi abitualmente traduciamo con ‘Pietro’, perché in aramaico, la lingua parlata da Gesù, il sostantivo ‘pietra’ è maschile. Un variazione che riassume quella che sarà la missione del Principe degli Apostoli all’interno della ‘sua’ Chiesa. Pietro, con la sua fede, sarà la roccia su cui il Signore edificherà la nuova Comunità formata da coloro che crederanno in lui. Parole che ci fanno pensare ad un’altra immagine usata da Gesù per descrivere la ‘sua’ Chiesa, quella di “una città che sta sopra un monte” (Mt 5,14) che non può rimanere nascosta, ma soprattutto contro cui nulla possono i suoi nemici.
Il progetto di Dio prevede anche altro per Pietro, come si capisce dalla consegna delle chiavi: “A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli” (16,19). Sempre in forza della sua fede, a Pietro viene conferito il potere di fare entrare gli uomini nella vita eterna, un potere che nel bene e nel male, e cioè nell’accogliere o nell’escludere, impegna l’autorità stessa di Dio. Questa è dunque la missione che la Chiesa ha compiuto, compie ancora oggi e che continuerà a compiere fino alla fine del mondo, certi che nonostante tutti gli ostacoli, le difficoltà e le fragilità interne ed esterne, i suoi nemici non prevarranno contro di essa.
Buona Domenica!
don Marco Belladelli

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