lunedì 14 agosto 2017

Il Vangelo della salute del 15/08/2017

Guido Reni, Assunzione di Maria, 1642, Monaco di Baviera. 
Solennità dell’Assunzione della B. V. Maria 
S. Messa del giorno
Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente
Dal Vangelo secondo Luca,  1, 39-56
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua. Parola del Signore.

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Il Magnificat, cantico della speranza
Ai cristiani viene spontaneo rivolgersi a Maria e invocare la sua materna  intercessione per la loro salute. La pietà popolare e la nostra stessa esperienza personale documentano la fede con cui i malati, e non soltanto loro, si affidano alla sua intercessione, considerando la Madre di Gesù un “tu” vivente e solidale a cui rivolgersi di fronte a qualsiasi genere di necessità, soprattutto nel tempo della malattia.
Eppure nel nuovo Testamento non si parla mai di una attività taumaturgica propria di Maria e, fatta eccezione del suo intervento alle nozze di Cana[1], neppure di una sua intercessione a favore di qualcuno.
Da dove deriva allora questa confidenza in lei del Popolo di Dio?
Una domanda che meriterebbe una approfondita analisi delle fonti, compito che non si addice alle caratteristiche pastorali di questo nostro convegno. Ci vengono in aiuto illustri teologi[2], i quali affermano che all’origine di questa particolare attività di intercessione e taumaturgica di Maria c’è la sua partecipazione storica al disegno di Dio, e cioè la sua maternità divina, principio mariologico primo e fondamentale per qualsiasi comprensione della realtà di Maria. Principio che trova nel Magnificat l’interpretazione teologica più antica di quella che è stata per Maria la sua personale esperienza di salvezza.   

Il cantico della beata Vergine inizia nel segno della gioia di sentirsi salvata da Dio: “L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore” (Lc 1,46-47).

Nel contesto del vangelo di san Luca il Magnificat si presenta come una battuta d’arresto della narrazione. Le sue caratteristiche letterarie e contenutistiche ci fanno pensare ad un momento di meditazione dopo lo sconvolgente messaggio dell’annunciazione (1,26-38) e il vibrante elogio della “Madre del Signore” (1,42- 45) posto sulle labbra di Elisabetta. All’omaggio della cugina, la fede di Maria risponde cantando la lode di Dio. Possiamo allora considerare il Magnificat come il commento lirico posteriore all’umile risposta che Maria aveva dato al messaggio dell’Arcangelo Gabriele: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola” (v. 38). 
Per ben tre volte Luca interrompe il suo racconto con dei cantici (1,46-55 il Magnificat; 1,67-79 il Benedictus; 2,29-32 il Nunc dimittis), per far comprendere ai suoi lettori con quale atteggiamento spirituale essi devono ascoltare e accogliere gli eventi salvifici di cui ci parla, un atteggiamento meditativo, simile a quello di Maria che “custodiva tutte queste cose nel suo cuore”(Lc 2,19). Atteggiamento che deve caratterizzare tutta la vita cristiana.
Se da un lato il Magnificat interrompe la narrazione in prosa, questo non vuol dire che sia estraneo al contesto in cui è inserito. Anzi è vero esattamente il contrario, perché vi fa continuamente riferimento, in modo pure significativo.
L’esultanza di Maria, per esempio è una risonanza all’esultanza del Battista nel grembo materno. L’espressione: “ha guardato l'umiltà della sua serva” al v.48 fa riferimento alla risposta data da Maria all’Arcangelo nel momento dell’annunciazione, al v. 38: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”. Il “D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.” (v. 48b) riecheggia gli elogi di Elisabetta: “Benedetta tu fra le donne” (v. 42) e “beata colei che ha creduto” (v. 45). Infine l’esaltazione dell’onnipotenza divina: “Grandi cose ha fatto per me l'Onnipotente” (v.49a) evoca le ultime parole dell’Arcangelo Gabriele, secondo cui: “nulla è impossibile a Dio” (v. 37).
Un’attenta considerazione meritano anche i termini piuttosto generali con cui Luca ci partecipa il momento spirituale vissuto da Maria. Un accorgimento che rende possibile alla Chiesa di ogni tempo di appropriarsi di questa azione di grazie, come di fatto avviene quotidianamente nella liturgia del vespro. L’esperienza di Maria diventa così un modello a cui i cristiani possono e devono ispirarsi per divenire ogni giorno sempre più consapevoli della grazia che ciascuno ha ricevuto e continua a ricevere dal Padre celeste, per gioirne e benedire Dio in ogni momento della vita. 
Il Magnificat si presenta come un mosaico di tessere prese in prestito dall’antico Testamento. Per noi ora non è importante individuare ogni specifica allusione, quanto piuttosto prendere atto della profondità della sua ispirazione, che affonda le radici nell’esperienza spirituale e soprattutto nella pietà del popolo d’Israele. Maria è la figlia di Sion[3], erede e araldo di questa importante tradizione religiosa, che attraverso di lei, e di quel manipolo di pii israeliti, noti anche come il resto d’Israele[4] la cui caratteristica era di attendere con fede il realizzarsi delle promesse, viene trasmessa alla Chiesa come testimonianza dell’amore di Dio e della sua fedeltà a quanto “aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre” (v. 55). Il Magnificat è quindi il canto della continuità tra l’antica e la nuova alleanza.
Molto spesso nell’interpretazione del contenuto del cantico mariano ci si concentra soprattutto sulle affermazioni a dir poco ‘rivoluzionarie’ dei vv. 52-53: “ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; 53ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote.”, chi per attenuarne il valore, chi invece per giustificare contestazioni e rivolte. Come abbiamo già detto, il Magnificat è prima di tutto il commento lirico all’avvenimento fondamentale della vita di Maria, il suo concepimento verginale del Figlio di Dio. La prospettiva delle varie affermazioni che seguono la lode iniziale, anche se abitualmente vengono tradotte con un verbo coniugato al passato, fanno riferimento alla realizzazione delle promesse antiche, divenute realtà del presente nel bambino che Maria già porta in grembo. Maria è totalmente concentrata su questo avvenimento e, come abbiamo già detto sopra, ce ne parla ispirandosi a quella che era la sua fede, nutrita quotidianamente della Parola di Dio e cresciuta dentro la speranza secolare d’Israele.
Il linguaggio del Magnificat è evidentemente legato  alla concretezza della realtà quotidiana, senza per questo mortificare l’originalità dell’esperienza da cui muove, e cioè la realizzazione del mistero dell’incarnazione. Non dimentichiamoci che colei che canta le lodi di Dio è la “piena di grazia”, una connotazione che non indica una tra le tante qualità di Maria, ma la definisce in tutta la sua persona, tanto da diventare sinonimo del suo stesso nome proprio. Maria ci parla prima di tutto della sua esperienza di Dio, che per lei è Colui che sta con “quelli che lo temono” (v. 50b), mentre disperde “i superbi nei pensieri del loro cuore” (v. 51b). 
Anche i termini facilmente attribuibili ad un contesto socio-politico a cui abbiamo già accennato sopra, e cioè ‘i potenti rovesciati dai troni’ e ‘i ricchi rimandati a mani vuote’, vanno sempre compresi in riferimento a Dio. Più che di ‘potenti’, sarebbe meglio parlare di ‘possenti’, cioè di persone che si attribuiscono un così grande potere, fino a pensare nella loro presunzione di potersi opporre a Dio, atteggiamento tipicamente diabolico.
Più che di ‘ricchi’, sarebbe meglio parlare di “coloro che sono nella ricchezza”, al pari del ricco stolto[5] della parabola evangelica, il quale non aveva considerato che la sua vita non dipende da ciò che si possiede. Diversamente da costoro, Dio ha scelto la Madre del Salvatore tra coloro che sono umili, piccoli, poveri, socialmente e politicamente ininfluenti.
Ancora una volta dobbiamo prendere atto che il Dio cristiano rifiuta le
logiche umane di società fondate impunemente sull’ingiustizia e sulla corruzione, come ha più volte e con forza denunciato Papa Francesco, soprattutto nella sua ultima enciclica Laudato sii.
Il Dio di cui ci parla Maria nel Magnificat è prima di tutto “Santo” (v. 49b), una santità che si manifesta e si riconosce nella sua opera. Nessuno infatti potrebbe agire come agisce lui. Egli è intervenuto nella vita di Maria e nella vita del popolo d’Israele per salvarlo. Questa opera di salvezza si manifesta come un dispiegamento a piene mani della sua misericordia.
Guardando “all’umiltà sua serva”(v.48), egli “Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre” (vv. 54-55).  Un ricordo, quello di Dio, che è fondato sulla sua fedeltà alle promesse e che diventa la causa del dispiegamento della sua misericordia. 
Oltre ad essere ‘Santo’ e ‘Misericordioso’, l’altro appellativo che Maria attribuisce al ‘suo’ Dio è quello di “Onnipotente” (v.49a). Letteralmente sarebbe meglio dire: “il Potente”, un aggettivo usato una sola volta in tutto l’antico Testamento,[6] con il quale si vuole evidenziare la forza con cui Dio è intervenuto per la salvezza dell’umanità. Una potenza che si esplica nel dispiegamento del suo braccio, gesto che evoca immagini militari. L’intervento di Dio non è qualcosa di astratto o di evanescente, ma è caratterizzato dalla forza messa a servizio della misericordia, la forza di colui che salva, paragonabile al dispiegamento militare di un esercito contro un nemico ben definito, la cui sconfitta consiste nella dispersione degli orgogliosi, di coloro che si credono possenti e di coloro che fanno conto soltanto della loro ricchezza. Il denominatore comune di queste tre categorie di persone è la presunzione di poter fare a meno di Dio e della sua salvezza, l’atteggiamento proprio di chi si auto–esclude dalla possibilità di essere salvato.

Alla fine, nel Magnificat Maria si presenta prima di tutto come il prototipo dei salvati. Il suo essere al centro del mistero della redenzione per l’assenso prestato a Dio, la lega indissolubilmente al realizzarsi della salvezza. Ella è nello stesso tempo ‘madre della salvezza’ e ‘icona della salvezza’, un intreccio da cui deriva la sua funzione salvifica nel segno di quella speranza per tutto il popolo cristiano, evocata dal tema del nostro convegno.

Come Madre del corpo del Cristo nella carne, ella partecipa pienamente anche alla sua glorificazione corporea, quale icona escatologica della trasfigurazione di tutta la Chiesa, e nella prospettiva della parusia, di tutta l’umanità salvata. Questa sua partecipazione alla gloria del Figlio potenzia la sua funzione di cura e di servizio a favore di tutto il resto del corpo, che è la Chiesa, di cui essa stessa è membro “sovraeminente e del tutto singolare”. 
Questa intima congiunzione al mistero del Figlio è dunque il fondamento della sua solidarietà con le altre membra del corpo e del suo farsi carico di coloro che a lei ricorrono come ‘esuli figli di Eva, gementi e piangenti’, perché ancora ‘in questa valle di lacrime’.
Ecco giustificata quella spontaneità con cui i cristiani hanno cominciato a ricorrere a lei, sicuri di essere esauditi, perché, come dice San Bernardo di Chiaravalle nella famosa preghiera a lui attribuita, il Memorare: “Ricordatevi, o pietosissima Vergine Maria, che non si è mai udito dire di qualcuno che ricorrendo a voi, implorato il vostro aiuto, chiesto il vostro soccorso sia stato da voi abbandonato”.   




[1] Cfr Gv 2,1-5.
[2] Stefano de Flores, Maria, icona della salvezza e Madre della salute, in AA.VV. Maria, Madre della salute e Icona della salvezza, Quaderni di “Camillianum”, n.7, Roma 1994;
Cettina Militello, “Salus Infirmorum”, tentativo di una reinterpretazione teologica, in AA.VV. Maria, Madre della salute e Icona della salvezza, Quaderni di “Camillianum”, n.7, Roma 1994;

[3] Ger 4,31 e parr.
[4] Cfr. Is 10,10 e parr.
[5] Cfr. Lc 12,16
[6] Sof. 3,17.
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Per chi volesse approfondire il senso della festa dell'Assunta, c'è anche questo link:
http://clericusvagus.blogspot.it/2011/08/auguri-per-la-festa-dellassunta-tutti.html;

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