Gesù cammina sulle acque, Mosaico del Duomo di Monreale (PA), sec. XIII. |
XIX Domenica del Tempo Ordinario, “A”.
Comandami
che io venga da te sulle acque.
La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare.
Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».
Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!». Parola del Signore.
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Dopo la moltiplicazione dei pani Gesù ordina ai discepoli di
attraversare il lago di Genesaret. Dopo aver congedato la folla, finalmente
riesce a ritirarsi in preghiera, come desiderava fare dopo la notizia della
morte del Battista. Poi, nel cuore della notte compie un gesto tanto inatteso
quanto per lui insolito, raggiungere la barca dei discepoli “camminando sul mare”. Mai Gesù ha ceduto alla
tentazione dell’esibizionismo per guadagnarsi facili plauso e consenso. (cfr Mt
4,5ss). Mai ha ostentato la sua origine divina, nemmeno nei momenti più drammatici
della sua vita (cfr Mt 26,53pp).
Da come si presenta ai discepoli impauriti, che pensavano di vedere un fantasma: “Coraggio, sono io, non
abbiate paura!”, comprendiamo che la sua vera intenzione era di rivelare ai discepoli
il mistero della sua Persona. Il “Sono io!” richiama il tetragramma ebraico, JHWH, con il quale Dio
ha rivelato il suo nome a Mosè sul monte Sinai (cfr. Es 3,14). Camminando sulle
acque, in barba alle leggi di natura valide per ogni altra creatura, Gesù vuole
manifestare in modo sempre più pieno la sua identità divina.
Il gesto di rivelazione esige dai discepoli una risposta di fede sempre
più chiara e convinta, che verrà soltanto più avanti, nel ritiro di Cesarea di
Filippo (cfr Mt 16,16). indurre Il siparietto tra Gesù e Pietro prepara il
terreno. Il principe degli Apostoli chiede pure lui di camminare sull’acqua. La
sua richiesta: “Signore, se sei tu, … ”, assomiglia molto alle
insinuanti provocazioni di satana durante le tentazioni nel deserto (cfr. Mt
4,3ss). Pur sapendo bene che Gesù era il Figlio del Dio vivente, il diavolo
voleva fare nascere il dubbio nel suo cuore per indurlo a comportamenti non
consoni alla sua identità, alla volontà di Dio e far così fallire la sua
missione.
Pietro, che invece non ha la stessa certezza di satana, chiede un segno
per essere certo di ciò che percepisce con i sensi, cioè di trovarsi davanti a
Dio. Insomma la domanda di Pietro è comunque una sfida a Gesù, così come lo
sono i nostri dubbi, incertezze, difficoltà e resistenze di fronte a Dio. A
volte il dubbio sembra essere più forte dell’esperienza che facciamo di Dio e
spesso è pure accompagnato dalla disperazione di salvarsi: “Signore, salvami!”. La preghiera di Pietro è
contraddittoria: da una parte esprime l’esperienza del credere in Dio, “Signore!”; dall’altra la paura che nel
momento del bisogno Dio ci abbandoni al nostro destino: “Salvami!”.
Quante volte abbiamo vissuto la stessa contraddizione: dubitare che Dio
possa davvero aiutarci e invocarlo come unica nostra salvezza. Come per Pietro,
il nostro affidarci a Dio per mezzo di Gesù, è sempre fortemente condizionato
da noi stessi. La nostra resistenza alla fede è qualcosa di radicalmente
profondo. Ha a che fare con il peccato originale, su cui poi si è innestata la
nostra personale complicità con il male. Soltanto in un secondo momento diventa
una questione soggettiva, legata alla nostra storia e psicologia. Se ci è
chiara la natura della nostra resistenza a Dio, allora possiamo intraprendere
il cammino necessario per superarle, giorno, per giorno, con pazienza, ma ben
determinati a crescere nella fede e nell’abbandono in Lui.
Come diceva S. Agostino: “Ex fide, in fidem”, la mia fede di oggi è la
premessa per la sua crescita di domani. In mezzo c'è l'ineffabile esperienza di
Dio, che per mezzo di Gesù si offre a noi nei sacramenti e negli eventi della
nostra vita, così come si è presentato a Pietro, in questa notte ventosa sul
lago di Tiberade. Il Gesù che lo afferra, lo salva e lo rimprovera: “Uomo di poca fede, perché
hai dubitato?”, è lo stesso che incontriamo nell’Eucaristia, vivo e presente in
mezzo a noi, a cui ci affidiamo ogni giorno nella fede.
Concludo con il proemio dell’enciclica Fides et ratio di san Giovanni Paolo II,
nella quale è ben evidente la mano dell’allora cardinal Ratzinger: “La fede e la ragione sono
come le due ali con le quali lo spirito umano s'innalza verso la contemplazione
della verità. E’ Dio ad aver posto nel cuore dell'uomo il desiderio di
conoscere la verità e, in definitiva, di conoscere Lui perché, conoscendolo e
amandolo, possa giungere anche alla piena verità su se stesso”.
Per crescere nella fede c’è bisogno di pregare:
“O
mio cuore, prega
perché in te è tutto:
è entrato il tuo Dio
per dimorare in eterno.
In te è la Verità
in te è la Luce
in te è la Certezza
in te è la Salvezza.
Tu sei nella pace
tu vivi con la pace
in sua compagnia
vivi in allegria.
Il Signore è la tua gioia
Egli ti chiama, ti benedice
Egli è la tua forza
Egli è la tua certezza.
E' la vita che chiama la vita
infusa dalle Sue mani
plasmata dal Suo Amore
ornata dalla Sua Divina bellezza.
Ti chiama alla gloria
attraverso la Luce,
la Sua Divina Parola,
attraverso l'amore, la vita: la Sua Vita. Amen.
(Anna
Maroccia, 22/06/2006).
Buona Domenica!
don Marco Belladelli.
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