Guercino, Il ritorno del figliol prodigo, 1619, Kunsthistorisches Museum, Vienna. |
IV
Domenica di Quaresima “C”.
Questo
tuo fratello era morto ed è tornato in vita.
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando
ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”». Parola del Signore.
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Comunque vogliamo chiamarla, parabola del Figliol prodigo o del Padre misericordioso, al centro
del racconto c’è la divina Misericordia.
Luca
descrive Gesù circondato da “tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo”, tutte persone di dubbia
reputazione, eppure fortemente attratti da lui e dalla sua Parola. Il ‘tutti’ mette in evidenza un rapporto
quasi esclusivo. Gesù tra l’altro non si limita a riceverli, ma “mangia con loro”. Condividere il
pasto è segno di una comunione umana e spirituale non marginale. Gli scribi e i
farisei, che avevano la pretesa di non essere peccatori, si mantengono a distanza,
tanto da farne paradossalmente la ragione della loro ostilità nei confronti di
Gesù. Un quadro che a mio modesto parere possiamo assumere anche come la chiave
interpretativa di tutto il racconto.
E’
facile riconoscere nella figura dei due figli i due gruppi appena descritti.
Una cosa li accomuna, l’assoluta non conoscenza del mistero del Padre e della
sua misericordia, che alla fine sorprenderà entrambi. Prima di tutto il figlio
minore che al suo ritorno si vede accolto e riabilitato ben oltre qualsiasi
criterio di umana giustizia e compassionevole comprensione. Poi il figlio
maggiore che, chiuso nel suo rancoroso risentimento nei confronti del Padre per
una festa sproporzionata e ingiustificata in onore di un figlio dissoluto, non
si era mai accorto accanto a chi era vissuto e quale dono di grazia rappresentasse
questa vicinanza: “tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è
tuo”.
La
parabola ci aiuta a riconoscere l’immagine e la realtà della Chiesa, descritta
da Luca come presenza viva di Gesù che attira a sé tutti i peccatori, cioè
tutti gli uomini: “si avvicinavano a Gesù
tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo”. Soltanto con la potenza
della misericordia di Dio la Chiesa sarà capace di smuovere chi incallito nei
propri peccati ha un cuore duro come una pietra, come pure la coscienza di chi
ha sempre vissuto nella presunzione di essere a posto davanti a Dio e agli
uomini, senza minimamente preoccuparsi del proprio egoismo e delle sue
conseguenze. Quando questo non accadrà più vuol dire che la Chiesa ha tradito
il suo Signore.
Tutte
le volte che ci riuniamo per celebrare l’Eucaristia si ripropone lo stesso
contesto umano, un misto di peccatori più o meno consapevoli e di benpensanti,
che invece fanno più affidamento sulla loro buona coscienza. Gli uni e gli
altri si incontrano e mangiano insieme con Gesù, vivo e presente in mezzo a
noi. Anzi condividono Gesù, che si fa nostro cibo e bevanda di vita eterna. Tutti
abbiamo bisogno in ugual misura della misericordia di Dio, sia chi per
fragilità o per volontà trasgredisce ai comandamenti divini; sia coloro che
invece vivono nell’orgogliosa presunzione della loro inappuntabile moralità. Tutti
abbiamo peccato contro il Cielo e non sono più degni di essere figli di Dio. Il peccato è paragonato a “morte
e perdizione”. Il perdono e l’accoglienza misericordiosa del Padre è
invece “un ritorno alla vita e un essere ritrovato”.
Allora,
quando in cielo potranno organizzare la grande festa del nostro ritorno alla
casa del Padre? Mi auguro e vi auguro che accada quanto prima.
Buona Quaresima!
don
Marco Belladelli.
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