XVI Domenica del Tempo Ordinario, “B”
Erano come pecore che non hanno pastore
In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare.
Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.
Parola
del Signore.
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Tra l’invio in missione degli Apostoli e il loro
ritorno, san Marco inserisce il racconto del martirio di Giovanni Battista per
mano di Erode. Quindi riprende la narrazione descrivendoci un Gesù desideroso
di stare solo con gli Apostoli, per ascoltarli sugli esiti della missione
appena conclusa. Ma questo non è possibile, perché sono continuamente
interrotti da molte persone che “andavano
e venivano”, tanto da non esserci nemmeno il tempo per mangiare.
Vuol dire che per alcuni c’era anche la possibilità
di incontrare personalmente Gesù. Come abbiamo visto nel caso di Giàiro, il
capo della sinagoga, molto probabilmente andavano per chiedere un aiuto, un
consiglio, una parola di conforto, una preghiera di intercessione per un
familiare o per un amico, o per qualsiasi altra necessità.
E’ molto bella questa immagine di Gesù che non
si nega a nessuno, né si spazientisce, ma accoglie tutti e ci fa pensare a
quello che oggi è il nostro rapporto personale con lui, nel quale ascolta le
nostre preghiere per esaudirle, secondo la volontà del Padre.
In questi giorni mi è capitato di dover aiutare un
ragazzino dodicenne molto turbato nel suo cuore, perché aveva pregato per la
guarigione della nonna, molto anziana e in cattive condizione di salute, che
invece nel giro di pochi giorni è morta. Ho cercato di fargli capire che tutte
le nostre preghiere si riassumono nella invocazione che troviamo nel Padre nostro: “Sia fatta la tua volontà, come in Cielo, così in terra”.
Gesù, però è pure deciso a creare le condizioni
favorevoli per ascoltare gli Apostoli e tutti insieme prendono la barca per
cercare un luogo isolato. Tentativo andato a vuoto, perché anche lì trovano
gente che li aspetta, mentre altri li raggiungono a piedi.
Gesù, preso da un sentimento di profonda
compassione per la folla, alla fine sceglie di dedicarsi ad essa. Ai suoi occhi
e al suo cuore tutti quegli uomini e quelle donne sono come un gregge senza
pastore: “ebbe compassione di loro,
perché erano come pecore che non hanno pastore”.
La compassione di Gesù è il segno della
condiscendenza di Dio per tutti gli uomini. In essa si manifesta quel legame
originale e profondo, esistente tra l’uomo e Dio, che nell’esperienza umana ha
come unico termine di paragone la tenerezza del grembo materno, luogo simbolo
dell’atto generativo, ma soprattutto di quel rapporto madre-figlio, modulato sullo
scambio della muta e reciproca tenerezza, che poi si risolve nell’amore
oblativo della madre per il figlio.
Quante volte nell’antico testamento per mezzo
dei profeti (cfr Ger 23,1ss; Ez 34,1ss; e parr.) Dio si è lamentato dei pastori
a cui aveva affidato il proprio gregge, perché incuranti del bene delle pecore,
ma preoccupati soltanto del proprio tornaconto. Ora in Gesù è Dio stesso che ha
assunto in prima persona il compito del “Buon Pastore”. Lo vediamo sia
nell’attenzione per gli Apostoli, anch’essi associati al suo ministero, sia
nella sollecitudine per la folla, alla quale si dedica senza risparmiarsi: “insegnando
loro molte cose”. Una folla che lo cerca continuamente, anzi lo
precede dovunque. Una folla che non è mai sazia della sua parola, come un
assetato di acqua. Davvero uno strano rapporto quello di Gesù con la folla. Da
una parte la sua profonda compassione per essa, dall’altra l’insaziabile bisogno
della folla di ascoltare il suo insegnamento.
Vi ricordate l’epilogo del peccato originale,
quando Dio cerca Adamo ed Eva e si sente rispondere: “Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura,
perché sono nudo, e mi sono nascosto.” (Gen 3,10). Con Gesù
vivo e presente in mezzo a noi l’uomo ha smesso di nascondersi, è finito il tempo
della sua fuga da Dio. Ora sono tornati i giorni del dialogo di vita e della
comunione d’amore. Ma da quando l’uomo ha cominciato di nuovo a nascondersi,
come ai nostri giorni, di questa nuova rivolta vediamo i tristi risultati e ne
paghiamo le amare conseguenze.
L’immagine della folla che insegue Gesù dappertutto
si rinnova nelle folle oceaniche che in ogni parte del mondo si accalcano
attratte dal carisma di Papa Francesco ora e di Giovanni Paolo II qualche
decennio fa. Un segno che la folla riconosce i veri pastori, mentre rimane
indifferente nei confronti di coloro che non vivono la loro missione con il
cuore pieno della stessa compassione di Gesù.
Il cristianesimo è sempre stato e sempre sarà
religione di popolo, il popolo di Dio che ne riconosce la voce, chiunque ne sia
l’interprete.
Buona Domenica!
don Marco Belladelli.
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