XV Domenica del Tempo Ordinario, “B”
Prese a mandarli.
In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici
e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E
ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane,
né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due
tuniche.
E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro».
Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano. Parola del Signore.
Nel contesto ebraico erano i discepoli a scegliersi il proprio maestro, il rabbi, assecondando la propria inclinazione ad appartenere ad una scuola, piuttosto che a un'altra, come per esempio è stato per san Paolo (cfr Atti 22,3). Attraverso la chiamata, invece nella Chiesa l’iniziativa è assolutamente di Gesù. E’ lui stesso che ha scelto “quelli che voleva” (3,13), come sottolinea Marco. Il soggetto ultimo di ogni vocazione è la libera sovranità di Dio. Se manca questo elemento fondamentale, qualsiasi vocazione nella Chiesa si trasforma in un servizio autoreferenziale, cioè un servizio a se stessi.
Il “dodici” evoca il numero dei figli di Giacobbe e le dodici tribù di cui era composto il popolo d’Israele. Per Gesù l’invio dei Dodici non ha quindi soltanto lo scopo di potenziare la sua opera evangelizzatrice. Il gruppo degli Apostoli è il fondamento della una nuova comunità di salvezza escatologica, a cui tutti potranno appartenere per la fede e non per l’appartenenza etnica o altra ragione.
Sono mandati due a due per soccorrersi e per confermarsi reciprocamente. Il potere sugli spiriti immondi non è altro che il dono dello Spirito Santo, senza del quale non è possibile contribuire in modo efficace alla edificazione del regno di Dio. Come abbiamo già visto anche nel racconto di Marco (cfr 1,21-27), l’annuncio del Vangelo ha come primo effetto quello di stanare gli spiriti immondi dal cuore dell’uomo per disporlo ad accogliere la Parola. Il prendersi cura degli infermi è un gesto che mostra la novità della presenza del regno di Dio e nello stesso tempo serve a confermare la Parola ascoltata nel cuore dei discepoli.
Lo stile di vita e l’equipaggiamento dei missionari devono imitare la sobrietà del loro Maestro, portando con sé soltanto l’essenziale, senza cercare nessun vantaggio personale, se non per le necessità vitali, come per esempio accettare l’ospitalità che viene loro offerta.
E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro».
Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano. Parola del Signore.
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La resistenza incontrata a Nazareth non
scoraggia Gesù, al contrario, lo induce ad allargare il suo raggio d’azione,
tanto da associare i Dodici al suo ministro.
Come ha già detto san Marco, fin da quando aveva
chiamato gli Apostoli, distinguendoli dal gruppo dei discepoli, Gesù pensava di
inviarli in missione: “Ne costituì
Dodici che stessero con lui e anche per
mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demòni.” (Mc 3,14-15). Ora è
arrivato il momento di mandarli “a due a due” e di investirli pure
del potere necessario per sconfiggere “gli spiriti immondi”. Nel contesto ebraico erano i discepoli a scegliersi il proprio maestro, il rabbi, assecondando la propria inclinazione ad appartenere ad una scuola, piuttosto che a un'altra, come per esempio è stato per san Paolo (cfr Atti 22,3). Attraverso la chiamata, invece nella Chiesa l’iniziativa è assolutamente di Gesù. E’ lui stesso che ha scelto “quelli che voleva” (3,13), come sottolinea Marco. Il soggetto ultimo di ogni vocazione è la libera sovranità di Dio. Se manca questo elemento fondamentale, qualsiasi vocazione nella Chiesa si trasforma in un servizio autoreferenziale, cioè un servizio a se stessi.
Il “dodici” evoca il numero dei figli di Giacobbe e le dodici tribù di cui era composto il popolo d’Israele. Per Gesù l’invio dei Dodici non ha quindi soltanto lo scopo di potenziare la sua opera evangelizzatrice. Il gruppo degli Apostoli è il fondamento della una nuova comunità di salvezza escatologica, a cui tutti potranno appartenere per la fede e non per l’appartenenza etnica o altra ragione.
Sono mandati due a due per soccorrersi e per confermarsi reciprocamente. Il potere sugli spiriti immondi non è altro che il dono dello Spirito Santo, senza del quale non è possibile contribuire in modo efficace alla edificazione del regno di Dio. Come abbiamo già visto anche nel racconto di Marco (cfr 1,21-27), l’annuncio del Vangelo ha come primo effetto quello di stanare gli spiriti immondi dal cuore dell’uomo per disporlo ad accogliere la Parola. Il prendersi cura degli infermi è un gesto che mostra la novità della presenza del regno di Dio e nello stesso tempo serve a confermare la Parola ascoltata nel cuore dei discepoli.
Lo stile di vita e l’equipaggiamento dei missionari devono imitare la sobrietà del loro Maestro, portando con sé soltanto l’essenziale, senza cercare nessun vantaggio personale, se non per le necessità vitali, come per esempio accettare l’ospitalità che viene loro offerta.
Alcune riflessioni di attualizzazione. Il fatto
che la missione abbia inizio dopo il fallimento di Nazareth, ci fa capire che
per Gesù non ci sono condizione di natura psico-sociologiche più favorevoli di
altre. Il dovere e l’urgenza dell’evangelizzazione
sono assolutamente prioritario rispetto a qualsiasi altro pre-requisito
pastorale od ecclesiale. La Chiesa vive perché è missionaria e muore quando
smette di esserlo.
Dopo venti secoli la Chiesa non ha ancora
esaurito la sua missione. Nonostante l’annuncio del Vangelo abbia raggiunto
ogni punto della terra, sono ancora più di cinque miliardi e mezzo gli uomini e
le donne da evangelizzare. Inoltre, soprattutto in questi ultimi decenni, la
Chiesa continua a interrogarsi sulla necessità di un nuovo slancio
evangelizzatore, come se al proprio interno a sua insaputa fossero sorti
ostacoli e resistenze che frenano la sua azione missionaria fino a renderla
inefficace, a volte addirittura irrilevante, nell’indifferenza generalizzata
per la religione che contraddistingue la cultura del nostro tempo, soprattutto
in Europa, che per secoli è stata il centro propulsore del Vangelo nel mondo.
Una situazione che per certi aspetti ricorda la parabola della zizzania (cfr Mt
13,24ss), nella quale Gesù parla della subdola azione del nemico, il diavolo,
che nottetempo, mentre tutti dormivano, ha pensato bene di seminare la zizzania
nel campo del buon grano per ostacolarne la crescita.
Una delle cause di questa situazione è certamente
il fraintendimento del programma di rinnovamento proposto dal Concilio Vaticano
II, denunciato da Benedetto XVI nella sua lettera alla Chiesa d’Irlanda in
occasione dello scandalo della pedofilia. Fraintendimento che consiste nel dare
troppa importanza all’opera dell’uomo, con una conseguente burocratizzazione della
vita ecclesiale, a scapito della centralità del mistero di Cristo, vivo e
presente in mezzo a noi. Una situazione che rende assolutamente urgente e necessaria
prima la conversione personale e poi quella pastorale.
Non si può andare in missione se non con la
guida e pieni della forza dello Spirito Santo, prima ancora di qualsiasi competenza,
risorsa o iniziativa umane. E’ lui che fa la differenza, e non la nostra
intelligenza o qualche altra nostra particolare abilità o strategia.
Infine, pur tenendo conto degli evidenti
cambiamenti dei tempi, la Chiesa deve distinguersi per la sua sobrietà nel modo
di essere e nel modo di fare, simile a quella del suo Maestro. Purtroppo mi
pare invece che tanti nostri organismi ecclesiali, non escluse le nostre
parrocchie, tendano sempre più ad assomigliare a delle complesse macchine
burocratiche, più che alle agili truppe, munite soltanto di un bastone, a cui
aveva pensato Gesù per la conquista del mondo al Vangelo.
Buona Domenica!
don
Marco Belladelli.
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