giovedì 26 marzo 2015

Il Vangelo della salute del 29/03/2015

Gesù entra a Gerusalemme, dittico del secolo V, Museo del Duomo di Milano
Domenica delle Palme e
della Passione del Signore “B”
Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Dal vangelo secondo Marco (Mc 11,1-10)
Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. E se qualcuno vi dirà: “Perché fate questo?”, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito”». Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. Alcuni dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?». Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare.
Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano:
«Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore!
Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide!
Osanna nel più alto dei cieli!».  Parola del Signore.

-------------------------------------------------------------------------------------------

 Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Marco (Mc 15,16-41).
Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la truppa. Lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. Poi presero a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!». E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui. Dopo essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.
Costrinsero a portare la sua croce un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo. Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese.
Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse ciò che ognuno avrebbe preso. Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. La scritta con il motivo della sua condanna diceva: «Il re dei Giudei». Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra.
Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.
Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.
Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!».
Vi erano anche alcune donne, che osservavano da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, le quali, quando era in Galilea, lo seguivano e lo servivano, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme.
------------------------------------------------------------
La Domenica delle Palme inizia con la benedizione dei rami d’ulivo e la processione che ricorda l’entrata trionfale di Gesù a Gerusalemme, salutato dalla folle come il figlio di Davide, il Messia atteso. Poi continua con la lettura del racconto della passione di uno dei tre sinottici. Questa articolazione della liturgia è il risultato dell’incontro di due tradizioni, quella di Gerusalemme nella quale si rivivevano passo dopo passo gli ultimi giorni della vita di Gesù, e quella di Roma nella quale invece, con la proclamazione del racconto della passione, si metteva al centro della celebrazione l’evento doloroso e scandaloso della morte in croce di Gesù.
Sta per compiersi l’evento fondamentale per la salvezza dell’umanità. La Settimana santa è dominata dalla croce, simbolo che riassume tutti i momenti e gli aspetti della sofferenza di Gesù, dal tradimento all’abbandono, dalle umiliazioni alle torture, dalla crocifissione fino alla morte. Sofferenze che esprimono il “se tradidit” di Gesù, cioè il suo consegnarsi nelle mani degli uomini per essere ucciso, nella più assoluta fedeltà alla volontà del Padre. Il più grande gesto di Amore donatoci da Dio, che non avremmo mai potuto meritare, né tanto meno immaginare, come dice Gesù stesso nel Vangelo di Giovanni:
Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici.” (15,13).
Con in mano i rami d’ulivo, accompagniamo Gesù fino al Calvario, in attesa della sua risurrezione, perché sappiamo bene che in nessun altro c’è salvezza. Una partecipazione che chiede anche a noi di disporci a condividere la stessa sorte del Signore. Infatti: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mc 8,34). 
Nel racconto della passione, Marco ci ricorda che fu il centurione sotto la croce ad esclamare: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!”. La fede di un pagano opposta alla durezza di cuore di coloro che lo hanno condannato a morte, gridando alla “Bestemmia!”, per la stessa ragione, e cioè perché si è fatto Figlio di Dio.
Coloro che attendevano la sua venuta e lo riconobbero come il Salvatore del mondo, lo hanno voluto morto. Pietro, impaurito dalle chiacchiere di una servetta, lo ha rinnegato. Giuda addirittura si è compromesso a tal punto con satana fino a tradirlo. Tutti gli altri apostoli sono fuggiti. Accanto a Gesù sono rimasti soltanto Maria, sua Madre, alcune donne del gruppo, Giovanni, il più giovane degli apostoli e un drappello di soldati romani, che dopo averlo crocifisso e visto morire in quel modo, si convertirono. Nella desolazione generale, la fede del Centurione è la luce che squarcia le tenebre che avvolgono la terra. Anticipa la fede di molti altri uomini che in ogni parte del mondo seguiranno il suo esempio. Si realizza la promessa fatta da Gesù e che abbiamo ascoltato nella liturgia la scorsa settimana: “Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,31).
Gesù è il dono più grande che Dio ci abbia fatto, più grande della nostra stessa vita. Concludiamo il nostro cammino quaresimale lasciandoci attrarre da Cristo. Prostrati davanti alla sua croce apriamo i nostri cuori per accogliere questo dono d’amore e chiediamo sinceramente perdono dei nostri peccati. Questa è la nostra conversione. Infine, come nel giorno del Battesimo proclamiamo: “Questa è la nostra fede, questa è la fede della Chiesa. E noi ci gloriamo di professarla in Cristo Gesù, nostro Signore!”.
Buona Settimana Santa!
don Marco Belladelli.

Nessun commento:

Posta un commento