Crocifisso del Cimabue, San Domenico, Arezzo. |
IV
Domenica di Quaresima “B”
Dio ha
mandato il Figlio perché il mondo si salvi per mezzo di lui.
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio». Parola del Signore.
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La quarta Domenica di
Quaresima è detta anche “Domenica laetare”
(leggi letare), cioè della letizia,
dalla prima parola latina dell’antifona d’ingresso: “Rallegrati, Gerusalemme, (Laetáre, Ierúsalem,) e voi tutti che l’amate, riunitevi.
Esultate e gioite, voi che eravate nella tristezza: saziatevi dell’abbondanza
della vostra consolazione.” (Is 66,10-11).
La ragione di questa
esultanza è data dal fatto che siamo ormai giunti a metà del nostro cammino
penitenziale. La Pasqua è vicina e con essa anche la certezza della salvezza di
tutta l’umanità. Come segno dell’attenuarsi del rigore quaresimale, dove è
possibile, il celebrante indossa paramenti rosacei, cioè un colore più tenue
rispetto al violaceo, per indicare la prossimità dell’irruzione della luce del
risorto.
Per noi oggi “l’abbondanza della nostra consolazione”
non dipende da una particolare vittoria sul nemico di turno, ma dall’essere
oggetto dell’amore misericordioso di Dio Padre. Ce ne parla san Paolo nella
seconda lettura, quando dice: “Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati,
da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con
Cristo: per grazia infatti siete stati salvati.”
(Ef 2,4). San Giovanni nel vangelo riprende il tema: “Dio
infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché
chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna”.
Paolo, partendo dalla
comune condizione di morte di pagani e giudei a causa dei loro peccati, evoca l’atto
redentivo di Dio, che ricco di
misericordia, ci ha fatti rinascere in Cristo.
Giovanni invece ci
riporta frasi che fanno parte del dialogo notturno avvenuto a Gerusalemme tra
Gesù e Nicodemo. Vista la difficoltà del suo interlocutore a comprendere come
la fede consista in una nuova nascita dall’acqua e dallo Spirito Santo, Gesù afferma
che la ragione ultima per credere è l’amore di Dio, che è arrivato fino a
sacrificare il proprio Figlio, perché chi crede in lui abbia la vita
eterna.
Nel percorso
spirituale della Quaresima anche per noi è giunto il momento di confrontarci
con l’evento fondamentale della nostra salvezza, il mistero della passione,
morte e risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo, accogliendolo come il più
grande atto di amore di cui siamo stati oggetto. Prima ancora di essere
dottrina, questo atto di infinita misericordia da parte di Dio è vita che salva
e rigenera la vita dell’uomo e di tutto l’universo. Ricordo ancora le parole di
fra Elia che il venerdì santo, mentre era al culmine del suo rivivere
annualmente il mistero della passione morte e risurrezione di Gesù, con il
corpo totalmente segnato dalla sofferenza del Cristo disse a tutti coloro che
erano presenti in quel momento nella sua stanza: “Voi non potete neppure immaginare quanto dio ci voglia bene, quanto
grande sia il suo Amore”. E’ con la forza dell’amore che Dio ci riconquista
a sé, a prezzo della vita del suo Figlio Unigenito. Ecco che cosa significa
confrontarsi con la misericordia di Dio.
Per un approfondimento
di questi temi vorrei invitarvi a rileggere la prima enciclica di Benedetto XVI,
Deus caritas est, per mezzo
della quale il Papa emerito intendeva “suscitare nel mondo un rinnovato
dinamismo di impegno nella risposta umana all'amore divino”. L’esistenza cristiana
si riassume essenzialmente nell’aver creduto all’amore di Dio. Il cristianesimo
è l’amore di Gesù che irrompe nella nostra vita non con la prepotenza di chi si
impone in modo arrogante, ma con l’umile tenacia di chi non si dà per vinto di
fronte a qualsivoglia ostacolo o rifiuto, perché superiamo le nostre paure,
diffidenze, resistenze e via dicendo. Insieme con l’annuncio sorprendente della
grandezza dell’amore di Dio, c’è anche l’annuncio della salvezza del mondo,
cioè che niente andrà perduto. L’obiettivo ultimo della nostra penitenza, e non
soltanto di quella quaresimale, è la nostra resa incondizionata all’AMORE di
Dio.
Buona Domenica!
don
Marco Belladelli.
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