mercoledì 24 dicembre 2014

Il vangelo della salute del 25/12/2014 - 3

Giovanni Carrobio, Natività, Bergamo, XVIII sec.
Solennità del Natale di nostro Signore Gesù Cristo
S. Messa del giorno
Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi.
Dal Vangelo secondo Giovanni  (1,1-18)
In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita

e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta.
Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
«Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perché era prima di me».
Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia.
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato.

Parola del Signore.
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Il prologo del vangelo di Giovanni è uno dei brani più alti della letteratura neotestamentaria, sia dal punto di vista teologico che dal punto di vista squisitamente letterario. Giovanni prende spunto da un particolare delle vicenda storica di Gesù per poi sviluppare una riflessione che mette il proprio interlocutore in rapporto con la totalità del mistero di Cristo, mistero che egli ha personalmente sperimentato e di cui si è fatto annunciatore. Questo è vero soprattutto nel prologo. Mi limito a prender in considerazione due punti, il v. 14 e i vv. 12-13.
Il v. 14 è il centro di tutto: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. In questa affermazione Giovanni sintetizza la vicenda storica di Gesù e quello che lo ha preceduto: le origini intratrinitarie, la sua realtà personale, il mandato ricevuto dal Padre, origine stessa della sua incarnazione, la sua missione, l’accoglienza e il rifiuto che ha incontrato. L’umanità di Gesù, la sua carne, è la via attraverso cui il Verbo della vita si rivela al mondo. Colui che fin dal principio era presso Dio, perché Dio stesso, proprio Lui, l’Unigenito del Padre, ha abitato tra noi, cioè ha vissuto con noi, ha condiviso in tutto, eccetto il peccato, la nostra povera realtà umana. Non c’è più niente della nostra umanità che gli possa essere estraneo, da qualsiasi punto di vista, a qualsiasi livello. 
Vedere la sua gloria significa due cose. Prima di tutto che attraverso questo “svuotamento” (Fil 2,7), Dio manifesta pienamente se stesso, perché tutti conoscano Lui e Colui che ha mandato e un giorno  ogni lingua proclami:"Gesù Cristo è Signore!", a gloria di Dio Padre.” (Fil 2,11). L’altro aspetto collegato al “vedere la gloria” ce lo ricorda S. Ireneo, quando dice: “La gloria di Dio è l’uomo che vive”. Gesù ha vissuto la nostra umanità, mostrandone tutta la sua straordinaria potenzialità vitale in essa presente. Perdonate la banalità dell’esempio: un bolide di formula uno ha bisogno di un grande pilota, di uno staff specializzato che lo supporti e di un di un circuito adeguato, per poterne esprimere tutte le sue potenzialità, e non del traffico di una grande città nell’ora di punta. Chi meglio del Verbo di Dio poteva mostrarci tutto quanto potenzialità è presente nella realtà della vita umana? Ed ecco lo stupore conclusivo: “pieno di grazia e di verità”. La vita vissuta secondo Dio si percepisce come una realtà totalmente “graziosa”, nel senso di assolutamente gratuita, donata ed immeritata per chiunque, e altrettanto piena della luce e della potenza propria della Verità, che si afferma in quanto tale, di fronte alla quale non esistono più né dubbi, né incertezze, né inquietudini.
Dopo queste riflessioni, il Natale va considerato come Dio che ritiene in tutto e per tutto degna di sé la nostra condizione umana, dalla nascita alla morte, nella sua grandezza e nella sua miseria. A questa prima e fondamentale considerazione si unisce l’altro aspetto del mistero dell’incarnazione, descritta nei vv. 12 e 13, cioè la partecipazione alla vita divina, offerta a tutti gli uomini, specialmente a coloro che hanno la grazia di essere cristiani: “A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.”.
Andiamo ad adorare Gesù Bambino alla grotta di Betlemme per riscoprire questa nostra condizione filiale nei confronti di Dio. Essa va intesa come un contributo nuovo ed insperato per l’umanità, addirittura superiore a quanto abbiamo ricevuto nell’atto creativo-generativo.
Dopo la nascita di Gesù, essere figli di Dio significa per ciascuno uomo essere partecipe della realtà stessa di Dio (cfr Evangelium vitae n. 30), per la quale è vinto e superato ogni principio e dinamismo di perdizione e/o corruzione operante nella storia dell’umanità, dal peccato di Adamo in poi, e nello stesso è comunicata, nella dimensione propria, la vita divina, che si manifesterà in modo pieno e stabile oltre la dimensione storica.
Sto dicendo cose più difficili del solito e chiedo scusa se risulto astruso e incomprensibile. Sono più che mai convinto che la sfida a cui è chiamata la Chiesa nel prossimo futuro, davanti ad una certa modernità che ogni giorno conquista spazi culturalmente sempre più ampi e significativi,  si possa vincere soltanto se si è capaci di collegare gli uomini e le donne di oggi con il Mistero del Dio fatto uomo e del Dio misericordioso.
L’augurio che faccio è che ciascuno si lasci “sedurre” da questo grande Mistero. Parafrasando S. Paolo, lo dico per la Chiesa, ma anche per ciascuno di voi.
Ancora: Buon Natale a tutti !!!
don Marco Belladelli.

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