IL BEATO ROLANDO RIVI
Ieri a Modena è stato beatificato il giovane seminarista Rolando Rivi. Oggi avrebbe 82 anni e forse sarebbe ancora in mezzo a noi se la sua vita non fosse stata stroncata ad appena 14 anni dai partigiani comunisti che, dopo torture e sevizie, lo uccisero in odio alla fede il 13 Aprile 1945.
Nato il 7 Gennaio 1931 da una copia di umili contadini, era un bambino molto vivace e aveva vissuto un'infanzia felice.
Cresciuto in una famiglia di praticanti, ben presto fece suo lo spirito di quel cattolicesimo semplice e di sostanza, fino a maturare il desiderio di farsi prete. Nell'Autunno del '42 entra nel seminario minore di Merola dove frequenta la 1° e la 2° Ginnasio. Nel '44 il seminario viene occupato dai tedeschi. La zona in cui abita è teatro di numerosi scontri armati tra tedeschi e partigiani e di scorribande di questi ultimi contro preti e parrocchie. I familiari gli raccomandano per prudenza di non portare la veste talare per non diventare un possibile obiettivo. Ma lui non intende ragione. Nei giorni successivi alla Pasqua, il 10 Aprile del 1945, mentre torna a casa dopo la S. Messa, viene rapito dai partigiani che lo portano con loro nei boschi dell'Appennino. Dopo due giorni di sevizie e di violenze verbali e fisiche con cinghiate, calci e pugni, nonostante la contrarietà di molti dei presenti, viene freddato con due colpi di pistola alla tempia e al cuore e sepolto sotto una spanna di terra e fogliame. La sua veste talare viene usata come un pallone da calcio e poi issata come un trofeo sotto il portico di una chiesa vicina. Una violenza tanto odiosa, perché del tutto gratuita e rivolta contro un innocente, che nella sua vita non aveva fatto nulla di male, se non seguire con ardore Gesù che tanto amava e ancor più fortemente lo attirava a sé. Sulla sua lapide il padre fece incidere queste parole: "Vivi nella luce e nella pace di Cristo, tu che dalle tenebre e dall’odio fosti spento".
Nato il 7 Gennaio 1931 da una copia di umili contadini, era un bambino molto vivace e aveva vissuto un'infanzia felice.
Cresciuto in una famiglia di praticanti, ben presto fece suo lo spirito di quel cattolicesimo semplice e di sostanza, fino a maturare il desiderio di farsi prete. Nell'Autunno del '42 entra nel seminario minore di Merola dove frequenta la 1° e la 2° Ginnasio. Nel '44 il seminario viene occupato dai tedeschi. La zona in cui abita è teatro di numerosi scontri armati tra tedeschi e partigiani e di scorribande di questi ultimi contro preti e parrocchie. I familiari gli raccomandano per prudenza di non portare la veste talare per non diventare un possibile obiettivo. Ma lui non intende ragione. Nei giorni successivi alla Pasqua, il 10 Aprile del 1945, mentre torna a casa dopo la S. Messa, viene rapito dai partigiani che lo portano con loro nei boschi dell'Appennino. Dopo due giorni di sevizie e di violenze verbali e fisiche con cinghiate, calci e pugni, nonostante la contrarietà di molti dei presenti, viene freddato con due colpi di pistola alla tempia e al cuore e sepolto sotto una spanna di terra e fogliame. La sua veste talare viene usata come un pallone da calcio e poi issata come un trofeo sotto il portico di una chiesa vicina. Una violenza tanto odiosa, perché del tutto gratuita e rivolta contro un innocente, che nella sua vita non aveva fatto nulla di male, se non seguire con ardore Gesù che tanto amava e ancor più fortemente lo attirava a sé. Sulla sua lapide il padre fece incidere queste parole: "Vivi nella luce e nella pace di Cristo, tu che dalle tenebre e dall’odio fosti spento".
Grazie giovane Beato Rolando per il tuo coraggio e per la tua luminosa testimonianza, e prega per noi. In tempi in cui la persecuzione sta per investire di nuovo la Chiesa, per tua intercessione il Signore ci conceda la tua stessa pietà, la tua stessa forza e il tuo stesso coraggio.
Edificante il racconto di Rolando e soprattutto di monito a chi crede che tutto ciò che è stato partigiano sia stato necessariamente positivo.
RispondiEliminaMolti cattolici hanno pagato l'ottusità ideologica di questi "patrioti. Ancora oggi una certa parte politica si appropria dei meriti (dimenticando volutamente i tanti partigiani bianchi, tra i quali molti sacerdoti che hanno contribuito alla liberazione ) ma non delle atrocità da essi compiute.