venerdì 4 ottobre 2013

Il Vangelo della salute del 06/10/2013

XXVII Domenica del tempo Ordinario “C”
“Se aveste fede!”
 Dal Vangelo secondo Luca  17,5-10.
In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!».
Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.
Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”». Parola del Signore.

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 Gesù è provocato da una domanda degli Apostoli. Spesso Luca usa questo espediente per introdurre un nuovo tema di riflessione. Dopo tutto quello che hanno visto e sentito, accompagnando Gesù  nel suo cammino verso Gerusalemme, gli Apostoli gli chiedono: “Accresci in noi la fede!”.
Qualche domenica fa Luca annotava che, nonostante la radicalità pretesa da Gesù in chi lo vuole seguire, “molta gente andava con lui” (14,24). Gli Apostoli sono stati scelti espressamente per stare con lui ed essere inviati in missione. La familiarità con Gesù (ricordate: “Beato il ventre che ti ha portato! … Ma egli disse: Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!” Lc 11,27-28), per superare la prova della croce ha bisogno di essere sostenuta da una fede grande, da un pieno e totale abbandono, senza riserve. Prendiamo come esempio gli insegnamenti sul pericolo delle ricchezze delle ultime domeniche. Come possiamo evitare gli errori del figliol prodigo, ingannato dal bagliore di una vita gaudente,  la durezza di cuore del figlio maggiore e  la cieca indifferenza del ricco epulone? Oppure imitare nelle realtà del regno di Dio l’ amministratore disonesto?
E’ la nostra fede ad aver bisogno di crescere. Insieme agli Apostoli chiediamo: “Accresci in noi la fede!”. Se non sentiamo la necessità di fare nostra la richiesta degli Apostoli, è perché non siamo attratti da Gesù e nemmeno desideriamo stare con lui per seguirlo fino in fondo.
Siamo nell’Anno della fede, voluto da Papa Benedetto XVI per porre rimedio all’indifferenza di molti cristiani che ormai vivono come se Dio non ci fosse.  E ci chiediamo: che cos’è la fede?
Risponde per primo S. Paolo: “Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. E questa vita, che vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me.” (Gal. 2,19-20).
Nel documento della CEI (Il Rinnovamento della catechesi, 1970) si dice che per avere una mentalità di fede è necessario “educare al pensiero di Cristo, a vedere la storia come lui, a giudicare la vita come lui, a scegliere e ad amare come lui, a sperare come insegna lui, a vivere in lui la comunione con il Padre e lo Spirito Santo.” (n. 38).
Per una risposta veramente esauriente, consiglio di leggere l'enciclica Lumen Fidei, pubblicata il 29/06 scorso, la prima scritta a quattro mani da due Papi, Benedetto XVI e Francesco.
La fede prima di tutto è vivere di Gesù. Poi, di conseguenza, pensare come lui, sentire come lui, agire come Lui e stare con Lui ogni istante della nostra vita. La fede è ci configura in tutto e per tutto a Gesù.
Con la parabola del gelso sradicato, Gesù non sembra rispondere agli Apostoli. Un esempio così paradossale scoraggia pure. Chi di noi avrà mai una fede così grande e capace di tanto? Poi segue una seconda parabola, quella del servo inutile, il quale dopo una giornata di lavoro nei campi, deve ancora servire il suo padrone. Le due parabole si integrano tra di loro. Prima ci viene detto quali sono i segni di una fede vera, e poi che cosa bisogna fare per aumentarla come chiedono gli Apostoli: obbedire umilmente, come dei servi inutili. Ecco perché basterebbe un briciolo di fede per cambiare prima noi stessi e poi il mondo. La fede ci rende giorno per giorno discepoli umili, obbedienti e semplici di cuore come il servo della parabola il quale, dopo aver lavorato e poi servito il suo padrone, si sente “ un servo inutile, … uno che ha fatto quanto doveva fare”, cioè sradicare il male dal mondo, diffondendo pace, carità e misericordia. Buona Domenica!
don Marco Belladelli.

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