Lebbrosario nei pressi di Singkawang in Kalimanta (Borneo) dove sono ancora oggi ospitati 40 malati di lebbra. |
XXVIII
Domenica del tempo Ordinario “C”
Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio
all’infuori di questo straniero
Lungo il cammino verso
Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!». Parola del Signore.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!». Parola del Signore.
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Oggi
Luca ci propone il racconto di un miracolo, la
guarigione di dieci lebbrosi. Il precedente lo abbiamo trovato all’inizio
del cap. 14, la guarigione di un idropico
in giorno di sabato. Il prossimo, il
cieco di Gerico, è collocato al termine del cap. 18, quando ormai manca
poco all’arrivo a Gerusalemme. Perché così pochi miracoli?
Come
ho più volte ricordato, la sezione del viaggio, di cui oggi si fa esplicita
menzione all’inizio del nostro brano, rappresenta un percorso formativo per i
discepoli di ieri e di oggi. Naturalmente l’unico “maestro” di tutti è Gesù che, diversamente dagli altri maestri
della legge, con le sue opere inaugura il regno di Dio e con la sua Parola indica la
via che conduce ad esso. I dieci lebbrosi infatti si rivolgono a lui con l’appellativo:
“Gesù maestro, abbi pietà di noi!”. Per la loro guarigione sarà
sufficiente una sua Parola “Andate a
presentarvi ai sacerdoti” della quale si fidano e alla quale si affidano
come umili servi obbedienti, senza “ma”
e senza “se”. Il racconto infatti
continua: “mentre essi andavano, furono purificati”.
Un miracolo attraverso il quale Luca richiama ancora la necessità di una fede
senza riserve, accompagnata da una obbedienza cieca, “tamquam cadaver”, come quella di un cadavere, si
diceva anticamente. Per noi invece un ulteriore esempio di come bisogna
accogliere ed obbedire alla Parola di Gesù per sperimentarne come i dieci
lebbrosi tutta la potenza salvifica.
Gesù
è diretto a Gerusalemme dove i sacerdoti lo metteranno a morte. Inviando a loro
i dieci lebbrosi guariti, Gesù si fa anticipare da un segno, perché riconoscano
attraverso le sue opere che egli è il Salvatore, come dirà agli Apostoli
durante l’ultima cena: “Credetemi … per le opere stesse” (Gv 14,11). Contrariamente
a quanto essi pensavano, con le loro decisioni di mettere a morte Gesù, invece
di soffocare per sempre la sua persona e la sua opera, contribuiranno ad
estendere la salvezza a tutto il mondo e a tutti gli uomini.
Alla
fine però, soltanto uno dei dieci lebbrosi guariti, , torna a ringraziare Gesù,
lodando Dio a squarciagola. E per giunta si tratta di un samaritano. La sua è una
gioia incontenibile. A quel tempo non si guariva dalla lebbra ed esserne
contagiati rappresentava una vera e propria maledizione. Si era condannati all’isolamento
più totale, lontano da qualsiasi forma di convivenza ed era pure considerata un’impurità
religiosa, segno di un castigo divino per le propri colpe (cfr Num 12,9-10).
Ecco perché soltanto il sacerdote poteva costatarne il contagio, con l’applicazione
delle restrittive misure igieniche e sanitarie, e la guarigione, reintroducendo
il lebbroso nella comunità (cfr Lev 14,2ss).
La
lode esprime la gioia della salvezza,
quella stessa gioia di cui abbiamo parlato qualche Domenica fa, a proposito
della festa per la conversione dei peccatori.
Alla felicità del samaritano, si contrappone il
rammarico di Gesù: “Non ne sono stati purificati
dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro
a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?”.
Gesù è amareggiato non tanto per la mancata riconoscenza, ma piuttosto per la loro mancanza di fede. Chi, se non Dio in
persona, e soltanto Lui, è all’origine di una grazia tanto grande, quale la
guarigione dalla lebbra? La meraviglia di Gesù vale anche per tutte le volte
che non sappiamo riconoscere la mano di Dio nella nostra vita, la sua
provvidenza e la sua grazia verso di noi.
La
differenza sostanziale tra i nove che non hanno ringraziato e il samaritano tornato per rendere lode a Dio è una fede che salva: “Alzati e va, la tua fede ti
ha salvato!”.
Celebrare
la Domenica, il giorno del Signore, con la gioia del cuore e la lode festosa, rendendo
gloria a Dio e ringraziando uniti nell’Eucaristia è per noi il momento della
fede che salva. E come è già successo nell’antico testamento( vedi 4,25ss), non
è una casualità che sia ancora uno “straniero”
l’unico a riconoscere in Gesù il Dio fatto uomo per la nostra salvezza.
Buona Domenica!
don
Marco Belladelli.
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