COME NEI GIORNI DI NOE'
100 domande alla Chiesa per vivere la Speranza
Sarà nelle libreria di MN, VR e BS a Novembre, per le edizioni JAGO, oppure potete richiederlo a morelli.vocedimantova@mynet.it . Di seguito trovate l'introduzione. Buona lettura!
INTRODUZIONE
Leggendo
il titolo, qualcuno avrà pensato: “Ecco un altro catastrofista. Non bastava il
calendario Maia? Per consolidare ancor più la già diffusa convinzione
dell’avvicinarsi della fine del mondo con invasioni di alieni e disastri
ecologici, adesso si aggiunge anche la minaccia di un nuovo diluvio. Non se ne
può più delle Cassandre di turno e dei profeti di sventura che vengono a
propinarti la loro personale apocalisse prossima ventura. Speriamo finisca
presto questo 2012, così da voltare pagina una volta per tutte”.
Questa
estate, mentre facevo rifornimento ad un distributore di carburante nel
profondo sud d’Italia, al benzinaio che si lamentava per come vanno oggi le
cose, una signora del luogo, pure lei di passaggio per il pieno alla sua auto,
gli ha risposto: “Io sono una persona
credente, anche se non molto praticante. Secondo me è vicina la fine del mondo”.
Insomma,
nonostante la più che giustificabile raggiunta saturazione per l’eccessiva
enfasi con cui da più parti in questi ultimi anni si è ceduto alla retorica
catastrofista, non sono pochi coloro che si sono convinti della prossimità
della fine del mondo, considerando l’attuale quadro generale della situazione.
Un’idea passata anche nella mente delle persone comuni per una serie di
situazioni di varia natura, genere, livello e dimensione a cui non si riesce a
dare una spiegazione secondo la logica di un progressivo e graduale sviluppo
delle cose. E siccome i conti devono sempre in qualche modo tornare, come
orizzonte che dia un senso a tutto quello che sta accadendo oggi nel mondo, non
si è trovato niente di meglio della prospettiva della fine prossima ventura.
Personalmente
non credo sia poi così vicina. E’ innegabile però che molte cose stiano cambiando
in modo tanto radicale da non lasciare nulla come prima, e soprattutto con una
tale accelerazione difficilmente sostenibile da chiunque. Non molto tempo fa mi
è capitato di sentire ragazzi poco più che trentenni confrontarsi con chi aveva
qualche lustro meno di loro e fare ricorso allo stereotipo del: “Ai miei tempi!
…”. Inutile dire quanto la cosa mi abbia fatto sorridere. Più che di fine del
mondo, sono dell’idea che stiamo vivendo un passaggio epocale a tutto tondo,
per il quale è difficile trovare nel nostro passato prossimo e remoto qualcosa
di paragonabile. Come se nessun uomo non avesse mai vissuto una situazione del
genere. E questo non aiuta. Anzi aumenta
ancora di più la paura. A questo poi si aggiunge anche il disorientamento
generale. Prendiamo come esempio le autorità. Quelli, per intenderci, che ci
comandano e che dovrebbero essere dei punti di riferimento certi, le nostre
guide ai vari livelli, sono nelle nostre stesse condizioni. Nonostante la loro
posizione privilegiata, non tanto economica e sociale, quanto piuttosto
culturale, per la possibilità di avere una visione più ampia delle cose e di accedere
a qualche strumento o dato in più rispetto a noi, per capire meglio che cosa
sta succedendo, spesso li troviamo completamente assorbiti da se stessi, più
impauriti di noi e anche in condizioni morali ancora peggiori. Non solo non ci
sono di aiuto, ma addirittura hanno bisogno del nostro sostegno. Quante volte
negli ultimi trent’anni per ottenere il nostro consenso è stata propagandata,
strombazzando a destra e a manca, la storiella della ‘diversità’ delle persone,
unita al miraggio di un miglioramento delle cose, e alla fine i ‘nuovi’ venuti
si sono rivelati più deludenti di chi li ha preceduti.
Quando
ho scelto Noè come filo conduttore per questi dialoghi, non ho pensato all’imminenza
di particolari catastrofi, quanto piuttosto a uno che rispetto ai suoi
contemporanei aveva intuito qualcosa che a loro era sfuggito. Dice il Vangelo:
“Infatti, come nei
giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e
prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca e non si accorsero
di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta
del Figlio dell'uomo”. (Mt 24,38-39). Mentre gli altri continuavano a fare
le solite cose di sempre, senza capirne il senso di quanto stava per accadere e
per questo non si sono accorti di nulla, Noè invece aveva intuito che qualcosa
di diverso dal solito tram, tram sarebbe successo e per questo ha costruito l’arca
e al momento opportuno vi è entrato. Il valore aggiunto che ha illuminato la
sua comprensione delle cose, le sue scelte e il suo agire, fino ad immaginare
quel qualcosa di nuovo a cui i suoi contemporanei non sono arrivati, è stata la
sua fede in Dio. Nella Bibbia la differenza fondamentale è sempre tra chi crede
e si fida di Dio e chi invece nella sua incredulità rimane indifferente a Dio e
a tutto ciò che lo riguarda, al punto da diventare lui stesso vittima di questo
suo atteggiamento. E’ sempre la sacra Scrittura a ricordarci che l’uomo è stato
creato a sua immagine e somiglianza di
Dio (Gen 1,26). La fede ti permette di immaginare
la tua graduale e progressiva trasformazione, giorno per giorno, verso questa
somiglianza, fino alla sua piena realizzazione. Una facoltà, l’immaginazione, oggi
pesantemente penalizzata, paradossalmente proprio dalle molteplici immagini con cui veniamo
quotidianamente bombardati. San Paolo, nella 2° lettera ai Corinzi descrive la
vita umana come l’intrecciarsi di due movimenti parallelamente simultanei, ma orientati
in direzione una al contrario dell’altro: Per questo non ci scoraggiamo, ma, se anche
il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore invece si rinnova di
giorno in giorno. Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci
procura una quantità smisurata ed eterna di gloria: noi non fissiamo lo sguardo
sulle cose visibili, ma su quelle invisibili, perché le cose visibili sono di
un momento, quelle invisibili invece sono eterne” (4,16-18). Al progressivo
e inesorabile disfacimento fisico-biologico a cui andiamo incontro nella nostra
esistenza terrena, corrisponde parallelamente il rinnovamento interiore della
nostra anima, a condizione di fissare lo sguardo, cioè di orientarci, verso le
cose invisibili. Invisibili, certo, ma non per questo meno reali, ed eterne.
L’immaginazione è la facoltà che ci permette di fissare lo sguardo sulle cose
invisibili ed eterne. Cosa da cui siamo continuamente distolti per il fatto di
vivere nel mondo delle immagini. E al peso della “momentanea tribolazione” da
sopportare nella vita terrena, corrisponderà una gloria eterna ancora più
grande e abbondante. Questo lo si può dire non soltanto per il singolo, ma più
in generale anche per tutta l’umanità, nel senso che al travaglio di questi
nostri tempi che stiamo vivendo, nonostante le apparenze, si sostituirà un
futuro ancor più luminoso.
Secondo
San Paolo, a colui che vive della propria fede succede esattamente il contrario
di quello che accadde a Dorian Gray, il protagonista del famoso romanzo di
Oscar Wilde, il quale in cambio dell’eterna giovinezza, vendette la sua anima
al diavolo. Di essa poteva vedere il progressivo abbruttimento nelle
trasformazioni che si imprimevano su quel suo ritratto, guardando il quale era
rimasto talmente affascinato da se stesso, da accettare quel patto
scellerato.
Al di
là di tutto, mi pare che la storia di Noè possa rappresentare per noi oggi una
parabola, o se preferite un modello, per i giorni che stiamo vivendo.
Ovviamente lungi da me la presunzione di sedermi in cattedra e fare da maestro
agli altri. Come Noè ho semplicemente la convinzione che soprattutto in questi
tempi tanto difficili la fede costituisca una risorsa fondamentale per capire
quello che stiamo vivendo, una luce che ci aiuta distinguere tra il vero e il
falso, tra il bene e il male, tra ciò che è giusto da ciò che non lo è, e
soprattutto che ci aiuta ad immaginare e a vivere la Speranza. La Speranza consiste
nell’essere di nuovo capaci di pensare la nostra vita a immagine e somiglianza
di quella di Dio. Oppure per dirla con san Paolo, di fissare lo sguardo sulle
cose invisibile ed eterne, favorendo così il nostro rinnovamento interiore. Dalla
Speranza ci viene la forza e il coraggio necessari per buttare il cuore oltre
l’ostacolo, per affrontare e superare tutte le difficoltà del presente.
Senza
il pungolo dell’amico Marco Morelli, questo libro non ci sarebbe mai stato. In
prima battuta mi chiedeva una rivisitazione dei dieci comandamenti. Quando ho cominciato a documentarmi, mi sono
accorto che le librerie sono piene di titoli su decalogo per tutte le esigenze,
dagli studi scientifici ai testi divulgativi più semplici. Allora gli ho detto:
“Perché non facciamo un libro a quattro mani? Tu mi intervisti e io ti
rispondo”. “Non me la sento – mi ha risposto – ma troverò qualcuno che lo farà
al mio posto”. Così ha interpellato le
numerose persone che sono sulla sua rubrica di giornalista, chiedendo loro di
inviargli domande, opinioni e osservazioni su tutto quello che oggi si potrebbe
chiedere o dire a un prete. Sono arrivate poco meno di un centinaio di
risposte. In fondo al libro trovate i nomi di chi ha accettato di stare al
gioco. Ringrazio sinceramente tutti di essersi prestati a fare da provocatori
nei miei confronti. Nelle loro parole e nelle loro storie c’è tutto quello che
ciascuno di noi vive ogni giorno. Il loro contributo è un aggancio concreto
alla realtà che speriamo mi abbia
evitato astrazioni e voli pindarici tipiche di un prete.
A quel
punto, il mio compito è stato quello di catalogare i loro interventi,
individuando le affinità tematiche, che alla fine sono diventate i vari
capitoli. Dialogare con chi ha risposto al Morelli (per comodità i vari contributi
sono stati enumerati progressivamente dall’inizio alla fine), è stata
l’occasione per parlare di Giovani, di
Dio, di Famiglia, di Sofferenza; di
Preti e della Chiesa, che a mio modesto parere sono i punti nevralgici molto
importanti e decisivi per quello che sarà lo sviluppo positivo o negativo della
crisi che oggi interessa tutta l’umanità. A coloro che avranno la bontà di
leggere queste pagine, sull’esempio di Noè, ho provato ad offrire delle
suggestioni, quello che ho intuito essere vero e buono nello sforzo che faccio ogni
giorni di essere un credente, prima ancora che un prete. Come nei giorni di Noè è un
confronto con la fede cristiana di temi, realtà e situazioni che riguardano
tutti, anche quelle che sembrano interessare soltanto gli addetti ai lavori,
come per esempio i capitoli dedicati alla
Chiesa e ai Preti. Sono convinto
che dalla disponibilità ad aprire il cuore e la mente all’Altro e
all’universale, derivano nuovi orizzonti per tutta l’umanità.
Come
lo scorso anno (2011-2012) Luce ai miei
passi, così quest’anno (2012-2013) Come nei giorni di Noè è stato scritto
per sostenere l’Associazione RESTIUIAMOGLI
I SOGNI, impegnata in attività di solidarietà verso tutti i bambini del
mondo. Sono sicuro che il valore dello scopo benefico sarà superiore a quanto
troverete all’interno di queste pagine.
Grazie
per la vostra attenzione e comprensione.
Don Marco Belladelli.
Mantova,
24 Settembre 2012.
Nessun commento:
Posta un commento