XXIX del Tempo Ordinario, “B”.
GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE 2012
Il
Figlio dell'uomo è venuto
per
dare la propria vita in riscatto per molti.
Dal Vangelo secondo Marco (10, 35-45)
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli
di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti
chiederemo». Egli disse loro: «Cosa volete che io faccia per voi?». Gli
risposero: «Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla
tua sinistra». Gesù disse loro: «Voi non sapete ciò che
domandate. Potete bere
il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?».
Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse: «Il calice che io bevo anche voi lo
berrete, e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete. Ma sedere alla
mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i
quali è stato preparato».
All'udire questo, gli altri dieci si sdegnarono con Giacomo e Giovanni. Allora
Gesù, chiamatili a sé, disse loro: «Voi sapete che coloro che sono ritenuti
capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il
potere. Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà
vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. Il
Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare
la propria vita in riscatto per molti». Parola del Signore.
Dopo la sessualità e il denaro, non poteva mancare il potere. Sono due
Apostoli, Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, a suscitare il problema con
una loro domanda: “Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno
alla tua sinistra”. Siamo sempre in viaggio verso Gerusalemme. L’episodio del
giovane ricco ha generato tra gli Apostoli un certo disagio e timore. Gesù parla
loro per la terza volta della sua passione, morte e risurrezione, e subito dopo
i due fratelli chiedono di poter occupare nel futuro regno i due posti più
importanti. Un palese contrasto: Gesù guarda alla sua prossima fine drammatica,
loro invece pensano alla corriera. Umanamente si giustifica la domanda dei due
Apostoli: sono al seguito di Gesù dalla prima ora e insieme con Pietro hanno goduto
di una posizione privilegiata, quando Gesù li ha scelti per partecipare a eventi
dai quali ha escluso gli altri nove, come per esempio nella risurrezione della
figlia di Giairo e nella trasfigurazione. Anche questa volta Gesù procede con
gradualità e mette davanti a loro il passaggio obbligato della passione: “Potete
bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?”. Con una
certa incoscienza rispondono affermativamente senza sapere a che cosa si riferisse
concretamente Gesù, il quale subito replica loro che quei posti sono “per
coloro per i quali è stato preparato”. Nel suo “cammino
avanti a loro” (v. 32) Gesù è solo. Si porta dietro persone incerte e impaurite,
i discepoli, e altre certamente più motivate nella sequela, ma del tutto fuori
strada su ciò che li aspetta, i Dodici. Nella Chiesa l’autorità è sempre di origine
divina. Niente è casuale, tanto meno la scelta di color che saranno chiamati a
guidare il Popolo di Dio. Questo vale per il Santo Padre come per l’ultimo prete
della più sperduta parrocchia della terra. Le parole di Gesù sono un criterio per
discernere la volontà di Dio, nel senso che quando ci incontriamo o ci
scontriamo con l’autorità costituita nella Chiesa, tutto quello che
direttamente o indirettamente ne consegue per la nostra vita, nel bene e nel
male, va considerato come una manifestazione della volontà di Dio. Gesù quindi
si fa carico del risentimento degli altri dieci Apostoli. La sua argomentazione
prende spunto da ciò che avviene nella società civile, dove il potere invece
viene affidato ed esercitato da color che comunemente “sono
ritenuti capi delle nazioni” oppure da chi, secondo i “loro” criteri,
viene giudicato “grande”. Questo non vuol dire che ogni potere non venga dall’alto, come
afferma lo stesso Gesù davanti a Pilato (cfr Gv 19,11), ma piuttosto che non
sempre è esercitato in sintonia con Dio, e men che meno in Nome suo. Nella
Chiesa invece, l’autorità va sempre interpretata come un servizio e il primato
è inequivocabilmente per colui che si fa servo. Il modello da imitare è quello
del Figlio dell’uomo, che è venuto per servire tutti noi, offrendo la sua vita
“in riscatto per molti”. Per dirla in un modo più chiaro,
chiunque nella Chiesa è investito di una autorità, o di un ministero, oppure
gli è stato affidato un compito
specifico, (per esempio i genitori, che hanno il compito dell’educazione
cristiana dei figli), nell’esercizio o nell’assolvere quel determinato impegno
deve prendere a modello il Signore Gesù che è venuto “per
servire” per mezzo del sacrifico della sua vita, e non per essere servito.
Oggi che da più parti si rimprovera alla Chiesa carrierismo, connivenza con il
potere economico e politico e soprattutto tanta incoerenza, tipica di chi
predica bene e razzola male, senza reticenze va affermato con più forza che chi
comanda deve avere la disponibilità ad offrire tutto se stesso, altrimenti ci si
abbassa al livello dei capi-popolo e dei cosiddetti grandi del mondo, i quali
invece si autodefiniscono tali, o se ne convincono per ciò che dicono di loro i
ruffiani di turno, che pensano soltanto ai loro interessi, al massimo a quelli
della loro parte. Una riflessione che meriterebbe di essere approfondita,
analizzando in modo particolareggiato come viene esercitato il potere e
l’autorità sia nella Chiesa, sia in società.
Oggi si celebra in tutta la Chiesa la 87° GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE,
occasione importantissima per prendere sempre più consapevolezza di questa
dimensione fondamentale della fede: essa vive, si conferma e si sviluppa perché
è donata; se invece rimane sola, non porta frutto e diventa anche di danno per il soggetto stesso. La nostra missione
comincia dall’umile testimonianza della nostra adesione a Cristo e può arrivare
fino all’annuncio esplicito del Vangelo a chi ci è vicino e/o nell’ambiente in
cui viviamo, più o meno opportunamente. Il tema del messaggio di Papa, Benedetto
XVI, è : “CHIAMTI A FAR RISPLENDERE LA PAROLA DI VERITÀ”. E’ iniziato da pochi
giorni l’anno della fede a cinquant’anni esatti dall’apertura dei lavori del
Concilio Vaticano II, mentre si sta celebrando un Sinodo molto importante sulla
Nuova evangelizzazione e la trasmissione
della fede, per rispondere alla sempre maggiore lontananza dell’uomo di
oggi da Dio e dalla Chiesa. La Chiesa ha bisogno di impegnarsi in un nuovo
slancio missionario, simile a quello che ha vissuto duemila anni fa, all’inizio
della diffusione del Vangelo. Una missione a cui tutti siamo chiamati, nessuno
escluso.
Buona
Domenica!
DON MARCO
BELLADELLI.
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