Il Papa, Bendetto XVI, parla ai Vescovi nell'aula del Sinodo. |
L’APOSTASIA PROSSIMA VENTURA
Il 7 Ottobre prossimo a Roma si apriranno i lavori
della XIII
Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi su un tema fondamentale per la Chiesa di oggi e di domani:
“La nuova evangelizzazione per la
trasmissione della fede cristiana”. Nel Settembre 1965, durante l'ultima sessione dei lavori del Concilio Vaticano II, Paolo VI istituì il
Sinodo dei Vescovi come organismo consultivo. Composto da circa 250/300 Vescovi, in
rappresentanza di tutte le Conferenze episcopali del mondo, da esperti sul tema
all’ordine del giorno e da personalità esplicitamente invitate a dare il loro
contributo, si riunisce a discrezione del Papa con scadenza di circa tre o quattro anni, in
modo ordinario o straordinario, per discutere di temi di particolare attualità ecclesiale
e per offrire su di essi un parere autorevole al Santo Padre, a cui spetta trarre
le conclusioni, elaborate e sintetizzate successivamente in un documento, in
genere una esortazione apostolica. E’ uno strumento che esprime la collegialità
del Papa con tutti i Vescovi
del mondo e la comune sollecitudine per il governo
della Chiesa. A proposito del tema del prossimo Sinodo, il primo
a parlare esplicitamente di “nuova evangelizzazione” è stato il Beato Giovanni
Paolo II. Con questo termine egli intendeva suscitare nella Chiesa un nuovo
entusiasmo per l’annuncio del Vangelo, la ricerca di modalità più adeguate ai tempi e alle
situazioni che stiamo vivendo, che corrispondessero alla forza dello Spirito
Santo, e uno speciale impegno per risvegliare la fede cristiana nei Paesi di
antica evangelizzazione, per esempio quelli europei. Nella sostanza il problema
si collega alle stesse motivazioni che indussero il Beato Giovanni XXIII a
convocare il Concilio, quando pensava ad un semplice aggiornamento pastorale.
Fu però Paolo VI ad accorgersi quanto fosse grave la frattura che si stava
venendo a creare tra la Chiesa e il mondo moderno. Una divaricazione che nel
corso degli anni si è trasformata in una vera e propria contrapposizione. Per
questo Benedetto XVI ha deciso di rompere ogni indugio e indicare a tutta la
Chiesa come priorità assoluta quella di fare propria la missione che il Signore
Gesù ha affidato agli Apostoli, e cioè di andare di nuovo in tutto il mondo,
fare discepoli in tutti i popoli, battezzandoli e formandoli alla testimonianza
(cfr. Mt 28,19-20), e avendo il coraggio di misurarsi con trasformazioni
sociali e culturali che stanno profondamente modificando la percezione che
l’uomo ha di sé e del mondo, generando ripercussioni anche sul suo modo di
credere in Dio. Leggendo i documenti preparatori del prossimo Sinodo, sintesi
di una consultazione capillare delle varie Diocesi sparse nel mondo, risulta che
tutti devono fare i conti con la secolarizzazione. Nato in occidente, diversamente
dal passato quando si caratterizzava per una esplicita negazione di Dio e della
religione, oggi questo fenomeno culturale ha assunto la forma di una invasione della vita quotidiana delle persone, favorendo lo
sviluppo di una mentalità in cui Dio è di fatto assente, in tutto o in parte,
dall’esistenza e dalla coscienza umana. La conseguenza più immediata della
secolarizzazione è una “apostasia silenziosa”,
cioè il progressivo abbandono di numerosi fedeli della prassi cristiana, una
vera e propria emorragia nella quasi assoluta indifferenza di molte Chiese
locali, che non farebbero nulla per arrestarla. Ugualmente preoccupante è la
difficoltà che oggi s’incontra a trasmettere la fede alle giovani generazioni
sia in famiglia, come in parrocchia. Oggi non si riesce più a far sentire a chi
non crede la presenza del Signore Gesù vivo in mezzo a noi, perché si realizzi
quell’incontro personale che sta a fondamento di ogni esperienza di fede
cristiana. Sorprende come, nonostante i ripetuti appelli del Papa, molti pensino
ancora di risolvere questi problemi per mezzo di un aggiornamento strategico. Preoccupano
molto di più coloro che non hanno ancora compreso l’urgenza di affrontare
queste situazioni prima di tutto attraverso una profonda conversione personale
e comunitaria. Un cambiamento di vita che si risolva in una priorità assoluta
dello Spirito, in una riscoperta della propria anima e del desiderio di
prendersi cura di essa, perché, come dice Gesù: “Non di solo pane vivrà l’uomo”
(Mt 4,4).
don Marco Belladelli.
Nessun commento:
Posta un commento