lunedì 12 settembre 2011

Il Vangelo della salute del 11/09/2011.

XXIV Domenica  del Tempo Ordinario, “A”.
Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Dal Vangelo secondo Matteo (18, 21-35).
In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi.
Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello». Parola del Signore.
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Siamo ancora nel pieno del discorso sulla vita della Chiesa. Dal tema del fratello che sbaglia, passiamo a quello del perdono. E’ Pietro stesso che chiede: “Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?”. La disponibilità dell’apostolo è già più del doppio di quello che normalmente concedevano i maestri della legge, i quali non andavano oltre le tre volte. Il  settanta volte sette”, di Gesù appare immediatamente come qualcosa di spropositato e di umanamente improponibile. Numeri che  richiamano un passo della Genesi, nel quale però si parla di vendetta: “Sette volte sarà vendicato Caino, ma Lamech settantasette.” (Gen 4,24), mentre ora all’ordine del giorno c’è il perdono. Cercando di conciliare i due termini, arriviamo al proverbio che recita: “la miglior vendetta è il perdono”. Per giustificare un’affermazione tanto paradossale, Gesù racconta una nuova parabola, introdotta con il solito termine di paragone, con cui iniziano anche le altre che già abbiamo incontrato al cap. 13: “il regno dei cieli è simile a…”, perché non ci dimentichiamo qual è l’orizzonte a cui tendiamo come singoli e come comunità di discepoli di Gesù. Il racconto è abbastanza semplice e lineare. Si articola in tre scene e si concentra su due personaggi, il re e il servo super-debitore. Con un talento a quel tempo si compravano 35 Kg di oro. Moltiplicato per 10.000 si ha l’esatta dimensione del debito. Sorprendentemente il re-padrone condona tutto il debito, senza condizioni, né contropartite. In seguito il super-debitore fa mettere in carcere un suo pari, che in confronto gli doveva un’inezia. Informato dell’accaduto, il re punisce duramente il super-debitore per non “aver avuto pietà del tuo compagno”. E per finire il messaggio di Gesù: “Così anche il Padre mio celeste farà con voi, se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello”.
Quando Matteo dice che il re-padrone “ebbe compassione di quel servo”, usa lo stesso termine con il quale Luca indica la compassione del Padre misericordioso per il figlio sulla via del ritorno (cfr Lc 15,20). Soltanto l’infinita misericordia di Dio può giustificare un gesto tanto magnanimo verso il super-debitore. Non c’è molto altro da aggiungere. Di fronte la nostra ritrosia al perdonare chi ci offende, Gesù ci costringe a considerare il debito assolutamente insolvibile che avevamo nei confronti di Dio. Ci ricorda S. Paolo che siamo stati riscattati a caro prezzo (1Cor 6,20), la passione e la morte in croce del Figlio di Dio. Se non comprendiamo questo mistero di misericordia, per il quale ci è stato perdonato il nostro Peccato, impossibile da emendare da parte nostra, è inutile che stiamo a disquisire sulle offese grandi e piccole ricevute.
Buona Domenica!
Don Marco Belladelli.

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