venerdì 21 marzo 2025

Il Vangelo della salute del 23/03/2025

III Domenica di Quaresima “C”

Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo

Dal Vangelo secondo Luca  (13,1-9).
In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».

Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”». Parola del Signore. 

Lungo i secoli la Quaresima si è trasformata da itinerario di iniziazione dei catecumeni, cioè gli adulti che si preparavano a ricevere il battesimo la notte di Pasqua, a tempo di penitenza e di rinnovamento spirituale per tutti i battezzati. In un contesto culturale pluralistico, multi etnico e multi religioso quale quello dei nostri giorni, la Quaresima ha perso quella rilevanza sociale, che aveva fino agli anni sessanta. Oggi è difficile coglierne la sua rilevanza spirituale e religiosa anche per i cosiddetti praticanti.

Mentre cresce l’interesse dei media per le pratiche di altre religioni, come per esempio il ramadan islamico, va sempre più aumentando l’indifferenza e l’ignoranza per tutto quello che è cristiano. Forse perché, come dice il proverbio, l’erba del vicino è sempre più verde della nostra? Magari fosse soltanto il segno di una sana curiosità. In un clima di profonda e diffusa scristianizzazione, il vero problema è capire cosa sia autenticamente “cristiano” e vivere di conseguenza. Per questo oggi Gesù ci ammonisce severamente: “Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”. 

Prendendo spunto da due fatti di cronaca, Gesù confuta la credenza farisaica del contrappasso, secondo cui non vi è dolore che non sia castigo, e non vi è castigo senza colpa, il castigo è proporzionato alla colpa. I due esempi invece ci fanno pensare oggi alle tante vittime innocenti del terrorismo, di catastrofi naturali, della recente pandemia, di incidenti stradali o sul lavoro, o anche a chi è colpito da malattie a cui non c’è rimedio e via dicendo. Il giudizio ultimo e definitivo su ogni uomo è soltanto di Dio, perché come dice la Scrittura: “non conta quel che vede l'uomo, infatti l'uomo vede l'apparenza, ma il Signore vede il cuore” (1Sam 16,7). Secondo Gesù la fine tragica di coloro che sono morti per mano di Pilato o a causa del crollo della torre di Siloe è quindi un ammonimento per i Giudei alla conversione, prima che accada loro di peggio, come di fatto è accaduto. Ai Giudei, che hanno rifiutato Gesù, infatti non sono serviti i molti compromessi politici stretti con i  Romani, per non diventare loro vittime. Oggi l’avvertimento alla conversione è per noi! Oggi la liturgia ci mostra due esempi biblici di conversione, uno positivo e l’altro negativo. Nella prima lettura (Esodo cap. 3) si parla di Mosè completamente afferrato da Dio nell’esperienza del roveto ardente, al punto da non poter dir di no, né tanto meno sottrarsi alla missione a cui è stato destinato, nonostante tutte le difficoltà presentate. Nella seconda lettura (1Cor 10,1ss) l’apostolo Paolo analizza invece l’esperienza del popolo d’Israele, che nonostante i tanti segni ricevuti: la liberazione dalla schiavitù egiziana, il passaggio del mar Rosso, il sostegno ricevuto durante la permanenza nel deserto con il cibo venuto dal cielo e l’acqua dalla roccia e tanti altri segni, continuò a mormorare contro Dio. La conversione non consiste in un semplice aggiustamento di comportamenti più o meno scorretti, ma, come per Mosè, nell’assunzione di in un atteggiamento tanto radicale per il quale Dio diventa il primo e fondamentale interlocutore in ogni momento e situazione della nostra vita. La pazienza di Dio, rappresentata dal proprietario del terreno nella parabola del fico infruttuoso, che da anni attende frutti da questo albero, non è infinita. Il vignaiolo, fiducioso di poter trarre frutti anche da un albero finora sterile, è Gesù che si prende cura di noi, non si stanca di ‘coltivarci’ e di prestarci la sua attenzione, fin quando cederemo alla forza della sua misericordia. Mi piace ricordare l’esperienza straordinaria di un uomo ai più sconosciuto: Israel Eugenio Zolli, Rabbino capo della sinagoga di Roma dal 1938 al 1944, anno in cui ricevette il Battesimo. Nella sua autobiografia (Prima dell’alba, ed S. Paolo, MI 2004) definisce la conversione come “una ricerca d’un sentiero più confacente al tormento dell’anima propria La conversione è luce rinnovata, è rinnovato amore di Dio. Il convertito è un uomo morto e risorto. L’uomo in genere conosce il Creatore attraverso il Creato, Iddio attraverso la potenza delle opere Sue.” (pp.117-118). Che il nostro cammino quaresimale sia di ‘vera conversione’, altrimenti, come dice Gesù: “perirete tutti allo stesso modo,” come a dire: che ci stai a fare al mondo, se la tua vita è come quella del fico infruttuoso?

Buona Domenica!

don Marco Belladelli.

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