venerdì 15 novembre 2024

Ill Vangelo della salute del 17/11/2024

Hans Memling, Giudizio universale, 1467-73, Museo Nazionale di Danzica. 

XXXIII Domenica del Tempo Ordinario, “B”

GIORNATA MONDIALE DEI POVERI

Il Figlio dell'uomo radunerà i suoi eletti dai quattro venti.

Dal Vangelo secondo Marco (13, 24-32)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo.

Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte.
In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre». Parola del Signore.
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Nel brano di oggi, tratto dal discorso escatologico al capitolo 13 di Marco, vengono evocati la fine del mondo, il ritorno del Signore Gesù e la salvezza degli eletti, immagine con cui si conclude il secondo vangelo. Abbiamo cominciato con la testimonianza del Battista, che annunciava la venuta di “uno che è più forte” di lui, e terminiamo con l’evento sfolgorante del Figlio dell’uomo che verrà “sulle nubi con grande potenza e gloria” per radunare i suoi eletti da un capo all’altro dell’universo. In mezzo ci sta il “vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio”, le cui “parole non passeranno”, per annunciare all’uomo il suo destino di unico essere vivente creato per l’eternità, come ci ricordava l’allora cardinal Ratzinger nell’omelia prima del conclave del 2005: “L’unica cosa, che rimane in eterno, è l’anima umana, l’uomo creato da Dio per l’eternità.”. Il racconto evangelico di san Marco si presenta come una lotta continua per affermare la grazia della salvezza, dove le forze ostili non sono mai definitivamente domate, anzi a volte sembrano addirittura prevalere, come nei racconti di Pasqua che si risolvono con il timore delle donne e dei discepoli e non con la gioia della risurrezione. Ma contrariamente alle apparenze il seme gettato dal Figlio dell’uomo sulla terra “germoglia e cresce.” (cfr. 4,27) in modo sorprendente, a dispetto degli ostacoli incontrati lungo la storia.

Siamo a Gerusalemme, Gesù ha superato la prova dello scontro dialettico con i suoi oppositori, i quali come conseguenza hanno deciso di ucciderlo. Consapevole di ciò che lo attende, Gesù prima di affrontare la passione, sollecitato da alcune domande dei suoi discepoli, parla delle cose che dovranno accadere in futuro con le immagini apocalittiche dello sconvolgimento cosmico, prese in prestito dai profeti dell’antico testamento. Prima di questi eventi ci sarà la “tribolazione” dell’abominio della desolazione (v.14ss), cioè una specie di apostasia generale, causa di grandi sofferenze per la Chiesa e per tutta l’umanità, che tanto fa pensare ai tempi che stiamo vivendo. ‘Apostasia’ significa allontanarsi da Dio e dal Signore Gesù Cristo, pur continuando formalmente a professare la fede in lui e a celebrare i santi misteri, come se niente fosse. Con la parabola del fico Gesù ci invita a riconoscere i segni dei tempi: come la fioritura del fico annuncia la prossimità dell’estate, così le potenze del cielo scombinate dal loro ordine naturale, saranno il segno che la storia umana ha raggiunto il suo traguardo e che il Figlio dell’uomo “è vicino, è alle porte”, un titolo messianico usato soprattutto dal profeta Daniele per indicare la manifestazione del Messia alla fine dei tempi. Dopo la caduta di Gerusalemme per mano di Nabucodonosor e la deportazione del popolo d’Israele a Babilonia, il messianismo ebraico si evolve in senso escatologico e comincia ad immaginare il Messia non più come un grande re, simile a Davide, ma come il Figlio dell’uomo, figura messianica che si sarebbe manifestata alla fine della storia per rendere ragione delle promesse di Dio ad Israele. Tornando al discorso di Gesù, egli ci dice che per i discepoli del regno di Dio, la storia sarà una lotta e causa di tribolazioni, sofferenze e persecuzioni, tanto da sembrare sempre sul punto di soccombere, la venuta del Figlio dell’uomo segnerà però la fine di questa situazione, quando l’umanità riconoscerà il Signore Gesù come Salvatore e la sua Signoria universale. Il discorso culmina non tanto nella visione  del giudizio finale, ma in una consolante promessa per gli eletti, la loro riunione universale. Per ciascuno di noi la fine del mondo corrisponde immediatamente con la nostra morte, a cui si associa la fine di ogni tribolazioni, l’incontro con il Figlio dell’uomo e il raggiungimento della nostra consolante riunione di tutti gli eletti, cioè di coloro che sono stati fedeli fino alla fine. Sono aspetti della nostra fede che sembrano lontani dalla nostra quotidianità, ma che invece rappresentano il fondamento della nostra esperienza cristiana quotidiana. Il venire meno della Speranza nelle cose future, significa diventare schiavi del presente, delle sue ambiguità, delle sue contraddizioni e soprattutto del suo limite. L’incontro con il Signore Gesù nell’eucaristia rafforzi la nostra speranza.

Oggi si celebra in tutta la Chiesa la VIII GIORNATA MONDIALE DEI POVERI, istituita da Papa Francesco al termine del giubileo straordinario della Misericordia. Il Tema scelto per quest’anno è il seguente: “La preghiera del povero sale fino a Dio” (Siracide 21,5). Nel suo Messaggio il Santo Padre ci ricorda: “La Giornata Mondiale dei Poveri è diventata ormai un appuntamento per ogni comunità ecclesiale … È un’occasione propizia per realizzare iniziative che aiutano concretamente i poveri, e anche per riconoscere e dare sostegno ai tanti volontari che si dedicano con passione ai più bisognosi … I poveri hanno ancora molto da insegnare, perché in una cultura che ha messo al primo posto la ricchezza e spesso sacrifica la dignità delle persone sull’altare dei beni materiali, loro remano contro corrente evidenziando che l’essenziale per la vita è ben altro.”. I poveri ci ricordano la nostra povertà, unico vero punto di partenza per un autentico incontro con il Dio di Gesù Cristo. Buona Domenica!

 don Marco Belladelli.

 

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