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Hans Memling, Giudizio universale, 1467-73, Museo Nazionale di Danzica. |
XXXIII Domenica del Tempo Ordinario, “B”
GIORNATA MONDIALE DEI POVERI
Il Figlio dell'uomo radunerà i suoi eletti dai quattro venti.
Dal Vangelo secondo Marco (13, 24-32)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In quei
giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la
sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno
sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e
gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti,
dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo.
In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre». Parola del Signore.
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Nel brano di oggi, tratto
dal discorso escatologico al capitolo 13 di Marco, vengono evocati la fine del
mondo, il ritorno del Signore Gesù e la salvezza degli eletti, immagine con cui
si conclude il secondo vangelo. Abbiamo cominciato con la testimonianza del
Battista, che annunciava la venuta di “uno
che è più forte” di lui, e terminiamo con l’evento sfolgorante del Figlio dell’uomo
che verrà “sulle nubi con grande potenza e gloria” per radunare i suoi
eletti da un capo all’altro dell’universo. In mezzo ci sta il “vangelo
di Gesù Cristo, Figlio di Dio”, le cui “parole non passeranno”, per annunciare
all’uomo il suo destino di unico essere vivente creato per l’eternità, come ci
ricordava l’allora cardinal Ratzinger nell’omelia prima del conclave del 2005:
“L’unica cosa, che rimane in eterno, è l’anima umana, l’uomo creato da Dio
per l’eternità.”. Il racconto evangelico di san Marco si presenta come una
lotta continua per affermare la grazia della salvezza, dove le forze ostili non
sono mai definitivamente domate, anzi a volte sembrano addirittura prevalere,
come nei racconti di Pasqua che si risolvono con il timore delle donne e dei
discepoli e non con la gioia della risurrezione. Ma contrariamente alle
apparenze il seme gettato dal Figlio dell’uomo sulla terra “germoglia e cresce.” (cfr. 4,27) in modo sorprendente,
a dispetto degli ostacoli incontrati lungo la storia.
Siamo a Gerusalemme,
Gesù ha superato la prova dello scontro dialettico con i suoi oppositori, i
quali come conseguenza hanno deciso di ucciderlo. Consapevole di ciò che lo
attende, Gesù prima di affrontare la passione, sollecitato da alcune domande
dei suoi discepoli, parla delle cose che dovranno accadere in futuro con le
immagini apocalittiche dello sconvolgimento cosmico, prese in prestito dai
profeti dell’antico testamento. Prima di questi eventi ci sarà la “tribolazione”
dell’abominio della desolazione (v.14ss), cioè una specie di apostasia
generale, causa di grandi sofferenze per la Chiesa e per tutta l’umanità, che
tanto fa pensare ai tempi che stiamo vivendo. ‘Apostasia’ significa allontanarsi
da Dio e dal Signore Gesù Cristo, pur continuando formalmente a professare
la fede in lui e a celebrare i santi misteri, come se niente fosse. Con la parabola del fico
Gesù ci invita a riconoscere i segni dei tempi: come la fioritura del fico
annuncia la prossimità dell’estate, così le potenze del cielo scombinate dal loro
ordine naturale, saranno il segno che la storia umana ha raggiunto il suo
traguardo e che il Figlio dell’uomo “è vicino, è alle porte”, un titolo
messianico usato soprattutto dal profeta Daniele per indicare la manifestazione
del Messia alla fine dei tempi. Dopo la caduta di Gerusalemme per mano di
Nabucodonosor e la deportazione del popolo d’Israele a Babilonia, il
messianismo ebraico si evolve in senso escatologico e comincia ad immaginare il
Messia non più come un grande re, simile a Davide, ma come il Figlio dell’uomo,
figura messianica che si sarebbe manifestata alla fine della storia per rendere
ragione delle promesse di Dio ad Israele. Tornando al discorso di Gesù, egli ci
dice che per i discepoli del regno di Dio, la storia sarà una lotta e causa di
tribolazioni, sofferenze e persecuzioni, tanto da sembrare sempre sul punto di
soccombere, la venuta del Figlio dell’uomo segnerà però la fine di questa
situazione, quando l’umanità riconoscerà il Signore Gesù come Salvatore e la
sua Signoria universale. Il discorso culmina non tanto nella visione del giudizio finale, ma in una consolante
promessa per gli eletti, la loro riunione universale. Per ciascuno di noi la
fine del mondo corrisponde immediatamente con la nostra morte, a cui si associa
la fine di ogni tribolazioni, l’incontro con il Figlio dell’uomo e il
raggiungimento della nostra consolante riunione di tutti gli eletti, cioè di
coloro che sono stati fedeli fino alla fine. Sono aspetti della nostra fede che
sembrano lontani dalla nostra quotidianità, ma che invece rappresentano il
fondamento della nostra esperienza cristiana quotidiana. Il venire meno della
Speranza nelle cose future, significa diventare schiavi del presente, delle sue
ambiguità, delle sue contraddizioni e soprattutto del suo limite. L’incontro
con il Signore Gesù nell’eucaristia rafforzi la nostra speranza.
Oggi si
celebra in tutta la Chiesa la VIII GIORNATA MONDIALE DEI POVERI, istituita da
Papa Francesco al termine del giubileo
straordinario della Misericordia. Il Tema scelto per quest’anno è il
seguente: “La
preghiera del povero sale fino a Dio” (Siracide 21,5). Nel suo Messaggio il
Santo Padre ci ricorda: “La Giornata Mondiale dei Poveri è
diventata ormai un appuntamento per ogni comunità ecclesiale … È un’occasione
propizia per realizzare iniziative che aiutano concretamente i poveri, e anche
per riconoscere e dare sostegno ai tanti volontari che si dedicano con passione
ai più bisognosi … I poveri hanno ancora molto da insegnare, perché in una
cultura che ha messo al primo posto la ricchezza e spesso sacrifica la dignità
delle persone sull’altare dei beni materiali, loro remano contro corrente
evidenziando che l’essenziale per la vita è ben altro.”.
I poveri ci ricordano la nostra povertà, unico vero punto di partenza per un autentico
incontro con il Dio di Gesù Cristo. Buona Domenica!
don Marco Belladelli.
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