venerdì 22 novembre 2024

Il Vangelo della salute del 24/11/2024

Nikolay Nikolaevic Ge (1831-94) "Che cos'è la verità

XXXIV Domenica del tempo ordinario “B”

solennità di N. S. Gesù Cristo, Re dell’universo

Tu lo dici: io sono re.

Dal Vangelo secondo Giovanni (18, 33b-37)
In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?».

Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».
Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Parola del Signore 

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La 34° Domenica del tempo ordinario, ultima dell’anno liturgico, è dedicata alla solennità di Cristo Re dell’universo. Istituita nell’Anno Santo del 1925, nel pieno di uno straordinario fervore apostolico e missionario della Chiesa in tutto il mondo, la si celebrava all’ultima Domenica di Ottobre. La riforma del Concilio Vaticano II l’ha collocata al termine dell’anno liturgico per evidenziarne meglio i suoi significati teologico e pastorale. Nel Nuovo Testamento il Signore Gesù viene indicato con molti titoli, come per esempio Maestro, Buon Pastore, Figlio dell’uomo, Luce del mondo, e via dicendo. Quelli che meglio esprimono le dimensioni della sua missione salvifica sono: Profeta, Sacerdote e Re. Il primo fa riferimento al suo essere Verbo di Dio incarnato e autorevole annunciatore della Parola di Dio. Il secondo al suo essere mediatore tra Dio e gli uomini, per mezzo del sacrifico della croce, la Chiesa infatti offre il suo culto a Dio Padre per mezzo del Signore Gesù: “… per Cristo nostro Signore”. Il terzo titolo, quello di Re, oggi al centro della nostra celebrazione, fa riferimento al potere divino di cui è investito ed al modo efficace con cui lo ha esercitato e lo esercita per l’edificazione del regno di Dio e la realizzazione della salvezza per tutti gli uomini, secondo la volontà del Padre.

Nella storia d’Israele Davide è il re per antonomasia, scelto da Dio, in sostituzione di Saul, figura del futuro Messia e suo capostipite, governa in nome di Dio e lo rappresenta in mezzo al popolo. Gesù però non è venuto nel mondo per un regno umano, ma per inaugurare e istaurare il Regno di Dio, cioè un nuovo ordine delle cose, regolate non secondo la logica del dominio, ma della giustizia, dell’amore e della pace.  Nella festa di Cristo Re dell’universo la Chiesa celebra questa potestà del Signore Gesù sui singoli e sulla storia umana, chi lo accoglie è liberato da tutte le schiavitù che lo opprimono e partecipa con le sue azioni alla edificazione del Regno di Dio, che si risolverà nella salvezza universale. Tutte le volte che compiamo un gesto nel nome di Cristo, anche il più semplice, per imitazione o per una ispirazione più o meno consapevole alla sua persona e al Vangelo, si contribuisce all’edificazione del Regno di Dio, rendendo più vicina la rivelazione del Signore Gesù a tutti gli uomini. Di fronte allo scandalo rappresentato dalla croce di Gesù, alla marginalità culturale e sociale del Vangelo e alle difficoltà che ha incontrato e ancora incontra la Chiesa, dentro e fuori di sé nel suo cammino storico, c’è chi obietta che il Regno di Dio rimane una realtà utopistica e illusoria. E’ la stessa perplessità di Pilato, quando per ben due volte, sorpreso dal tipo di regalità sui generis affermata da Gesù in catene, non senza ironia e sufficienza gli chiede: “Dunque tu sei re?”. Siamo nel contesto della passione, dopo l’arresto e il processo notturno davanti al Sinedrio, Gesù è stato consegnato ai Romani, per la condanna a morte. Pilato, che conosce bene Gesù il fenomeno che lo circonda, pur non avendo riscontrato nulla di eversivo, è chiamato a pronunciare la sentenza. Giovanni ce li presenta nel pretorio, uno di fronte all’altro, in un faccia a faccia paradossale, dove ciò che appare è esattamente l’opposto della realtà. Il rappresentante del potere romano, la superpotenza del tempo, che deve decidere della vita o della morte del Signore dell’universo, davanti a lui incatenato come un malvivente qualsiasi. Il disagio di Pilato è ancora oggi evidente, l’accusa di lesa maestà non regge alla prova dei fatti. Il governatore ascolta Gesù che parla del suo regno non è di questo mondo: “Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità.”, e cioè all’unico Dio, che si afferma sulle potenze umane attraverso l’umile  testimonianza di Gesù, agnello immolato per noi. All’inizio del suo pontificato, Benedetto XVI ebbe a dire: “Quante volte noi desidereremmo che Dio si mostrasse più forte. Che Egli colpisse duramente, sconfiggesse il male e creasse un mondo migliore. Tutte le ideologie del potere si giustificano così, giustificano la distruzione di ciò che si opporrebbe al progresso e alla liberazione dell’umanità. Noi soffriamo per la pazienza di Dio. E nondimeno abbiamo tutti bisogno della sua pazienza. Il Dio, che è divenuto agnello, ci dice che il mondo viene salvato dal Crocifisso e non dai crocifissori. Il mondo è redento dalla pazienza di Dio e distrutto dall’impazienza degli uomini.” . Gesù conclude dicendo a Pilato: “Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce”. Oggi siamo noi di fronte al Signore, non per decidere della sua vita o della sua morte, ma per sottometterci alla sua divina regalità. Il regno di Dio e la nostra salvezza dipendono infatti dalle scelte che facciamo ogni giorno nel segno della Bontà e della Verità di Dio. Buona Domenica!

don Marco Belladelli.

 

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