Nikolay Nikolaevic Ge (1831-94) "Che cos'è la verità" |
XXXIV Domenica del tempo ordinario “B”
solennità di N. S. Gesù Cristo, Re dell’universo
Tu
lo dici: io sono re.
Dal Vangelo secondo Giovanni (18, 33b-37)
In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei
Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di
me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti
ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?».
Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Parola del Signore
-------------------------------------------------------
La 34° Domenica del tempo ordinario, ultima
dell’anno liturgico, è dedicata alla solennità di Cristo Re dell’universo. Istituita nell’Anno Santo del 1925, nel
pieno di uno straordinario fervore apostolico e missionario della Chiesa in
tutto il mondo, la si celebrava all’ultima Domenica di Ottobre. La riforma del
Concilio Vaticano II l’ha collocata al termine dell’anno liturgico per
evidenziarne meglio i suoi significati teologico e pastorale. Nel Nuovo
Testamento il Signore Gesù viene indicato con molti titoli, come per esempio Maestro, Buon Pastore, Figlio dell’uomo,
Luce del mondo, e via dicendo. Quelli che meglio esprimono le dimensioni
della sua missione salvifica sono: Profeta,
Sacerdote e Re. Il primo fa
riferimento al suo essere Verbo di Dio incarnato e autorevole annunciatore
della Parola di Dio. Il secondo al suo essere mediatore tra Dio e gli uomini,
per mezzo del sacrifico della croce, la Chiesa infatti offre il suo culto a Dio
Padre per mezzo del Signore Gesù: “… per
Cristo nostro Signore”. Il terzo titolo, quello di Re, oggi al centro della nostra celebrazione, fa riferimento al
potere divino di cui è investito ed al modo efficace con cui lo ha esercitato e
lo esercita per l’edificazione del regno
di Dio e la realizzazione della salvezza per tutti gli uomini, secondo la
volontà del Padre.
Nella storia d’Israele Davide è il re per
antonomasia, scelto da Dio, in sostituzione di Saul, figura del futuro Messia e
suo capostipite, governa in nome di Dio e lo rappresenta in mezzo al popolo.
Gesù però non è venuto nel mondo per un regno umano, ma per inaugurare e
istaurare il Regno di Dio, cioè un nuovo ordine delle cose, regolate non
secondo la logica del dominio, ma della giustizia, dell’amore e della pace. Nella festa di Cristo Re dell’universo la
Chiesa celebra questa potestà del Signore Gesù sui singoli e sulla storia umana,
chi lo accoglie è liberato da tutte le schiavitù che lo opprimono e partecipa
con le sue azioni alla edificazione del Regno di Dio, che si risolverà nella
salvezza universale. Tutte le volte che compiamo un gesto nel nome di Cristo,
anche il più semplice, per imitazione o per una ispirazione più o meno
consapevole alla sua persona e al Vangelo, si contribuisce all’edificazione del
Regno di Dio, rendendo più vicina la rivelazione del Signore Gesù a tutti gli
uomini. Di fronte allo scandalo rappresentato dalla croce di Gesù, alla marginalità
culturale e sociale del Vangelo e alle difficoltà che ha incontrato e ancora
incontra la Chiesa, dentro e fuori di sé nel suo cammino storico, c’è chi
obietta che il Regno di Dio rimane una realtà utopistica e illusoria. E’ la
stessa perplessità di Pilato, quando per ben due volte, sorpreso dal tipo di
regalità sui generis affermata da Gesù in catene, non senza ironia e
sufficienza gli chiede: “Dunque tu sei re?”. Siamo nel contesto
della passione, dopo l’arresto e il processo notturno davanti al Sinedrio, Gesù
è stato consegnato ai Romani, per la condanna a morte. Pilato, che conosce bene
Gesù il fenomeno che lo circonda,
pur non avendo riscontrato nulla di eversivo, è chiamato a pronunciare la sentenza.
Giovanni ce li presenta nel pretorio, uno di fronte all’altro, in un faccia a
faccia paradossale, dove ciò che appare è esattamente l’opposto della realtà. Il
rappresentante del potere romano, la superpotenza del tempo, che deve decidere
della vita o della morte del Signore dell’universo, davanti a lui incatenato
come un malvivente qualsiasi. Il disagio di Pilato è ancora oggi evidente, l’accusa
di lesa maestà non regge alla prova dei fatti. Il governatore ascolta Gesù che
parla del suo regno non è di questo mondo: “Per
questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza
alla verità.”, e cioè all’unico Dio, che si afferma sulle potenze umane attraverso
l’umile testimonianza di Gesù, agnello
immolato per noi. All’inizio del suo pontificato, Benedetto XVI ebbe a dire: “Quante
volte noi desidereremmo che Dio si mostrasse più forte. Che Egli colpisse
duramente, sconfiggesse il male e creasse un mondo migliore. Tutte le ideologie
del potere si giustificano così, giustificano la distruzione di ciò che si
opporrebbe al progresso e alla liberazione dell’umanità. Noi soffriamo per la
pazienza di Dio. E nondimeno abbiamo tutti bisogno della sua pazienza. Il Dio,
che è divenuto agnello, ci dice che il mondo viene salvato dal Crocifisso e non
dai crocifissori. Il mondo è redento dalla pazienza di Dio e distrutto
dall’impazienza degli uomini.” . Gesù conclude dicendo a Pilato: “Chiunque
è dalla verità, ascolta la mia voce”. Oggi siamo noi di fronte al
Signore, non per decidere della sua vita o della sua morte, ma per
sottometterci alla sua divina regalità. Il regno
di Dio e la nostra salvezza dipendono infatti dalle scelte che facciamo
ogni giorno nel segno della Bontà e della Verità di Dio. Buona Domenica!
don
Marco Belladelli.
Nessun commento:
Posta un commento