Salvador Dalì, Cristo di San Giovanni della Croce, 1951, Glasgow, Scozia. |
XIX Domenica del Tempo Ordinario, “B”.
Io
sono il pane vivo, disceso dal cielo.
Dal Vangelo secondo Giovanni (6, 41-51)
In quel tempo, i Giudei si
misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal
cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non
conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal
cielo”?».
Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Parola del Signore.
------------------------------------------------
La
parte del ‘discorso del pane
di vita’ che oggi ascoltiamo è
un’inclusione tra due affermazioni di Gesù molto simili, entro la quale si sviluppa
la rivelazione della sua identità e missione, con al centro il mistero
dell’Eucaristia. La prima è quella del v.35: “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in
me non avrà sete, mai!”, con cui si è concluso il brano liturgico di
Domenica scorsa, e l’altra è quella del v.51: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane
vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”
che chiude il brano di oggi, nella quale con il riferimento esplicito alla “mia carne” si evoca il sacrifico della
croce e la perenne offerta del Signore Gesù al Padre “per la vita del mondo”, cioè per la sua salvezza.
La
liturgia però comincia dalle obiezioni dei Giudei che contestano Gesù, perché
afferma di essere disceso dal cielo. I loro argomenti, considerati da Gesù delle
‘mormorazioni’, sono di natura
personale: chi si crede di essere costui?, e sono molto simili a quelli usati dagli
abitanti di Nazareth contro di lui nell’episodio che abbiamo commentato poco
più di un mese fa (cfr. Mc 6,2-3 - XIV Domenica del T.O.).
I
suoi interlocutori non sono più disposti ad ascoltarlo e le loro mormorazione
metto in luce la loro incredulità, soprattutto riguardo alla sua origine divina.
Gesù risponde che per la fede c’è una sola via ed è quella di essere ‘attratti’ da Dio e di ‘lasciarsi
ammaestrare’ da lui. Questo
significa che l’esperienza della fede è sempre preceduta dall’impulso della
grazia divina, che non si presenta come una costrizione, ma come un aiuto alla
libertà umana. La citazione di Isaia: “E tutti saranno istruiti da Dio” (Is. 54,13),
ci fa capire che per superare le difficoltà sorte di fronte alla rivelazione
del Figlio di Dio, dobbiamo lasciar perdere i nostri criteri di valutazione e
giudizi umani, per lasciarci illuminare dalla Parola di Dio, perché soltanto attraverso
di essa ‘ascoltiamo Dio Padre e impariamo da lui’. Come Adamo ed Eva sentivano i passi di Dio nel giardino
dell’Eden (Gen 3,8) e vivevano in piena comunione con lui, attraverso la Parola
accogliamo Gesù come “colui che è disceso
dal cielo” (v. 38) e ritroviamo quella stessa presenza divina, paterna e
provvidente (v.45) che ci accompagna nella nostra vita quotidiana. La fede è
ciò che ti fa vedere i segni di Dio, ti apre alla loro vera comprensione e ti
guida a “tutta la verità” (Gv 16,13),
realtà sempre nuova e straordinariamente sorprendente, nella quale Dio si
concede a noi, senza che ci sentiamo degli estranei, né dei privilegiati e
tanto meno delle persone fuori dal mondo. L’incontro con Gesù, “colui
che viene da Dio” (v. 46), attraverso la fede, è la via che ci
conduce a Dio, perché il Figlio è l’unico mediatore tra Dio e gli uomini.
Dopo
aver indicato come superare le obiezioni dei Giudei, Gesù riprende a parlare del segno del pane. Pur ripetendo
quanto aveva già detto sopra (vv. 31-35), introduce un argomento nuovo nel
confronto con il miracolo della manna, che ha accompagnato gli Ebrei nella loro
permanenza di quarant’anni nel deserto. Nonostante la sua straordinarietà, la manna rimane un nutrimento terreno e coloro
che ne mangiarono sono morti, mentre chi mangia il pane del cielo vive in
eterno. Ora Gesù per ben due volte si identifica con “il pane della vita” (vv. 48; 51), ma in quest’ultimo verso
introduce un elemento di novità, facendo riferimento alla sua carne: “Io
sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in
eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”.
Legando il pane alla sua carne evoca il suo sacrificio sulla croce e coloro che
mangeranno questo ‘pane/carne’ nel
banchetto eucaristico avranno la vita eterna, che sarà non soltanto per loro,
ma per il mondo intero.
Tutti
noi conosciamo l’importanza del cibo materiale, ma siamo altrettanto
consapevoli che: “Non di solo pane vive l'uomo”
(cfr. Mt 4,4). Se siamo convinti che la vita è dono di Dio, che da Lui veniamo
e a Lui torniamo, non possiamo fare a meno di questo ‘pane vivo disceso dal
cielo’ per nutrire la nostra
anima, unica realtà divina ed eterna della nostra persona. Non si tratta
di fuggire da questo mondo per pensare soltanto all’eternità, ma di dare
priorità a ciò che è più importante, rispetto a ciò che è secondario. Quando
Gesù dice che ha offerto se stesso (la
sua carne) per la vita del mondo, vuol dire che sull’esempio del profeta
Elia (cfr. 1RE 19,8) con la forza di questo cibo cammineremo in questo mondo
per cambiarlo ad immagine e somiglianza del regno di Dio descritto nel Vangelo,
fino al raggiungimento dell’eternità. L’Eucaristia è la nostra vita, la nostra
carità, la nostra Speranza, la nostra misericordia, la nostra eternità.
Buona Domenica!
don Marco Belladelli.
Don Marco, è sempre con immenso piacere leggere le Sante parole che scrive. GRAZZZIE e buonissima Santa Domenica .
RispondiElimina