Giovanni Lanfranco, Moltiplicazione dei pani e dei pesci, 1624-25, Dublino (Irlanda). |
XVII Domenica del Tempo Ordinario, “B”.
Distribuì a quelli che erano seduti quanto ne volevano.
Dal Vangelo secondo Giovanni (6, 1-15)
In quel tempo, Gesù passò
all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande
folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e
là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei
Giudei.
Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse
a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?».
Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per
compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti
neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo».
Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano.
E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.
Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo. Parola del Signore.
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Lasciamo per alcune Domeniche il vangelo di
Marco per quello di Giovanni, di cui verranno proclamati alcuni brani tratti
dal capitolo 6 che inizia con il racconto della moltiplicazione dei pani e dei
pesci e continua con il discorso sul “Pane
di vita” tenuto da Gesù nella
sinagoga di Cafarnao. Il contesto ambientale è molto simile a quello evocato da
Marco la scorsa domenica, cioè con “una grande folla” che “veniva
da lui” da ogni parte, anche fuori dai confini della Palestina, e lo
inseguiva da una sponda all’altra del lago di Tiberiade per ascoltarlo e per
esser guarita e che non immagina neppure lontanamente di poter essere anche sfamata.
Nel racconto della moltiplicazione dei pani dei pesci Giovanni evidenzia due
particolari importanti che illuminano tutto l’episodio, prima di tutto l’indicazione
temporale: “Era vicina la Pasqua, la
festa dei Giudei”, e poi la nota sulla determinazione di Gesù, che “sapeva
bene quello che stava per fare”, sottolineature che evocano il
contesto dell’ultima cena, quando con la stessa consapevolezza Gesù dona se
stesso al Padre nel sacrificio della croce per la salvezza del mondo: “Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo
che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i
suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine.” (Gv 13,1), gesto
significato e anticipato nell’istituzione dell’Eucaristia.
Dopo aver provocato i discepoli su come dare da
mangiare a tanta gente, Gesù prende l’iniziativa e, fatta la preghiera di ringraziamento
a Dio, cominciò a distribuire pani e pesci in gran quantità ai cinquemila e più
presenti: “finché ne vollero”, tanto che alla fine furono riempiti dodici
canestri “con i pezzi avanzati”. Lo straordinario prodigio risveglia nei
presenti le speranze messianiche, mai sopite nel cuore del popolo d’Israele, e
Gesù, intuendo le loro intenzioni di farlo re, si sottrae in solitudine su un
non meglio precisato monte.
La moltitudine di uomini e donne seduti
sull’erba e abbondantemente saziati, evoca una condizione di beatitudine
paradisiaca, nella quale Dio provvedeva a tutte le necessità dell’uomo. Dopo il
peccato originale, l’uomo è stato condannato alla fatica del procurarsi il cibo
quotidiano e all’umiliazione della morte (cfr. Gen 3,17-19) e soltanto Dio
poteva risollevarlo da queste condizioni miserevoli. Gesù, dopo aver mostrato
in più occasione di potersi prendere cura di tutte le infermità dell’uomo, ora
si rivela capace anche di provvedere alla necessità materiali, come il pane
quotidiano.
Quando Dio creò l’universo, sapeva bene ciò che
stava per fare e si compiacque della sua opera come di una “cosa molto buona.” (Gen 1,31). Anche Gesù sa molto bene perché si
è fatto uomo e che cosa è venuto a fare sulla terra, non è un caso infatti che
questo segno avvenga in prossimità della Pasqua. La moltiplicazione dei pani e
dei pesci rivela la sua messianicità e la volontà di Dio di salvare l’uomo e il
mondo attraverso la passione, morte e risurrezione di Gesù, nella quale, oltre alla
provvidente bontà di Dio, che già abbiamo sperimentato nell’atto creativo,
riconosciamo l’incommensurabile dimensione della misericordia divina, che viene
in soccorso a tutte le nostre debolezze e fragilità. Misericordia e Provvidenza
sono inseparabili e vengono a noi insieme, la Provvidenza divina ci ha messo a
disposizione una tale abbondanza di risorse, di cui nella stragrande
maggioranza dei casi non conosciamo ancora le dimensioni e le potenzialità,
perché nessuno sia nel bisogno. Così ci affanniamo ad accumulare beni e
ricchezze, incuranti degli squilibri, delle disuguaglianze e delle ingiustizie
che causiamo. Il tanto benessere di questi ultimi tempi ci ha resi ancora più
egoisti, fino a sentirci minacciati dal pericolo di perdere improvvisamente
tutto e di ritrovarci nella miseria più nera e la recente pandemia ha
accentuato gli egoismi.
La divina Provvidenza ci indica esattamente la
direzione opposta: soltanto nella generosità e nel soccorso agli ultimi si crea
nuova e abbondante ricchezza per tutti. Ma per realizzare questo equilibrio
paradisiaco è necessario un cuore pieno di misericordia, come quello che ci
dona Gesù ogni volta che ci accostiamo all’Eucaristia, segno sacramentale annunciato
nel prodigio della moltiplicazione, e mistero da cui ha origine la stessa
Chiesa, chiamata oggi ad imitare il Maestro nello sfamare l’uomo di oggi e il
mondo intero.
Buona Domenica!
don Marco Belladelli.
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