Nazareth oggi, basilica dell'Annunciazione |
XIV Domenica del Tempo Ordinario, “B”.
Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria.
Dal Vangelo secondo Marco (6, 1-6)
In quel tempo, Gesù venne nella sua
patria e i suoi discepoli lo seguirono.
Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando,
rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza
è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani?
Non è costui il falegname, il figlio di
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.
Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando. Parola del Signore.
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Dopo
la fede della Emorroissa e di Giàiro, oggi ci confrontiamo con il rifiuto di
Gesù a Nazaret, da parte dei suoi compaesani. Egli torna nella sua città di origine
e di sabato va in sinagoga, come aveva già fatto a Cafarnao. Anche se Marco non
lo dice esplicitamente, siamo a Nazaret, la località dove Gesù ha vissuto dopo
il ritorno dall’Egitto fino a prima di iniziare il suo ministero pubblico (cfr.
Mc 1,9). La sua fama di “Maestro” è giunta anche lì, in
molti vanno ad ascoltare il suo insegnamento in sinagoga e restano sorpresi, uno
stupore che invece di aprirsi alla fede, porta allo scandalo, cioè rafforza le
ragioni del dubbio e del rifiuto. Conoscendo bene la storia di Gesù, le tappe
della sua crescita umana e il suo percorso formativo i suoi concittadini non si
capacitano come possa aver maturato tanta sapienza e potenza da compiere segni tanto
prodigiosi, e si rifiutano di riconoscere il suo mandato divino.
La
familiarità e l’assidua frequentazione spesso ci rendono incapaci di cogliere il
vero valore di chi ci vive accanto. Negli ambienti chiusi agli scambi umani e
culturali è facile trovare rigidità, scontrarsi con atteggiamenti di rifiuto e
preclusione verso chicchessia, dove i rapporti sono pesantemente condizionati
dal pregiudizio, una miopia che alla fine si risolve nel disprezzo del nuovo e
del diverso.
La
chiusura non è semplicemente di tipo psico-sociologico, ma religioso e
contrariamente dalla “fede che salva”
di Giàiro e dell’Emoroissa (cfr. cap. 5), i Nazaretani non riconoscono a Gesù nessun
particolare dimensione divina. Gesù stesso si meraviglia della loro incredulità
e qualifica il loro comportamento come “disprezzo per un profeta”,
e quindi disprezzo di Dio, che lo ha inviato. Gesù non è preoccupato delle
conseguenze per la sua persona o per il suo ministero, ma di Colui che lo ha
mandato (cfr. Lc 10,16), perché si tratta di un vero e proprio rifiuto di Dio e
della sua opera di salvezza, che impedisce a Gesù di “compiere
prodigi”
(v. 5), fatta eccezione per qualche guarigione.
Una
reazione, quella di Gesù, che ci deve far pensare se e in quali situazioni
questo disprezzo di Dio e della sua opera di salvezza ci può in qualche modo riguardare.
Nel suo racconto Marco mette in evidenza che, nonostante lo smacco, Gesù “andava
attorno per i villaggi, insegnando”. Pur riportando poco o nulla del
contenuto dei vari discorsi di Gesù, anzi per l’abbondanza di particolari che
riferisce, l’Evangelista si dimostra più interessato alla sua opera
taumaturgica, possiamo con certezza affermare che l’insegnamento è la
principale attività di Gesù e anche la fonte primaria di quella fede,
condizione necessaria per sperimentare la sua potenza salvifica. La folla non è
attratta dal suo parlare suadente proprio di un affabulatore, o per
l’argomentare suggestivo e rigoroso, tipico dei maestri della Legge, ma
dall’autorità del suo insegnamento, diverso da quello degli scribi e dei
farisei (cfr. Mc 1,22) e dalla ‘potenza’
della sua “Parola”, all’origine di numerosi prodigi e capace di aprire i cuori.
Soltanto dopo un tale “ascolto” ci si rende conto che a Gesù si può chiedere
qualsiasi cosa, anche quelle impossibili. La Parola di Gesù è Parola di Dio,
Parola di vita, piena della potenza creatrice di Dio e della forza
purificatrice e risanatrice dello Spirito Santo. Non ascoltare Gesù e non
accogliere dentro di sé la sua Parola, oltre ad essere il segno di una durezza
di cuore preoccupante, è rifiuto della sua missione divina e della sua opera di
salvezza. L’annuncio del Vangelo, quando è veramente tale, ha la capacità di
farci riconoscere la voce di Dio, distinguendola da tutte le altri voci che
ascoltiamo, fino al punto da sentirci attratti da questa voce, perché voce del
nostro Creatore e Salvatore. Un dialogo che si sviluppa nell’ambito intimo della
coscienza, dove avviene l’incontro tra l’uomo e Dio e si manifesta come un
desiderio profondo, una nostalgia antica, come dice S. Agostino, “Il nostro
cuore è inquieto, finché non riposa in te”. Guai a noi se per qualsiasi
ragione al mondo perdessimo questa capacità di riconoscere, distinguere e di
lasciarci attrarre dalla Parola di Dio, come è capitato agli abitanti di
Nazaret e a tutti coloro che nei duemila anni di cristianesimo hanno rifiutato
Gesù e la sua missione.
Buona Domenica!
don
Marco Belladelli.
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