venerdì 5 luglio 2024

Il Vangelo della salute del 07/07/2024

Nazareth oggi, basilica dell'Annunciazione

XIV Domenica del Tempo Ordinario, “B”.

Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria.

Dal Vangelo secondo Marco (6, 1-6)

In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.
Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di

Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.
Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando. Parola del Signore.

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Dopo la fede della Emorroissa e di Giàiro, oggi ci confrontiamo con il rifiuto di Gesù a Nazaret, da parte dei suoi compaesani. Egli torna nella sua città di origine e di sabato va in sinagoga, come aveva già fatto a Cafarnao. Anche se Marco non lo dice esplicitamente, siamo a Nazaret, la località dove Gesù ha vissuto dopo il ritorno dall’Egitto fino a prima di iniziare il suo ministero pubblico (cfr. Mc 1,9). La sua fama di “Maestro” è giunta anche lì, in molti vanno ad ascoltare il suo insegnamento in sinagoga e restano sorpresi, uno stupore che invece di aprirsi alla fede, porta allo scandalo, cioè rafforza le ragioni del dubbio e del rifiuto. Conoscendo bene la storia di Gesù, le tappe della sua crescita umana e il suo percorso formativo i suoi concittadini non si capacitano come possa aver maturato tanta sapienza e potenza da compiere segni tanto prodigiosi, e si rifiutano di riconoscere il suo mandato divino.

La familiarità e l’assidua frequentazione spesso ci rendono incapaci di cogliere il vero valore di chi ci vive accanto. Negli ambienti chiusi agli scambi umani e culturali è facile trovare rigidità, scontrarsi con atteggiamenti di rifiuto e preclusione verso chicchessia, dove i rapporti sono pesantemente condizionati dal pregiudizio, una miopia che alla fine si risolve nel disprezzo del nuovo e del diverso.

La chiusura non è semplicemente di tipo psico-sociologico, ma religioso e contrariamente dalla “fede che salva” di Giàiro e dell’Emoroissa (cfr. cap. 5), i Nazaretani non riconoscono a Gesù nessun particolare dimensione divina. Gesù stesso si meraviglia della loro incredulità e qualifica il loro comportamento come “disprezzo per un profeta”, e quindi disprezzo di Dio, che lo ha inviato. Gesù non è preoccupato delle conseguenze per la sua persona o per il suo ministero, ma di Colui che lo ha mandato (cfr. Lc 10,16), perché si tratta di un vero e proprio rifiuto di Dio e della sua opera di salvezza, che impedisce a Gesù di “compiere prodigi” (v. 5), fatta eccezione per qualche guarigione.

Una reazione, quella di Gesù, che ci deve far pensare se e in quali situazioni questo disprezzo di Dio e della sua opera di salvezza ci può in qualche modo riguardare. Nel suo racconto Marco mette in evidenza che, nonostante lo smacco, Gesù “andava attorno per i villaggi, insegnando”. Pur riportando poco o nulla del contenuto dei vari discorsi di Gesù, anzi per l’abbondanza di particolari che riferisce, l’Evangelista si dimostra più interessato alla sua opera taumaturgica, possiamo con certezza affermare che l’insegnamento è la principale attività di Gesù e anche la fonte primaria di quella fede, condizione necessaria per sperimentare la sua potenza salvifica. La folla non è attratta dal suo parlare suadente proprio di un affabulatore, o per l’argomentare suggestivo e rigoroso, tipico dei maestri della Legge, ma dall’autorità del suo insegnamento, diverso da quello degli scribi e dei farisei (cfr. Mc 1,22) e dalla ‘potenza’ della sua “Parola”, all’origine di numerosi prodigi e capace di aprire i cuori. Soltanto dopo un tale “ascolto” ci si rende conto che a Gesù si può chiedere qualsiasi cosa, anche quelle impossibili. La Parola di Gesù è Parola di Dio, Parola di vita, piena della potenza creatrice di Dio e della forza purificatrice e risanatrice dello Spirito Santo. Non ascoltare Gesù e non accogliere dentro di sé la sua Parola, oltre ad essere il segno di una durezza di cuore preoccupante, è rifiuto della sua missione divina e della sua opera di salvezza. L’annuncio del Vangelo, quando è veramente tale, ha la capacità di farci riconoscere la voce di Dio, distinguendola da tutte le altri voci che ascoltiamo, fino al punto da sentirci attratti da questa voce, perché voce del nostro Creatore e Salvatore. Un dialogo che si sviluppa nell’ambito intimo della coscienza, dove avviene l’incontro tra l’uomo e Dio e si manifesta come un desiderio profondo, una nostalgia antica, come dice S. Agostino, “Il nostro cuore è inquieto, finché non riposa in te”. Guai a noi se per qualsiasi ragione al mondo perdessimo questa capacità di riconoscere, distinguere e di lasciarci attrarre dalla Parola di Dio, come è capitato agli abitanti di Nazaret e a tutti coloro che nei duemila anni di cristianesimo hanno rifiutato Gesù e la sua missione.

Buona Domenica!

 don Marco Belladelli.

 

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