GEORG PENCZ (WESTHEIM, - KÖNIGSBERG O LIPSIA, 1550) - Collezione privata. |
XXVI Domenica del Tempo Ordinario,
“A”.
DAL VANGELO SECONDO MATTEO
(21, 28-32).
In
quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve
ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi
va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si
pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì,
signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?».
Risposero: «Il primo».
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Gesù è arrivato a
Gerusalemme e predica nel tempio, dove lo scontro con il giudaismo
raggiungerà il suo apice determinando la decisione di metterlo a morte con la
complicità di Giuda(cfr. Mt 26,3-4). La parabola dei due figli è uno dei
passaggi più aspri di questa polemica. Gesù si rivolge direttamente ai “capi dei sacerdoti e gli
anziani del popolo”, che lo ascoltano con diffidenza e irritazione, per esplicitare
le ragioni del conflitto.
Il racconto in sé, è molto
semplice. Ovvia è pure la risposta degli interlocutori al quesito finale: “Chi dei due ha compiuto la volontà del padre? Risposero: «Il
primo»”. Del
tutto imprevedibile è invece l’applicazione provocatoria di Gesù, che accusa
apertamente i capi del popolo di essersi comportati come il secondo figlio,
cioè, chiusi nella loro formale
correttezza religiosa, di non essersi convertiti e di non aver creduto e
accolto il regno dei cieli. A mo’ di sfida, Gesù replica alla loro risposta mettendoli
a confronto con i pubblicani e le prostitute, che “vi passano avanti nel regno di Dio”, gruppi sociali quanto
mai detestati dai suoi interlocutori. Agli occhi di chi si riteneva
presuntuosamente inappuntabile nella scrupolosa osservanza della Legge, questo
accostamento deve essere parso un affronto intollerabile. I pubblicani e le
prostitute invece hanno fatto come il primo figlio quando hanno creduto al
Battista, pentendosi dei loro peccati e disponendosi così ad accogliere
l’annuncio del regno di Dio.
Fin dal ‘Discorso della montagna’ (cfr. Mt 5-7),
quando Gesù, a cominciare dalle ‘Beatitudine’
e continuando con le cinque antitesi: “Avete inteso
che fu detto agli antichi: ... Ma io vi
dico”
(5,21-22; 5,27-28; 5,33-34; 5,38-39; 5,43-44), annuncia con semplicità e
chiarezza la straordinaria novità del ‘Regno
dei cieli’, le folle di Palestina avevano capito molto bene di trovarsi davanti
ad un insegnamento del tutto diverso da quello degli scribi (cfr. Mt 7,29), e
che per accoglierlo era necessario un radicale cambiamento e una profonda
conversione del cuore, per disporsi a vivere realmente secondo la volontà di
Dio, mettendo fine a tutti quei formalismi, utili soltanto a svuotare la religione del suo
senso e della sua sostanza: “Non chiunque mi dice: "Signore, Signore",
entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei
cieli”
(Mt 7,21).
I “capi dei sacerdoti e gli
anziani del popolo”, sentendosi direttamente chiamati in causa da Gesù,
invece di accettare il disegno di Dio
che in lui si è manifestato, si sono sempre più irrigiditi sulle loro posizioni
fino a decidersi per la sua morte, come avverrà dopo queste ultime polemiche a
Gerusalemme. Il messaggio della nostra parabola evidenzia che la vera
ubbidienza a Dio non consiste nel rispondere a tono a quello che ci è chiesto, ma
nel “compiere la volontà del padre”.
Non si può eludere la volontà divina col pretesto della fedeltà ad una serie di
norme, per sottrarsi hic et nunc, qui
ed ora, ad una risposta personale al Dio vivo e vero, che per amore nostro,
come abbiamo ascoltato nella 2° lettura: “svuotò se stesso assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini … facendosi obbediente fino alla morte e a una
morte di croce. Per questo Dio lo esaltò, … perché ogni lingua proclami: «Gesù
Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.” (Fil 2,7-11). Dalle parole
con cui Gesù conclude la sua riflessione sulla parabola: “Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi
siete nemmeno pentiti così da credergli”, si capisce che la causa della non obbedienza
dei “capi dei sacerdoti e gli
anziani del popolo” è la loro incredulità. Il credere in Gesù è il
presupposto fondamentale per la vera obbedienza a Dio e alla sua volontà: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”.
Oggi siamo noi, Chiesa del terzo millennio, a doverci confrontare con
questo duro monito di Gesù. Siamo noi concretamente a correre il rischio di
cadere nello stesso errore dei Giudei di duemila anni fa. Proviamo allora a
chiederci: chi sono i pubblicani e le prostitute di oggi che ci passano avanti,
perché pronti ad accogliere il regno dei cieli e a fare propria la sua logica?
Chi sono quelli che oggi alla predicazione del Battista di turno si convertono?
Chi sono invece quelli che formalmente dicono di credere a Gesù, mentre la loro
vita è una palese contro testimonianza, dove il rapporto con il Signore Gesù è
svuotato di ogni senso?
Mi spiego con un esempio. Da oltre quarant’anni Medjugorie è luogo di
conversione di molte persone che per alcuni versi potremmo considerare i
pubblicani e le prostitute dei nostri giorni. Eppure ci sono ancora tanti
cristiani, tra cui anche molti preti e Vescovi, che continuano a denigrare
quella realtà (la Madonna chiacchierona!) e a scoraggiare chi desidera fare questa
esperienza. Ho sentito addirittura un Vescovo dire: “Quelli che vanno a
Medjugorie sono tutti matti!”. Si riferiva al fatto che molti di coloro che
tornano convertiti, dovendo poi fare i conti con la loro vita precedente, faticano
ad intraprendere un cammino di coerenza cristiana. Invece di ringraziare il
Signore per aver toccato i loro cuori e di mettersi a loro disposizione per una
guida e un orientamento spirituale, meglio liquidare la questione
pilatescamente con un: “Sono tutti matti!”.
La condanna di Gesù per i
capi del popolo d’Israele è quindi ancora pienamente attuale per chiunque oggi
dentro e fuori la Chiesa rinneghi volontariamente l’opera che Dio sta compiendo
e si rifiuti di credere e di pentirsi per non mettersi al suo servizio: “Voi, al contrario, avete
visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli”.
Buona Domenica!
don Marco Belladelli.
Mi fa piacere quando il vangello scritto 2000 anno fa, diventa attuale attraverso chi il popolo versa il suo sguardo! Così facendo si dà coraggio alla moltitudine di affrontare il cammino difficile in cui si trova oggi la gente! Grazie don Marco.
RispondiEliminacome sempre le tue parole sono chiare forti e illuminanti, quando ti leggo mi sembra di ritrovarmi nella 'Stallina', un caro abbraccio di cuore
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