Raffaello Sanzio, disputa sul Sacramento, 1508, Città del Vaticano. |
Solennità del Santissimo Corpo e Sangue
di N. S. Gesù Cristo “A”.
La
mia carne è vero cibo, e il mio sangue vera bevanda.
DAL VANGELO SECONDO GIOVANNI (6, 51-58)
In
quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in
eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui
darci la sua carne da mangiare?».
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». Parola del Signore.
La festa del Corpus Domini fu istituita da Papa Urbano IV nell’anno successivo al
famoso miracolo di Bolsena del 1263, quando un prete boemo che non credeva alla
presenza reale di Cristo nell’Eucaristia, al momento della fractio panis si è trovato tra le mani l’ostia consacrata
sanguinante. Colei che più di ogni altro s’impegnò per l’istituzione di questa
festa fu santa Giuliana di Liegi con le sue esperienze mistiche. A sedici anni
la Santa ebbe una prima visione, che poi si ripeté più volte nelle sue
adorazioni eucaristiche. La visione presentava la luna nel suo pieno splendore,
con una striscia scura che la attraversava diametralmente. Il Signore le fece
comprendere il significato di ciò che le era apparso. La luna simboleggiava la
vita della Chiesa sulla terra, la linea opaca rappresentava invece l’assenza di
una festa liturgica, per l’istituzione della quale era chiesto a Giuliana di
adoperarsi in modo efficace: una festa, cioè, nella quale i credenti avrebbero
potuto adorare l’Eucaristia per aumentare la fede, avanzare nella pratica delle
virtù e riparare le offese al Santissimo Sacramento. Possiamo ben dire che la
festa del Corpus Domini è stata voluta direttamente dal Signore Gesù, perché
tutti gli uomini, e non soltanto i credenti, sperimentassero sempre più la
grazia della sua viva presenza accanto a ciascuno di noi, in ogni istante della
vita e in ogni luogo in cui ci troviamo. Con il suo amore misericordioso e per
la sua viva presenza nei segni sacramentali, il Signore Gesù trasforma i cuori
e le menti più di quanto noi liberamente ci concediamo al Signore con la nostra
intelligenza, la nostra volontà e la nostra devozione.
Nel Vangelo viene riportata l’ultima parte del ‘discorso del Pane di vita’, tenuto da Gesù nella sinagoga di Cafarnao dopo la
moltiplicazione dei pani (cfr. Gv 6,1ss). I Giudei sono venuti a cercare Gesù
perché avevano mangiato i pani. Ma ora, di fronte alle sue parole restano
sconcertati: mancano della fede necessaria per comprendere il vero significato
del segno del Pane. Non credono alla sua origine divina, lo rifiutano come
unico mediatore tra Dio e gli uomini e sono scandalizzati dalla modalità scelta
per realizzare questa mediazione, e cioè l’offerta di Gesù di farsi cibo per l’umanità: “la mia carne è vero cibo e
il mio sangue vera bevanda”.
Nonostante l’asprezza del contrasto, che annuncia e anticipa la
decisone del Sinedrio di mettere a morte il Signore (cfr. Gv 11,50), Gesù non
viene meno alla sua intenzione di offrirsi
a noi come il Pane di vita: “Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello
che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno”.
Nei gesti dell’ultima cena Gesù anticipa gli eventi del Calvario,
accettandoli liberamente come atto di piena e totale obbedienza al Padre per
riscattare l’umanità dal peccato e dalla morte. Nel comando “Fate questo in memoria di
me” (Lc 22,19; 1Cor 11,25), ci chiede di
ri-presentare sacramentalmente il suo dono e di corrisponderlo.
Mediante la consacrazione del pane e del vino in cui si rende realmente
presente il suo Corpo e Sangue, Cristo trasforma ciascuno di noi con la forza
del suo amore, rendendoci suoi “consanguinei”e assimilandoci a sé per coinvolgerci
nella sua opera di redenzione. In questo modo, oltre ad attirarci a sé (cfr. Gv
12,32), Gesù pone dentro la creazione il principio di un cambiamento radicale
destinato a suscitare un processo di trasformazione della realtà, il cui
termine ultimo sarà la trasfigurazione del mondo intero, fino al giorno in cui
Dio sarà tutto in tutti (cfr 1 Cor 15,28). Il Signore vuole che la sua Chiesa, nata dal
suo sacrificio, accolga questo dono per mezzo dello Spirito Santo nella forma
liturgica del Sacramento. La Chiesa vive dell'Eucaristia. Essa ha fatto di
questo sacramento il centro della propria esistenza, la fonte inesauribile da
cui attingere la forza necessaria per il suo cammino nella storia e il
fondamento di una speranza che non delude (cfr Rm 5,5) per la trasformazione
del mondo secondo la logica del regno di Dio.
Da oltre 750 anni la Chiesa con San Tommaso d’Aquino continua a cantare:
Adóro te devóte, latens Déitas, quae sub his figúris vere látitas:
tibi se cor meum totum súbicit, quia te contémplans totum déficit;
E noi oggi, raccolti per celebrare ed adorare il Santissimo Sacramento, ancora gli facciamo eco: Ti adoro con profonda devozione, o Dio nascosto, realmente presente in questi segni: il mio cuore si affida totalmente a te, perché quando ti contemplo, tutto viene meno. Amen. Buona Domenica!
Don Marco Belladelli.
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