Beati i poveri. Guai a voi, ricchi.
Dal Vangelo secondo Luca. (6,17.20-26).
In quel tempo, Gesù, disceso
con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante.
C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la
Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone.
Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva:
«Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati.
Beati voi che ora piangete, perché riderete.
Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e
Ma guai a voi, ricchi, perché avete gia la vostra consolazione.
Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame.
Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete.
Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi.
Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti». Parola del Signore.
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Dopo aver descritto l’attività di Gesù in Galilea, Luca ci riporta il suo primo discorso, attraverso il quale possiamo meglio comprendere la novità del messaggio evangelico. Gesù è appena disceso dal monte, luogo per eccellenza dell’incontro con Dio, dove dopo aver pregato ha scelto i Dodici tra tutti i suoi discepoli. Una situazione che ci ricorda Mosè, quando scese dal Sinai dopo aver ricevuto da Dio le tavole della legge per consegnarle al popolo in segno di alleanza (cfr. Es 19,3ss). Diversamente da quanto affermato da Matteo (Mt 5,1ss), ci troviamo in un luogo pianeggiante, dove si è riunita molta folla venuta anche da fuori dei confini d’Israele.
Le differenze tra
il racconto di Matteo e quello di Luca non si limitano al luogo in cui Gesù ha
proclamato le ‘Beatitudini’. Il
discorso non è rivolto soltanto ai discepoli, ma indistintamente a tutta la
folla che si trova davanti, a conferma della universalità della sua missione.
La differenza più rilevante è poi nella forma e nel contenuto stesso delle Beatitudini. In Luca, invece di otto,
sono soltanto quattro, a cui fanno seguito quattro ‘Guai!’, e cioè delle vere e proprie ‘minacce’, destinate a coloro
che non accoglieranno il messaggio del regno di Dio. Una contrapposizione tra
positivo e negativo che ci ricorda la parabola del ‘ricco epulone’ (cfr. Lc
16,19-31), dove la realtà storica è l’esatto contrario di quella
dell’aldilà e la condizione dei protagonisti è a parti invertite. In coerenza con
quanto annunciato a Nazareth, quando Gesù si presentò come il Messia inviato
per evangelizzare i poveri (cfr. 4,18ss), anche nelle beatitudini viene confermato che il regno di Dio è per i poveri,
cioè per coloro che hanno rinunciato a tutto per seguire Gesù. Luca è
profondamente convinto che la ricchezza materiale è per eccellenza il primo e
fondamentale ostacolo all’accoglienza del Vangelo, perché impedisce all’uomo di
aprirsi alla trascendenza, rendendo impossibile il dono totale di se stessi a
Dio. Un messaggio che attraverso tutto il suo Vangelo, dal ‘Magnificat’, dove si parla dei ricchi
rimandati a mani vuote (1,53), fino al Calvario, dove la differenza tra i due
ladroni (cfr. 23,39ss) è data dalla convinzione che il bene della vita dipenda
da ciò che si possiede. Le due beatitudini
successive, cioè chi ha fame e chi soffre, non sono altro che una
specificazione della condizione di povertà, nel senso dell’indigenza, di chi ha
abbandonato tutto per il regno di Dio. Nella quarta beatitudine ritroviamo invece un altro tema molto caro a Luca, che
egli sviluppa non soltanto nel vangelo, ma soprattutto nel libro de ‘Gli atti degli Apostoli’, e cioè quello
della persecuzione e del disprezzo dei discepoli, la cui gioia consiste nel
pensare alla ricompensa celeste. Per tutti coloro che invece contano sulla loro
potenza e hanno posto la loro salvezza in se stessi e nelle ricchezze o in
qualsiasi altra risorsa umana ci sono i ‘Guai!’,
avranno cioè la stessa sorte già toccata ai falsi profeti dell’antico
Testamento (Amasia in Am 7,12ss; e Pascur in Ger 20,3s).
Gesù pone davanti a noi una proposta di salvezza ben precisa e secondo il volere di Dio: o si è con lui e si accolgono le esigenze del regno di Dio, oppure si è con il mondo e con la sua logica basata sull’arroganza del potere, della ricchezza, della corruzione, del piacere e dell’adulazione. Non sono ammessi compromessi e tanto meno mediazioni di sorta. La nostra beatitudine consiste nell’abbandonare tutto per ‘stare con lui’, perché egli è qui proprio per noi. Oltre ad una sua attualità che ci fa oggi interlocutori di Gesù, il “Beati voi …”, va inteso da parte del Signore come un mettersi a nostra totale disposizione “fino alla morte e a una morte di croce” (Fil 2,8), perché in noi si realizzino quelle condizione che ci rendono adatti per il regno di Dio. Buona Domenica!
don Marco Belladelli.
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