Jaume Serra Adorazione dei Magi, 1367-1381 Museo Nazionale dell'arte - Barcellona.
Solennità dell’Epifania del Signore.
Siamo venuti dall'oriente per adorare il re.
Dal Vangelo secondo Matteo (2,1-12).
Nato Gesù a Betlemme di
Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a
Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo
visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il
re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei
sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva
nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto
per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero
l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà
il pastore del mio popolo, Israele”».
Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese. Parola del Signore.
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Da dove sono sbucati
questi misteriosi personaggi che improvvisamente compaiono nella Gerusalemme di
duemila anni fa, attirando su di sé le attenzioni di tutta la città? Sorprende
soprattutto la ragione della loro presenza, cercano il re che è nati da poco: “Dov'è
colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella, e
siamo venuti ad adorarlo.” Matteo non aveva motivo per inventarsi la
figura dei Magi per due ragioni: 1°: giunti a Gerusalemme sono stati portati
davanti ad un personaggio storico come re Erode il grande in persona, per avere
notizie di “colui che è nato, il Re dei Giudei”. La loro comparsa non è stata
un evento marginale, ma ha coinvolto le più alte autorità del tempo; 2°: sono
stati indotti ad intraprendere questo viaggio dalla comparsa in cielo di una
particolare stella, un segno divino, secondo il modo di pensare del tempo, rivelatore
di un grande evento, la nascita del Re dei re, il Signore di tutti i popoli
della terra.
I Magi sono venuti fino a Betlemme per
adorare il Bambino Gesù. Essi sono i primi di una lunga e interminabile schiera
di uomini e donne di ogni tribù, lingua, popolo e nazione (cfr. Ap 5,9) ad
offrire il loro omaggio al Re dei re, il Figlio del Dio vivente e Signore
dell’universo. I Giudei, invece, pur sapendo tutto del Messia e della sua
venuta, non si sono mossi di un passo. Dio si è fatto uomo non soltanto per
loro, ma per tutti e l’epifania annuncia che la salvezza realizzata da Gesù con
la sua morte e risurrezione sarà per tutti gli uomini: “quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32).
Oggi celebriamo la manifestazione
del Figlio di Dio a tutti gli uomini, come dice S. Paolo, nella seconda
lettura: “per
rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero, … che i Gentili cioè sono
chiamati, in Cristo Gesù, a partecipare alla stessa eredità, a formare lo
stesso corpo, e ad essere partecipi della promessa per mezzo del vangelo” (Ef 3,3.6). Tutti
coloro che cercano Dio, ora lo possono incontrare, perché si è fatto uomo come
noi. In questo modo Dio arriva alla vita e al cuore di tutti. Com’è può Dio
superare i tanti ostacoli opposti dall’uomo nei suoi confronti, che in molti
casi si trasformano in un vero e proprio scontro? Tutto questo “non può nulla contro l'oceano di misericordia
che inonda il nostro mondo” con la venuta di Gesù, dice Papa Francesco.
Come i Magi sono misteriosamente arrivati fino alla grotta di Betlemme,
seguendo la stella, così Dio raggiungerà ogni uomo: ogni uomo vedrà la salvezza di Dio (Lc 3,6). Noi, “che già lo abbiamo conosciuto per la fede”,
siamo invitati a “contemplare la
grandezza della tua gloria” (Colletta). Dice san Tommaso D’Aquino nell’inno
eucaristico ‘Adoro te devote’: “Quia te contemplas, totum deficit”, quando contemplo te tutto viene meno.
Contemplare vuol dire saper stare alla presenza di Dio con umiltà e amore,
senza paura, senza cercare una scappatoia o una via di fuga, ma pienamente
abbandonati e immersi nel mistero che ci sta davanti per conoscerlo, attratti
dalla forza dell’amore. Significa fissare il nostro cuore in quello di Dio vivo
e presente a noi, cioè amarlo con tutto noi stessi, più di ogni altra cosa. L’amore
inizia sempre come ‘conoscenza’
reciproca e gradualmente si trasforma in “comunione”
sempre più profonda, orizzonte ultimo della nostra fede. Un dono offerto a
tutti, perché Dio non fa preferenza di persone (cfr. At 10,34). Sono i Magi a
indicarci l’adorazione come via più diretta per giungere a Dio: “Entrati nella casa, videro il bambino con
Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono”. Benedetto XVI ci ricorda
anche che “l’Epifania manifesta anche il mistero della Chiesa e la sua
dimensione missionaria. Essa è chiamata a far risplendere nel mondo la luce di
Cristo, riflettendola in se stessa come la luna riflette la luce del sole.”
(omelia Epifania 2006). Sull’esempio dei Magi, auguro a tutti di incontrare
lungo il cammino della vita il Figlio di Dio, fatto uomo, e di riflettere la sua
gloria sul mondo, come dei bravi missionari. Buona Epifania!
don Marco Belladelli.
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