Duccio di Boninsegna, Gesù davanti a Pilato, 1308-1311, Duomo di Siena. |
XXXIV Domenica del tempo
ordinario “B”,
solennità di N. S. Gesù Cristo, Re dell’universo.
Tu
lo dici: io sono re.
Dal Vangelo secondo Giovanni (18, 33b-37)
In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei
Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di
me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti
ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?».
Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di
questo mondo,
Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Parola del Signore
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La 34° Domenica del tempo ordinario, ultima
dell’anno liturgico, è diventata la solennità di Cristo Re dell’universo. Istituita nell’Anno Santo del 1925 nel
pieno di uno straordinario fervore apostolico e missionario della Chiesa in tutto
il mondo, si celebrava all’ultima Domenica di Ottobre. Con la riforma liturgica
seguita al Concilio Vaticano II è stata collocata al termine dell’anno
liturgico per evidenziarne meglio i significati teologico e pastorale.
Nel Nuovo Testamento il Signore Gesù viene
indicato con molti titoli, come per esempio Maestro,
Buon Pastore, Figlio dell’uomo, Figlio di Davide e via dicendo. Quelli che
meglio esprimono le dimensioni della sua missione salvifica sono: Profeta, Sacerdote e Re. Il primo fa riferimento al suo essere
Verbo di Dio incarnato e autorevole annunciatore della Parola di Dio. Il
secondo al suo essere l’unico mediatore tra Dio e gli uomini, per mezzo del
sacrifico della croce. La Chiesa infatti offre il suo culto al Padre sempre e
unicamente con la mediazione del Signore Gesù: “… per Cristo nostro Signore”. Il terzo titolo, quello di Re, oggi al centro della nostra
celebrazione, fa riferimento al potere divino di cui è investito ed al modo
efficace con cui lo ha esercitato e ancora lo esercita per l’edificazione del regno di Dio e la realizzazione della
salvezza per tutti gli uomini, secondo la volontà del Padre.
Nella storia d’Israele Davide è il re per
eccellenza. Scelto da Dio per sostituire l’infedele Saul, figura del futuro
Messia e suo capostipite, governa in nome di Dio e lo rappresenta in mezzo al
popolo. Gesù però non è venuto per conquistarsi un regno umano, ma per
inaugurare e istaurare il Regno di Dio, cioè un nuovo ordine delle cose,
regolate non secondo la logica del potere e della sottomissione degli umili ai
prepotenti, ma della giustizia, dell’amore e della pace.
Nella festa di Cristo Re dell’universo, la
Chiesa celebra questa potestà del Signore Gesù sui singoli e sulla storia umana
nel suo complesso. Chi l’accoglie viene riscattato dalla schiavitù del peccato per
partecipare con la sua vita e le sue azioni alla edificazione del Regno di Dio,
che si risolverà nella salvezza universale. Tutte le volte che si compie un
gesto nel nome di Cristo, anche il più semplice, vuoi per rispetto, oppure per
imitazione, o per una più convinta e consapevole adesione alla sua persona e al
suo Vangelo, si contribuisce all’edificazione del Regno di Dio, rendendo più
vicina la rivelazione del Signore Gesù a tutti gli uomini. Di fronte allo
scandalo rappresentato dalla croce di Gesù, alla marginalità culturale e
sociale del Vangelo e alle difficoltà che ha incontrato e ancora incontra la
Chiesa, dentro e fuori di sé, nel suo cammino storico, c’è chi obietta che il
Regno di Dio rimane una realtà utopistica e illusoria.
E’ la stessa perplessità di Pilato, quando per
ben due volte, sorpreso dal tipo di regalità sui generis affermata da
Gesù in catene, non senza un pizzico di ironia e di sufficienza gli chiede: “Dunque tu sei re?”. Siamo nel contesto della passione. Dopo l’arresto
e il processo notturno davanti al Sinedrio, Gesù è stato consegnato ai Romani,
per la condanna a morte. Tutto lascia supporre che Pilato fosse ben informato
sul fenomeno Gesù, e visti i suoi
metodi repressivi (cfr. Lc 13,1ss), che lo avesse giudicato per nulla eversivo
e non pericoloso per il potere di Roma. Giovanni ce li presenta nel pretorio,
uno di fronte all’altro, in un faccia a faccia paradossale, dove ciò che appare
è esattamente l’opposto della realtà. Il rappresentante del potere umano, che
deve decidere della vita o della morte del Signore dell’universo, davanti a lui
incatenato come un malvivente qualsiasi. L’imbarazzo di Pilato è ancora oggi
palpabile. L’accusa di lesa maestà, formulata dai Giudei, non regge alla prova
dei fatti. Il governatore ascolta Gesù che parla del suo regno di “verità”
che non è di questo mondo, con la speranza di trovare una ragione qualsiasi per
togliersi dall’imbroglio orchestrato dai Giudei. In queste parole: “Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare
testimonianza alla verità.”, che condannano l’esercizio del potere, compromesso
con la menzogna, Gesù annuncia una “verità”
che non è il risultato della ricerca filosofica, o scientifica o di qualsiasi
altra attività intellettuale dell’uomo, ma la realtà eterna e definitiva
contrapposta a tutto ciò che è temporaneo, provvisorio e destinato a perire. E’
la realtà stessa di Dio, che si afferma e si espande fino ad affermarsi in
tutto il suo splendore, attraverso l’umile
testimonianza di Gesù, agnello immolato per noi.
Nell’omelia d’inizio pontificato, nell’Aprile
2005, Benedetto XVI disse: “Quante volte noi desidereremmo che Dio si
mostrasse più forte. Che Egli colpisse duramente, sconfiggesse il male e
creasse un mondo migliore. Tutte le ideologie del potere si giustificano così,
giustificano la distruzione di ciò che si opporrebbe al progresso e alla
liberazione dell’umanità. Noi soffriamo per la pazienza di Dio. E nondimeno
abbiamo tutti bisogno della sua pazienza. Il Dio, che è divenuto agnello, ci
dice che il mondo viene salvato dal Crocifisso e non dai crocifissori. Il mondo
è redento dalla pazienza di Dio e distrutto dall’impazienza degli uomini.” .
Gesù dice pure a Pilato: “Chiunque è dalla verità,
ascolta la mia voce”. Oggi Gesù sta davanti a noi, ma non perché
dobbiamo decidere della sua vita, ma piuttosto della nostra vita. Il regno di Dio e la nostra salvezza
dipendono infatti dalla scelta che facciamo ogni giorno tra la menzogna e la
Verità. Buona Domenica!
don Marco Belladelli.
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