Gustave Dorè, L'obolo della vedova, incisione 1880. |
XXXII del Tempo Ordinario, “B”.
Questa
vedova, nella sua povertà, ha dato tutto quello che aveva.
Dal Vangelo secondo Marco (12, 38-44)
In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo
insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti,
ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi
posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi
vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».
Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti
ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine,
che fanno un soldo.
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Queste
ultime domeniche dell’anno liturgico hanno come denominatore comune la
prospettiva della fine di tutte le cose mondane. La consapevolezza di vivere nell’eschaton, cioè negli ultimi tempi, e comunque
l’inesorabile cammino giorno dopo giorno verso la fine dell’esistenza terrena esige
una decisione chiara e inequivocabile da che parte stare, se con Dio o contro
di Lui, come pure di liberarsi sempre più dai compromessi, dagli equivoci e
dalle ipocrisie, che fanno parte del nostro quotidiano, prima che qualcun altro
lo faccia al posto nostro, come è annunciato per gli scribi nel brano di oggi:
“essi
riceveranno una condanna più grave”.
Nel
cieco Bartimeo che lo segue senza condizioni, nell’unicità del comandamento
dell’amore di Dio e del prossimo e nel gesto della vedova che offre a Dio tutto
quanto ha per vivere, Gesù indica la necessità per ogni discepolo del regno di
arrivare alla radicalità del tutto o niente. L’alternativa è la falsità degli
scribi, per i quali è riservata “una condanna più grave”.
Dopo
aver chiuso la bocca a tutti i suoi oppositori, Gesù ora è nel tempio dove
insegna alla folla, recuperando un rapporto che sembrava essersi raffreddato
(cfr. 10,46ss), e punta il dito contro gli scribi, accusandoli di approfittare
della loro posizione privilegiata per procacciarsi onori e vantaggi personali, di
sciacallaggio nei confronti delle vedove, delle persone socialmente e
religiosamente più deboli e di ostentare vanità e formalismo religioso. Siamo
di fronte ad una condanna senza appello per tutto ciò che è assolutamente contro Dio e
alle esigenze del suo regno.
Al
comportamento degli scribi, Gesù contrappone l’esempio della povera vedova che
invece ha offerto a Dio “tutto quello che aveva, tutto quanto aveva
per vivere”, punto d’arrivo di quella schiera di persone che nell’Antico
Testamento sono chiamati “i poveri di Jahwè”(cfr. Is 49,13 e parr.), la
cui caratteristica comune era quella di avere soltanto Dio come unico loro bene
a cui ricorre nelle necessità, perché pure unico a farsi carico e a prendesi
cura di loro. La vedova di Zarepta, di cui ci parla la prima lettura (cfr 1Re
17,10ss), che nella sua assoluta indigenza non si rifiuta di soccorrere l’uomo
di Dio, il grande profeta Elia, è uno dei tanti poveri di Jahwè che popolano
l’antico testamento.
Ad ogni credente è chiesto di abbandonarsi a Dio allo stesso modo. Gesù infatti sottolinea che la povera vedova non ha messo del proprio “superfluo”, come i ricchi, ma ha offerto a Dio “più di tutti gli altri”,perché ha gettato nel tesoro “tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”. Nel mettere in evidenza il gesto della vedova, Gesù annuncia quanto egli stesso sta per fare, consegnandosi “nelle mani degli uomini” per essere ucciso. Un evento evocato per ben tre volte consecutive durante il suo viaggio verso Gerusalemme. Abbandonarsi completamente a Dio significa rinnegare se stessi, prendere la propria croce e perdere la propria vita per causa di Gesù e del Vangelo, come abbiamo meditato qualche mese fa (cfr. Mc 8,34-35, XXIV Dom del T. O. ‘B’). Una religione vissuta soltanto per procurarsi onori, privilegi e vantaggi personali, fino ad approfittare dei più deboli con ogni mezzo, non ha niente a che vedere con il Vangelo. E’ bene ricordarlo, perché la Chiesa di oggi purtroppo non è al riparo da questo malcostume. Lo ha denunciato l’allora cardinal Ratzinger nella famosa Via Crucis del Venerdì santo 2005 (vedi commento della 9° stazione). Lo ha rimarcato Papa Francesco in occasione dello scambio di auguri per il Natale 2017, quando ha elencato le 15 patologie della Curia romana. Lo si sperimenta quotidianamente anche nelle nostre comunità locali, dove apparentemente non sembra esserci niente di cui avvantaggiarsi, eppure c’è sempre chi, anche nelle situazioni più impensabili, trova il modo di trarre profitti e tornaconti personali, piuttosto che abbandonarsi totalmente al servizio di Dio. Buona Domenica!
don
Marco Belladelli.
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