Agnolo Bronzino, Cristo resuscita la figlia di Giàiro, 1565 - 1572. Chiesa di S. Maria Novella, Firenze |
XIII Domenica del Tempo Ordinario, “B”.
Fanciulla,
io ti dico: Alzati!
Dal Vangelo secondo
Marco (5, 21-43)
In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si
radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi
della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e
lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le
mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si
stringeva intorno.
E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».
Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.
Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare. Parola del Signore.
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Dopo la tempesta sedata, dopo la digressione in
terra pagana per sanare l’indemoniato di Gerasa, Marco ci racconta due miracoli,
includendoli uno nell’altro, nei quali si manifesta in modo ancor più
straordinario la potenza di Dio visibile e riconoscibile, soprattutto nella
risurrezione della figlia di Giàiro, capo della sinagoga di Cafarnao.
Appena sbarcato in terra
palestinese, Gesù viene chiamato dal capo della sinagoga per guarire la figlia
morente. Lungo la strada il cammino verso la casa viene interrotto da una donna
affetta da problemi ginecologici che si fa largo tra la folla, fino ad arrivare
a toccare il mantello di Gesù ed essere immediatamente guarita.
Oltre il beneficio
ottenuto dalla donna e dalla fanciulla, i due episodi hanno in comune un
sentimento misto di stupore e di timore che prende i protagonisti: “La
donna impaurita e tremante (v.33)
… Essi furono presi da grande stupore (v.42)”.
Nella descrizione di
Marco c’è un terzo protagonista, la folla, che cerca Gesù, lo aspetta, lo segue
ovunque, da una sponda all’altra del lago. Non lo abbandona mai, come se non
fosse mai sazia della sua presenza, della sua parola e della sua azione. Un
rapporto, quello della folla con Gesù più viscerale che altro, ma sorretto dalla
certezza di poter trovare in lui l’aiuto di cui ciascuno ha bisogno, come è
stato per Gìairo e per l’Emorroissa.
Il capo della sinagoga
che molto probabilmente aveva visto Gesù in azione agli inizi del suo ministero
(cfr Mc 1,21ss), si prostra e lo prega con insistenza, ritenendolo l’unico
capace di dare uno svolta alle gravi condizioni della figlia, ormai moribonda.
Così pure la Donna malata, si avvicina a lui furtivamente, a causa della sua
condizione di impurità per le continue perdite di sangue di cui era affetta, certa
che soltanto lui avrebbe potuto guarirla. E Gesù non si sottrae alle loro
richieste. Segue docilmente Giàiro fino a casa sua e acconsente al gesto
estremo della Donna, che vedono in lui la sua unica possibilità di salvezza.
Quest’ultima si ritrova immediatamente guarita e a Gìairo, esortato ad avere
ancor più fede all’annuncio della morte della figlia, gli viene riconsegnata la
figlia.
E’ la fede che salva.
Una fede che sa vedere oltre ciò che appare. Nel timore di aver fatto qualcosa
di scorretto, e nello stupore di aver ottenuto molto di più di ciò che si aspettava,
entrambi i protagonisti si trovano davanti a Dio stesso, alla sua onnipotenza
creatrice e salvatrice. La vera fede non ha nulla a che vedere con un generico
senso religioso, naturalmente presente in ogni uomo. La fede cristiana è totale
abbandono in Dio, nella certezza che in tutta la sua onnipotenza ci ascolta e
ci soccorre sempre. Un rapporto che rende la vita ancor più piena della
sorprendente “novità” di Dio, ben oltre il normale orizzonte naturale.
Oggi Gesù ci accoglie
attorno all’altare per l’Eucaristia come ha accolto l’emoroissa nella sua
famiglia: “Figlia/o, la tua fede ti ha salvata”, e risveglia la nostra
anima, come ha risvegliato la fanciulla: “Fanciulla,
io ti dico: àlzati!”, riconsegnandola ai genitori, per restituirci alla
pienezza della vita. Buona Domenica!
don
Marco Belladelli.
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