sabato 13 marzo 2021

Il Vangelo della salute del 14/03/2021

Giovanni Bellini, Crocifisso in un cimitero ebraico, 1501-1503; Prato. 

IV Domenica di Quaresima “B”

Dio ha mandato il Figlio perché il mondo si salvi per mezzo di lui.

 Dal Vangelo secondo Giovanni   (3,14-21).
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio

nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio». Parola del Signore.

------------------------------------

La quarta Domenica di Quaresima è detta anche “Domenica laetare” (leggi letare), cioè della letizia, dalla prima parola latina dell’antifona d’ingresso: “Rallegrati, Gerusalemme, (Laetáre, Jerúsalem,) e voi tutti che l’amate, riunitevi. Esultate e gioite, voi che eravate nella tristezza: saziatevi dell’abbondanza della vostra consolazione.” (Is 66,10-11). La ragione dell’esultanza sta nell’essere ormai giunti a metà del nostro cammino quaresimale. La Pasqua è più vicina e con essa anche la certezza della salvezza di tutta l’umanità. Come segno dell’attenuarsi del rigore penitenziale, dove è possibile, il celebrante indossa paramenti rosacei, colore più tenue rispetto al violaceo della Quaresima, per indicare la prossimità dell’irruzione della luce del risorto.

Per noi oggi “l’abbondanza della nostra consolazione” non dipende da una particolare vittoria sul nemico di turno, ma dall’essere al centro dell’amore misericordioso di Dio Padre. Dopo l’Anno Santo straordinario della Misericordia (08/12/2015 – 20/11/2016) dovremmo essere tutti esperti di questa specifica caratteristica divina. Ce ne parla san Paolo nella seconda lettura, che partendo dalla comune condizione mortale di pagani e giudei a causa dei peccati, evoca l’atto redentivo con cui Dio ci ha fatti rinascere in Cristo: “Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati,  da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo: per grazia infatti siete stati salvati.” (Ef 2,4). Nella Divina Misericordia abbiamo il perdono dei peccati, la salvezza dell’anima e del corpo e soprattutto il dono della vita divina ed eterna. 

San Giovanni nel vangelo riprende il tema a modo suo, con affermazioni piuttosto sorprendenti: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.”. Il contesto è il dialogo notturno a Gerusalemme tra Gesù e Nicodemo (Gv 3,1-21). Vista la difficoltà del suo interlocutore a comprendere in che cosa consista la nuova nascita dall’acqua e dallo Spirito Santo, Gesù afferma che la ragione ultima per credere è l’amore di Dio, che si rivela a noi nel sacrificio di suo Figlio, perché chi crede in lui abbia la vita eterna. Abitualmente Gesù parla del mondo come di una realtà contrapposta a Dio, come per esempio nei discorsi dell’ultima cena: “Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo”. (Gv 17,14; vedi anche 15,18-19; 1Gv 3,13). Che cosa significa allora questo amore infinito di Dio per il mondo, fino al sacrificio del Figlio, se non la rivelazione dell’onnipotenza della divina Misericordia che, nel rispetto della libertà umana, con la ‘perdizione’ del Figlio nel sacrificio della croce orienta verso di sé il cammino del mondo. Un rapporto, quello di Dio con il mondo, assolutamente inconcepibile per lo spirito mondano, che pur mantenendo tutta la propria libertà di perdizione, non riesce a sottrarsi alla “ineffabile carità di Dio in Cristo, superiore a ogni conoscenza” (Ef3,19).

Nella croce di Cristo, nel suo totale abbandono e nella sua discesa agli inferi, Dio si rivela quello che è sempre stato, cioè amore eterno. In quanto uno e trino, Dio è talmente amore eterno, che all’interno di questa vita anche la morte e la perdizione infernale della creatura, se accettate con amore, possono essere trasformate in un’espressione d’amore.” (H. U. vov Bathasar, Perché sono ancora cristiano, Queriniana – BS 1971/2005).

Il senso ultimo della Quaresima consiste nell’accettare il confronto con l’evento fondamentale della nostra salvezza, il mistero della passione, morte e risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo, per accoglierlo come il più grande atto di amore di cui siamo stati oggetto. Prima ancora di essere dottrina, questo atto di infinita misericordia da parte di Dio è vita che salva e rigenera l’uomo e tutto l’universo.

Sono per me indelebili le parole di fra Elia degli Apostoli di Dio, mistico che rivive sul suo corpo ogni anno il mistero della passione morte e risurrezione di Gesù, quando un Venerdì santo, al culmine della sua sofferenza, disse a tutti coloro che erano presenti nella sua stanza: “Voi non potete neppure immaginare quanto Dio ci voglia bene, quanto grande sia il suo Amore”. E’ con la forza dell’amore che Dio ci riconquista a sé, a prezzo della vita del suo Figlio Unigenito. Confrontarsi con questo grande mistero significa immergersi totalmente nella misericordia di Dio, confronto a cui spesso sfuggiamo per durezza di cuore, per tiepidezza e per una religiosità farisaica.  

L’esistenza cristiana si riassume essenzialmente nell’aver creduto e accolto l’amore di Dio. Il cristianesimo è l’amore di Gesù che irrompe nella nostra vita non con la prepotenza di chi si impone in modo arrogante, ma con l’umile tenacia di chi non si dà per vinto di fronte a qualsivoglia ostacolo o rifiuto, perché superiamo le nostre paure, diffidenze, resistenze e via dicendo. Insieme con l’annuncio sorprendente della grandezza dell’amore di Dio, c’è anche l’annuncio della salvezza del mondo, cioè che niente andrà perduto. L’obiettivo ultimo della nostra penitenza, e non soltanto di quella quaresimale, è la nostra resa incondizionata all’AMORE di Dio. Buona Domenica!

don Marco Belladelli.

 

Nessun commento:

Posta un commento