Giovanni Bellini, Crocifisso in un cimitero ebraico, 1501-1503; Prato. |
IV
Domenica di Quaresima “B”
Dio ha
mandato il Figlio perché il mondo si salvi per mezzo di lui.
In quel tempo, Gesù disse a
Nicodèmo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia
innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita
eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché
chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti,
non ha mandato il Figlio
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio». Parola del Signore.
------------------------------------
La quarta Domenica di
Quaresima è detta anche “Domenica laetare”
(leggi letare), cioè della letizia,
dalla prima parola latina dell’antifona d’ingresso: “Rallegrati, Gerusalemme, (Laetáre, Jerúsalem,) e voi tutti che l’amate, riunitevi.
Esultate e gioite, voi che eravate nella tristezza: saziatevi dell’abbondanza
della vostra consolazione.” (Is 66,10-11). La ragione dell’esultanza
sta nell’essere ormai giunti a metà del nostro cammino quaresimale. La Pasqua è
più vicina e con essa anche la certezza della salvezza di tutta l’umanità. Come
segno dell’attenuarsi del rigore penitenziale, dove è possibile, il celebrante
indossa paramenti rosacei, colore più tenue rispetto al violaceo della
Quaresima, per indicare la prossimità dell’irruzione della luce del risorto.
Per noi oggi “l’abbondanza della nostra consolazione”
non dipende da una particolare vittoria sul nemico di turno, ma dall’essere al
centro dell’amore misericordioso di Dio Padre. Dopo l’Anno Santo straordinario
della Misericordia (08/12/2015 – 20/11/2016) dovremmo essere tutti esperti di
questa specifica caratteristica divina. Ce ne parla san Paolo nella seconda
lettura, che partendo dalla comune condizione mortale di pagani e giudei a
causa dei peccati, evoca l’atto redentivo con cui Dio ci ha fatti rinascere in
Cristo: “Dio, ricco di
misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da
morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo: per grazia
infatti siete stati salvati.” (Ef 2,4). Nella
Divina Misericordia abbiamo il perdono dei peccati, la salvezza dell’anima e
del corpo e soprattutto il dono della vita divina ed eterna.
San Giovanni nel
vangelo riprende il tema a modo suo, con affermazioni piuttosto sorprendenti: “Dio
infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché
chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per
condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.”.
Il contesto è il dialogo notturno a Gerusalemme tra Gesù e Nicodemo (Gv 3,1-21).
Vista la difficoltà del suo interlocutore a comprendere in che cosa consista la
nuova nascita dall’acqua e dallo Spirito Santo, Gesù afferma che la ragione
ultima per credere è l’amore di Dio, che si rivela a noi nel sacrificio di suo
Figlio, perché chi crede in lui abbia la vita eterna. Abitualmente Gesù parla
del mondo come di una realtà contrapposta a Dio, come per esempio nei discorsi
dell’ultima cena: “Io ho dato loro la tua
parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono
del mondo”. (Gv 17,14; vedi anche 15,18-19; 1Gv 3,13).
Che cosa significa allora questo amore infinito di Dio per il mondo, fino al
sacrificio del Figlio, se non la rivelazione dell’onnipotenza della divina
Misericordia che, nel rispetto della libertà umana, con la ‘perdizione’ del
Figlio nel sacrificio della croce orienta verso di sé il cammino del mondo. Un
rapporto, quello di Dio con il mondo, assolutamente inconcepibile per lo
spirito mondano, che pur mantenendo tutta la propria libertà di perdizione, non
riesce a sottrarsi alla “ineffabile
carità di Dio in Cristo, superiore a ogni conoscenza” (Ef3,19).
“Nella croce di Cristo, nel suo totale abbandono e nella sua discesa
agli inferi, Dio si rivela quello che è sempre stato, cioè amore eterno. In
quanto uno e trino, Dio è talmente amore eterno, che all’interno di questa vita
anche la morte e la perdizione infernale della creatura, se accettate con
amore, possono essere trasformate in un’espressione d’amore.” (H. U. vov
Bathasar, Perché sono ancora cristiano,
Queriniana – BS 1971/2005).
Il senso ultimo della
Quaresima consiste nell’accettare il confronto con l’evento fondamentale della
nostra salvezza, il mistero della passione, morte e risurrezione di nostro
Signore Gesù Cristo, per accoglierlo come il più grande atto di amore di cui
siamo stati oggetto. Prima ancora di essere dottrina, questo atto di infinita
misericordia da parte di Dio è vita che salva e rigenera l’uomo e tutto
l’universo.
Sono per me indelebili
le parole di fra Elia degli Apostoli di
Dio, mistico che rivive sul suo corpo ogni anno il mistero della passione
morte e risurrezione di Gesù, quando un Venerdì santo, al culmine della sua
sofferenza, disse a tutti coloro che erano presenti nella sua stanza: “Voi non potete neppure immaginare quanto Dio
ci voglia bene, quanto grande sia il suo Amore”. E’ con la forza dell’amore
che Dio ci riconquista a sé, a prezzo della vita del suo Figlio Unigenito. Confrontarsi
con questo grande mistero significa immergersi totalmente nella misericordia di
Dio, confronto a cui spesso sfuggiamo per durezza di cuore, per tiepidezza e
per una religiosità farisaica.
L’esistenza cristiana si riassume
essenzialmente nell’aver creduto e accolto l’amore di Dio. Il cristianesimo è
l’amore di Gesù che irrompe nella nostra vita non con la prepotenza di chi si
impone in modo arrogante, ma con l’umile tenacia di chi non si dà per vinto di
fronte a qualsivoglia ostacolo o rifiuto, perché superiamo le nostre paure,
diffidenze, resistenze e via dicendo. Insieme con l’annuncio sorprendente della
grandezza dell’amore di Dio, c’è anche l’annuncio della salvezza del mondo,
cioè che niente andrà perduto. L’obiettivo ultimo della nostra penitenza, e non
soltanto di quella quaresimale, è la nostra resa incondizionata all’AMORE di
Dio. Buona
Domenica!
don
Marco Belladelli.
Nessun commento:
Posta un commento