di N. S. Gesù Cristo “A”.
La
mia carne è vero cibo, e il mio sangue vera bevanda.
DAL VANGELO SECONDO GIOVANNI (6, 51-58)
In
quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in
eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui
darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del
Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi
mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò
nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera
bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il
Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui
che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come
quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in
eterno». Parola del Signore.
La festa del Corpus Domini fu istituita da Papa Urbano IV nell’anno successivo al
famoso miracolo di Bolsena del 1263, quando un prete boemo che non credeva alla
presenza reale di Cristo nell’Eucaristia, al momento della fractio panis si è trovato tra le mani l’ostia consacrata
sanguinante. Colei che più di ogni altro s’impegnò per l’istituzione di questa
festa fu santa Giuliana di Liegi con le sue esperienze mistiche. A sedici anni
la Santa ebbe una prima visione, che poi si ripeté più volte nelle sue
adorazioni eucaristiche. La visione presentava la luna nel suo pieno splendore,
con una striscia scura che la attraversava diametralmente. Il Signore le fece
comprendere il significato di ciò che le era apparso. La luna simboleggiava la
vita della Chiesa sulla terra, la linea opaca rappresentava invece l’assenza di
una festa liturgica, per l’istituzione della quale era chiesto a Giuliana di
adoperarsi in modo efficace: una festa, cioè, nella quale i credenti avrebbero
potuto adorare l’Eucaristia per aumentare la fede, avanzare nella pratica delle
virtù e riparare le offese al Santissimo Sacramento. Possiamo ben dire che la
festa del Corpus Domini è stata voluta direttamente dal Signore Gesù, perché
tutti gli uomini, e non soltanto i credenti, sperimentassero sempre più la
grazia della sua viva presenza accanto a ciascuno di noi, in ogni istante della
vita e in ogni luogo in cui ci troviamo. Con il suo amore misericordioso e per
la sua viva presenza nei segni sacramentali, il Signore Gesù trasforma i cuori
e le menti più di quanto noi liberamente ci concediamo al Signore con la nostra
intelligenza, la nostra volontà e la nostra devozione.
Nel Vangelo viene riportata l’ultima parte del ‘discorso del Pane di vita’, tenuto da Gesù nella
sinagoga di Cafarnao dopo la moltiplicazione dei pani (cfr. Gv 6,1ss). I Giudei
sono venuti a cercare Gesù perché avevano mangiato i pani. Ma ora, di fronte
alle sue parole restano sconcertati: mancano della fede necessaria per
comprendere il vero significato del segno del Pane. Non credono alla sua
origine divina e non sentono il bisogno di procurarsi un nutrimento spirituale
oltre a quello materiale per il corpo. Da ultimo non accettano che Gesù possa
farsi cibo per l’umanità, lo rifiutano come unico mediatore tra Dio e gli
uomini, scandalizzati dalla modalità scelta per realizzare questa mediazione: “la mia carne è vero cibo e
il mio sangue vera bevanda”.
Nonostante l’asprezza del contrasto, che annuncia e anticipa la
decisone del Sinedrio di mettere a morte il Signore (cfr. Gv 11,50), Gesù
conclude il suo discorso offrendosi a noi come il Pane di vita: “Questo è il pane disceso
dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia
questo pane vivrà in eterno”.
Nei gesti dell’ultima cena Gesù anticipa gli eventi del Calvario,
accettandoli liberamente come atto di piena e totale obbedienza al Padre per
riscattare l’umanità dal peccato e dalla morte. Nel comando “Fate questo in memoria di
me” (Lc 22,19; 1Cor 11,25), ci chiede di
ri-presentare sacramentalmente il suo dono e di corrisponderlo.
Mediante la consacrazione del pane e del vino in cui si rende realmente
presente il suo Corpo e Sangue, Cristo trasforma ciascuno di noi, assimilandoci
a sé e coinvolgendoci con la forza del suo amore nella sua opera di redenzione.
In questo modo, oltre ad attirarci a sé (cfr. Gv 12,32), Gesù pone dentro la
creazione il principio di un cambiamento radicale destinato a suscitare un
processo di trasformazione della realtà, il cui termine ultimo sarà la
trasfigurazione del mondo intero, fino al giorno in cui Dio sarà tutto in tutti
(cfr 1
Cor 15,28).
Il Signore vuole che la sua Chiesa, nata dal suo sacrificio, accolga questo
dono per mezzo dello Spirito Santo nella forma liturgica del Sacramento. La
Chiesa vive dell'Eucaristia. Essa ha fatto di questo sacramento il centro della
propria esistenza, la fonte inesauribile da cui attingere la forza necessaria
per il suo cammino nella storia e il fondamento di una speranza che non delude
(cfr Rm 5,5) per la trasformazione del mondo secondo la logica del regno di
Dio.
Da oltre 750 anni la Chiesa con San Tommaso d’Aquino continua a cantare:
Adóro te devóte, latens Déitas, quae sub his figúris vere látitas:
tibi se cor meum totum súbicit, quia te contémplans totum déficit;
E noi oggi, raccolti per celebrare ed adorare il Santissimo Sacramento,
ancora gli facciamo eco: Ti adoro con profonda devozione, o Dio nascosto,
realmente presente in questi segni: il mio cuore si affida totalmente a te,
perché quando ti contemplo, tutto viene meno. Amen.
Buona Domenica!
don Marco Belladelli.
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