venerdì 4 maggio 2018

Il Vangelo della salute del 06/05/2018

Giotto(?), Crocifisso, Convento di S. Chiara, Montefalco (PG).
VI Domenica di Pasqua “B” 
Nessuno ha un amore più grande di questo: 
dare la vita per i propri amici.
Dal Vangelo secondo Giovanni  (15, 9-17)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa
quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri». 
Parola del Signore. 
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Da oggi fino a Pentecoste la liturgia si trasforma in una continua e incessante invocazione alla venuta dello Spirito Santo. Nella colletta di oggi si dice: “fa' che nel tuo Spirito impariamo ad amarci gli uni agli altri come lui ci ha amati”. Nella prima lettura, dagli Atti degli Apostoli, in cui si racconta della effusione dello Spirito sui pagani in casa di Cornelio alla presenza di Pietro, si ricorda alla Chiesa di disporsi allo stesso modo per accogliere lo Spirito Santo e vivere in pienezza la fede cristiana. Il brano evangelico e la seconda lettura fanno riferimento al frutto più grande dell’opera dello Spirito, amare come Gesù, fino a dare la vita per i propri amici.  
Il brano di oggi è la continuazione di quello della scorsa domenica. Siamo sempre nel contesto dell’ultima cena e, liturgicamente, nella seconda parte del tempo pasquale, caratterizzato, come abbiamo già detto, dal tema della nostra relazione feconda con il Cristo risorto. Nella parabola della vite e dei tralci si è detto che il segno dell’autenticità di questa unione sono i frutti abbondanti di vita evangelica. Ora invece si dà risalto al suo contenuto: “Come il Padre ha amato me,  anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore”. Questo legame di amore tra il Signore risorto ed il discepolo è opera dello Spirito Santo. E’ lui che trasforma così profondamente la natura umana da renderla capace di un amore, simile a quello di Gesù: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati”, fino a diventare ‘vita donata’: “nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”.
Voi siete miei amici se fate ciò che io vi comando” dice Gesù. Evocando questa particolare relazione umana, l’amicizia, conosciuta o conoscibile da chiunque, almeno per difetto, intende rappresentare il contesto nel quale coltivarsi per realizzarsi nella comunione del suo amore. “Amici” non per una affinità psicologica, affettiva o di altra natura, ma unicamente e semplicemente perché egli ci ama come il Padre ha amato lui (cfr. Gv 15,9) e questo lo ha reso capace di dare la sua vita per noi. L’amico, pur essendo altro, è ‘il simile’ perché vive della reciprocità e della solidarietà di cui gode. Attraverso l’amicizia di Gesù siamo personalmente coinvolti a crescere in intensità e verità fino a convergere a lui. Questa è la via per la quale anche noi cominceremo a credere all’amore e a vivere per amore. Ciò che umanamente è molto difficile da realizzarsi, anche in una relazione intensa qual è quella coniugale tra uomo e donna, Dio lo ha fatto per noi, perché diventassimo suoi amici. Siamo veramente al cuore del mistero cristiano e, senza presunzione, mi pare di poter dire che siamo anche al centro del mistero della vita di ogni uomo e di tutta la storia umana. L’orizzonte non è quello moralistico di fissare dei criteri o dei limiti massimi o minimi, quali per esempio il “quanto?” o il “fino dove?”. Quello che Gesù ci ha comandato: “amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amati”, lo celebriamo e ci viene partecipato nell’Eucaristia per perpetuarlo nella storia, portando a compimento la missione di Gesù. Nella docilità allo Spirito Santo anche la Chiesa, e ciascuno di noi come sue membra, diventiamo corpo donato e sangue versato. –Ciò che si proclama con la bocca è creduto dalla mente, amato dal cuore per diventare ‘norma di vita’.  Nella celebrazione eucaristica maturiamo i sentimenti profondi di una mentalità di fede, sufficiente perché una verità tanto sublime venga accolta non tutta in una volta, ma anche per una sola volta nella nostra vita per sentirci veri uomini, liberi di volersi soggetti di amore “come io vi ho amati”.
Buona Domenica!
 don Marco Belladelli.

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