Pier Paolo Rubens, Ultima cena, 1631-1632, Milano. |
V Domenica di Pasqua “A”
Io sono la via , la verità, la vita.
Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre». Parola del Signore.
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Siamo durante l’ultima cena. Giuda ha abbandonato il cenacolo dopo che
Gesù ha svelato la sua volontà di tradimento. E’ stato pure annunciato il
rinnegamento di Pietro, al quale poco prima Gesù aveva parlato del suo necessario
distacco: “Dove vado io, tu per ora non puoi seguirmi”(13,26).
Conflitti, sconfessioni, abbandoni, tutte circostanze che mettono in
evidenza il punto debole dell’opera intrapresa da Gesù: gli Apostoli. Coloro
che egli aveva scelto perché stessero con lui e per mandarli a continuare la
sua missione dopo di lui (cfr Mc 3,14) si rivelano un vero fallimento. Sono
pieni di paure, chiusi in se stessi e continuano a non capire il piano di Dio
che Gesù è venuto a realizzare. E poi c’è da fare i conti con il tradimento di
Giuda che proietta un’ombra di morte su tutto e tutti. Era nota infatti
l’intenzione dei capi del popolo di uccidere Gesù (cfr Gv 11,47ss). Gesù, pur essendo prossimo ad affrontare la sua passione, non si preoccupa di se stesso, ma deve ancora una volta prendersi cura degli Apostoli, perché si rende conto del loro particolare stato d’animo: “Non sia turbato il vostro cuore”.
Per esprimere il sentimento del turbamento umano si fa riferimento al moto perpetuo delle onde del mare. Anche quando sembra una tavola, sotto la superficie l’acqua è sempre in movimento indotto da una misteriosa e inesauribile energia.
L’esperienza nella quale sperimentiamo un tale turbamento, che ci pervade fin nelle fibre più intime del nostro essere, è l’incontro con la morte. Di fronte alla morte ci sentiamo venir meno, come se fossimo trascinati nell’abisso della perdizione insieme a coloro che abbiamo perduto, senza poter opporre resistenza, senza nessuna possibilità di scampo.
Gesù vede il cuore turbato degli apostoli e dice loro: “Abbiate fede in Dio e in me …, Vado a prepararvi un posto …, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via”. Ma lo stato d’animo degli Apostoli, caratterizzato da sentimenti di apprensione, insicurezza e inquietudine non aiuta certo il dialogo e la comprensione reciproca. Una situazione che ben rappresenta le tante occasioni della vita nelle quali non comprendiamo il disegno di Dio e l’esistenza si manifesta in tutta la sua paradossale assurdità, fino a considerare il Padreterno un nemico da cui difendersi.
Per due volte viene interrotto dall’incontenibile inquietudine dei suoi interlocutori: “Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?” (v. 5) … “mostraci il Padre e ci basta” (v. 8). La risposta: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto” (vv. 6-7).
Tradotto in una forma più immediata: “Avete me e non vi basta? Con me c’è anche il Padre. Credetelo per le opere che compio”. E’ la sintesi dell’esperienza pasquale: vivere in Gesù e nel Padre, per mezzo dello Spirito Santo e trovare riscontro di questa realtà nelle opere compiute.
Allora chiediamocelo sinceramente e apertamente: ci basta Gesù? O abbiamo bisogno di altro? Ci basta quanto egli ha fatto per noi? Oppure vogliamo di più? Di che cosa andiamo in cerca? Forse non è ancora il momento per un confronto tanto serrato? Forse pensiamo di avere ancora tante cartucce da sparare, prima di arrenderci ad imboccare questa “Via” benedetta, di accogliere questa santa “Verità”, di immergerci anima e corpo in questa novità di “Vita”?
Quello che dice oggi Gesù nel Vangelo è più che mai vero: “Chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste”. Lo abbiamo visto, toccato con mano in duemila anni di storia della Chiesa nella vita di tanti uomini e donna che hanno fatto di Gesù la via e la verità della loro vita e tutti ne siamo testimoni.
Allora, per dirla alla maniera di San Giovanni Paolo II: “Non abbiate paura! Aprite,
anzi, spalancate le porte a Cristo, Via, Verità e Vita!”.
Buona Domenica!
don Marco Belladelli.
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