Il buon Pastore, catacombe di S. Callisto, inizio III sec., Roma. |
IV Domenica di Pasqua “A”
Io
sono la porta delle pecore.
DAL VANGELO SECONDO GIOVANNI
(10, 11-18)
In
quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel
recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un
brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano
gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna
per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore,
cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un
estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui,
perché non
conoscono la voce degli estranei». Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza». Parola del Signore.
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La quarta Domenica di Pasqua è rimasta anche dopo la riforma liturgica
conciliare la Domenica del Buon Pastore. Con questa parabola la liturgia
pasquale segna un importante passaggio di prospettiva spirituale. Dal confronto
con i racconti delle apparizioni del risorto passiamo ai discorsi di Gesù
riportati dall’evangelista Giovanni. Confermati nella fede della risurrezione
come evento reale e fondamentale, ora siamo chiamati a rafforzare sempre più il
nostro rapporto personale con il Signore Gesù, a partire dalla novità
rappresentata dalla sua risurrezione.
Nel capitolo 10 di Giovanni Gesù si paragona al “bravo” pastore, cioè a colui che
fa il bene delle pecore, diversamente dai mercenari e dai ladri, che invece
sfruttano il gregge, lo danneggiano e nel momento del pericolo lo abbandonano.
Gesù però non sta pensando a qualcosa di generico e di astratto. Il recinto a
cui fa riferimento è il tempio di Gerusalemme e il guardiano che apre la porta
è il custode del tempio stesso. Con questa parabola Gesù polemizza apertamente con i capi d’Israele, che spadroneggiano sul popolo come dei ladri e dei briganti. Non si tratta di un’accusa astratta e pregiudiziale, ma della reazione di Gesù all’espulsione dalla sinagoga del cieco nato, che lui stesso aveva guarito (cfr Gv 9,34). Davanti ad un segno tanto forte: “Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato”(Gv 9,32), le autorità religiose d’Israele si sono arrogantemente e presuntuosamente chiuse sulle loro posizioni, minacciando di espellere dalla sinagoga chiunque avesse creduto in Gesù.
Gesù invece paragonandosi alla “porta delle pecore” si rivela come l’unica e vera ragione di salvezza per l’umanità. Le pecore “riconoscono la sua voce e lo seguono”, attraverso di lui “entrano ed escono” e “trovano pascolo”. Ma soprattutto da lui ricevono la vita in abbondanza.
Nelle immagini del linguaggio parabolico viene descritta la sostanza dell’esperienza cristiana, cioè il vivere per Cristo, con Cristo e in Cristo. Viene così progressivamente annunciata e manifestata la presenza e l’opera dello Spirito Santo. Suo compito fondamentale infatti è quello di guidarci a Gesù, ‘insegnando’ e ‘facendo memoria’ di tutto ciò che Gesù ha detto e fatto durante la sua missione sulla terra. Come è accaduto ai Discepoli di Emmaus (cfr Lc 24,13ss), è lo Spirito Santo che attraverso la parola di Gesù fa ardere il nostro cuore fino a suscitare in noi la fede e donarci la forza della testimonianza. E’ lo Spirito Santo che rende possibile, concreta e attuale per chiunque lo desideri questa relazione con Gesù fino alla pienezza della vita. Dio non fa preferenze di persone.
Il tempo pasquale infatti culminerà con l’effusione dello Spirito Santo
sulla Chiesa e sul mondo nel giorno di Pentecoste.
Oggi è anche la 54° GIORNATA MONDIALE DI PEGHIERA PER LE VOCAZIONI. Il
tema scelto da Papa Francesco è “Sospinti
dallo Spirito per la missione ”. Nel suo messaggio il Santo Padre ci
ricorda che: “Con questa fiducia evangelica ci apriamo all’azione silenziosa dello
Spirito, che è il fondamento della missione. Non potrà mai esserci né pastorale
vocazionale, né missione cristiana senza la preghiera assidua e contemplativa.
In tal senso, occorre alimentare la vita cristiana con l’ascolto della Parola
di Dio e, soprattutto, curare la relazione personale con il Signore
nell’adorazione eucaristica, “luogo” privilegiato di incontro con Dio”. Oggi preghiamo per tutte
le vocazione, ma soprattutto per i nostri preti e per le future vocazioni alla
vita sacerdotale.
don Marco Belladelli.
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