Aborto
e obiezione di coscienza
Marco Belladelli.
C’era d’aspettarselo che prima o poi
sarebbe successo. Mi riferisco all’attacco al diritto dell’operatore sanitario,
medico, infermiere o qualsiasi altra figura professionale coinvolta, di
esercitare l’obiezione di coscienza in caso di aborto, previsto dalla legge
194/78 sulla interruzione volontaria della gravidanza(IVG), messo in campo
dalla regione Lazio con l’indizione di un bando di concorso
all’ospedale “San
Camillo” di Roma espressamente per due medici ginecologi non obiettori, ai
quali addirittura si chiede per il futuro di non ritrattare questa loro scelta.
Chi vive nell’ambiente sanitario, ed opera nell’ambito della vita nascente,
sapeva bene, e non da ora, che il problema del conflitto tra medici obiettori e
applicazione della legge con cui si è legalizzato l’aborto in Italia, prima o
poi sarebbe scoppiato. La ragione del conflitto? Sono troppi i medici
obiettori, più del 70% a livello nazionale, nel Lazio superano l’ 80%. Per
questo in alcuni ospedali italiani non si riesce a garantire il servizio.
Naturalmente non si poteva non tirare in ballo l’Europa, che già da alcuni anni
continua a fare pressioni sul Governo italiano, perché proprio a proposito
dell’aborto limiti, se non addirittura abolisca il diritto all’obiezione di
coscienza degli operatori sanitari, perché in conflitto con il diritto alla
salute della donna. Conflitto del resto non assolutamente irrimediabile,
a cui porre rimedio attraverso per esempio una buona organizzazione. Ma, come è già successo in altri casi,
si preferisce la provocazione in pieno stile radical chic per aprire una
breccia che nessuno riuscirà più a richiudere. L’attuale Ministro della salute,
Onorevole Lorenzin, ha detto che il bando è illegale, ma vedremo mai in campo i
suoi ispettori per difendere un diritto inviolabile della persona all’obiezione
di coscienza costituzionalmente garantito, come è successo per alcuni casi di
mala sanità? E ci sarà un giudice che avrà il coraggio di inquisire il
presidente della regione Lazio, Nicola Zingaretti, con tutti i collaboratori
coinvolti a vari livelli, per avere palesemente violato la legge? In Italia il diritto all’obiezione di
coscienza è stato riconosciuto a chi non voleva fare il servizio militare e a
tutti gli operatori sanitari contrari all’aborto, legalizzato con la legge
194/1978. In entrambi i casi si tratta di aspetti riguardanti il 5°
comandamento “non uccidere”, cioè la vita umana e la sua tutela. A quasi 40
anni dalla pubblicazione della legge 194, sbandierata come un traguardo di civiltà e come una
conquista per l’emancipazione della donna, la realtà dell’aborto è
sostanzialmente modificata. La drastica diminuzione degli interventi di
interruzione della gravidanza rispetto a qualche decennio fa, è dovuta alla
larga diffusione della cosiddetta ‘pillola del giorno dopo’, all’introduzione
della RU486 e della
‘elleOne’, presidi farmaceutici attraverso i quali si tende a rendere la tragica
piaga dell’aborto una questione del tutto privata, nella massima indifferenza
etica ed emotiva di tutti, come se espellere il proprio figlio nella tazza del
bagno di casa, al modico prezzo di pochi euro, fosse la cosa più naturale del
mondo. Due sono a mio modesto pare i problemi aperti dalla questione
dell’obiezione di coscienza. Al di là dell’inevitabile gioco delle parti, sono
più che mai convinto che il tema rappresenti il nervo scoperto del nostro
tempo, ricordando che i passaggi storici più dolorosi sono sempre iniziati con
l’anestetizzare prima e il soffocare poi la coscienza degli individui. L’altro
problema riguarda la presenza dei cattolici nella società italiana ed europea.
Per molti di loro c’è l’ambiguità di chi si identifica come cristiano, ma poi
professa e promuove valori palesemente contrari alla fede. Per gli altri che si
sforzano di perseguire una certa coerenza, sempre più in contrasto con la
cultura e i costumi dominanti nella nostra società, sono destinati a diventare
cittadini di serie”B”, come accade per esempio nei territori occupati
dall’ISIS? Marco Belladelli.
pubblicato su "LA VOCE DI MANTOVA" del 24/02/2017.
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