venerdì 24 febbraio 2017

Il Vangelo della salute del 26/02/2017

Pietro da Cortona, Trionfo della divina Provvidenza (particolare), 1633-39, Roma, Palazzo Barberini.
VIII Domenica del tempo Ordinario “A”
Non affannatevi per il domani.
DAL VANGELO SECONDO MATTEO  (6, 24-34) In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza.
Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito?
Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita?
E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede?
Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno.
Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.
Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena». Parola del Signore.

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Siamo alla quinta puntata del discorso della montagna. Oggi l’oggetto della riflessione è il rapporto con la ricchezza e i beni materiali. L’avidità è uno dei vizi capitali più diffusi e rappresenta un ostacolo tra i più rilevanti e più difficili da superare sul nostro cammino verso il regno di Dio. Basta ricordare l’epilogo dell’incontro con il giovane ricco, quando Gesù gli ha chiesto di vendere tutto e di seguirlo, la sua reazione fu la seguente: “Udita questa parola, il giovane se ne andò, triste; possedeva infatti molte ricchezze.” (Mt 19,22).
Gesù parla dell’attaccamento alla ricchezza come di una vera e propria forma di idolatria, in aperta opposizione all’unico e vero Dio: “Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza”.
Nella Bibbia l’idolatria è considerata uno dei peccati più gravi che si possano compiere. Condannata dal primo comandamento: “Io sono il Signore, tuo Dio” (Es 20,2), attira l’ira di Dio sul popolo, come è accaduto più volte nell’antico Testamento (cfr. Ef. 5,5-6). Quando Israele cede alla tentazione di seguire i culti pagani, venendo meno alla fedeltà dell’Alleanza sinaitica, Dio lo castiga ritraendosi dal popolo per lasciarlo in balia dei suoi nemici. E’ il punto centrale della cosiddetta teologia deuteronomista, principio in base al quale è stata redatta gran parte della storia d’Israele, a cominciare dall’esodo per finire con l’esilio babilonese, meritato castigo divino conseguenza di una infedeltà del popolo non più tollerabile, castigo che addirittura ha indotto Israele a dubitare della validità della stessa alleanza.
L’unico modo per sottrarsi al rischio dell’idolatria è di vivere nell’abbandono più totale alla provvidenza di Dio, come fanno gli uccelli del cielo e i fiori del campo, perché agli occhi del Signore l’uomo è molto più importante dei passeri o dei gigli. Nelle suadenti immagini con cui Gesù descrive l’abbandono alla divina provvidenza, e cioè il non affannarsi per il mangiare e il bere, per il vestire e il domani in genere, ritroviamo l’atmosfera del paradiso terrestre in cui hanno vissuto i nostri progenitori, Adamo ed Eva. Utopia o realtà? Provare per credere …
Alla fine arriva l’indicazione di Gesù su che cosa invece dobbiamo concentrare il nostro impegno di vita: “Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta”. ‘Il regno di Dio e la sua giustizia consistono in tutto ciò che Gesù ci ha insegnato in queste settimane con il discorso della montagna, dalle ‘Beatitudini’ in poi, nella prospettiva del compimento della Legge di Dio, la nuova Torah del Messia, fino al suo vertice rappresentato dall’amore ai nemici.
Il recupero della centralità di Dio e della sua volontà nella nostra vita porterà nella nostra esistenza un equilibrio generale nel segno della giustizia e dell’armonia con se stessi, con i fratelli e con tutto il creato. Non ci resta che incamminarci sulla via dell’amore di Dio e del prossimo, come Gesù ci ha insegnato, per sperimentare tanta provvidenza.
Buona Domenica!
don Marco Belladelli.

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