mercoledì 7 ottobre 2015

Il Vangelo della salute dell'11/10/2015

Heinrich Hofman, Gesù e il giovane ricco.
XXVIII del Tempo Ordinario, “B”
Vendi quello che hai e seguimi.
 Dal Vangelo secondo Marco (10, 17-30)
In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”».

Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».
Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà». Parola del Signore.

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Gesù è in viaggio verso Gerusalemme quando viene interrotto da un tale, tradizionalmente ritenuto un giovane, che si butta ai suoi piedi per chiedergli: “che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?”. Al centro del racconto c’è lo sguardo pieno d’amore di Gesù che fissa il suo interlocutore e lo invita “ … vieni! Seguimi!”.
Mentre Gesù è in cammino verso Gerusalemme, dove si compirà il suo destino, un tale in modo piuttosto plateale si getta ai suoi piedi e, chiamandolo “Maestro buono”, gli  chiede che cosa fare per possedere la vita eterna.
Fin dall’inizio del suo ministero Gesù era stato riconosciuto come un Maestro che si differenziava da tutti gli altri per il suo “insegnamento nuovo, dato con autorità” (Mc 1,27). Per la prima volta viene chiamato “buono”, attributo squisitamente divino, come commenta egli stesso: “Nessuno è buono, se non Dio solo”, e che egli non rifiuta ma ne evidenzia il valore teologico.
La vita eterna consiste nella piena comunione con Dio. E chi meglio di Gesù, “buono” come  Dio stesso e nostro Maestro, può rispondere a questa richiesta?
Gesù procede con gradualità. Nella sua risposta non fa riferimento alla preghiera o ad altri atti esplicitamente religiosi, ma indica nell’osservanza della seconda tavola dei comandamenti, quelli che riguardano l’amore del prossimo, enumerandoli uno dopo l’altro, la via per possedere la vita eterna.
Due conseguenze importanti. Per il cristiano la vera religione consiste nell’amare il fratello, perché chi dice di amare Dio e odia il proprio fratello è un bugiardo (cfr 1Gv 2,9ss e parr). Per fare proprio il messaggio cristiano nella sua interezza e profondità è necessaria una buona coscienza, cioè una maturità morale capace di accogliere i principi e i valori fondamentali dell’umana convivenza, quali l’onestà, la rettitudine e il rispetto degli altri, sintetizzati nei sette comandamenti dell’amore del prossimo.
Il giovane risponde che questo lo fa già, reclamando implicitamente da Gesù qualcosa di più impegnativo e radicale. Siamo al momento centrale dell’episodio. Gesù “fissato lo sguardo su di lui, lo amò”. Dio  ci previene sempre. Quell’incontro fortuito si trasforma in un rapporto molto più intenso e profondo. Lo sguardo di Gesù è lo sguardo di Dio. Uno sguardo che sta all’origine della nostra vita e, come dice il profeta: “Io poserò lo sguardo sopra di loro per il loro bene” (Ger 24,6), è causa di salvezza.
Quando Gesù chiama a seguirlo, prima di chiedere offre il suo amore per disporre la persona ad accogliere la chiamata: “và, vendi quello che hai e dàllo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!”.
L’avidità per le ricchezze vanifica la proposta di Gesù ed il giovane se ne andò triste “poiché aveva molti beni”. Seguono le considerazioni di Gesù sul pericolo rappresentato dalla ricchezza per coloro che desiderano entrare a far parte del Regno di Dio.
Già nella spiegazione della parabole del seminatore si era parlato dell’ “inganno della ricchezza” (Mc 4,19) come uno dei principali ostacoli per accogliere la parola di Dio. Ora ne abbiamo un esempio concreto. Come le spine soffocano il buon grano, così l’attaccamento ai beni materiali impedisce di distinguere tra il possesso di un tesoro in terra e quello di “un tesoro in cielo”. Voleva “avere la vita eterna”, colui che già “aveva molti beni”. Voleva la vita eterna, senza rinunciare ai suoi molti beni. La pericolosità del possesso delle ricchezze comincia quando per causa loro diventa impossibile accogliere e seguire la chiamata al regno di Dio. Un materialismo, che ostacola l’incontro con Dio.
Per ben due volte Gesù si rammarica e ammonisce quanto sia difficile per un ricco entrare nel regno dei cieli. I discepoli, “sbigottiti”, arrivano a dubitare della possibilità che qualcuno si possa salvare. Davanti al loro scoraggiamento, Gesù li invita a confidare nell’onnipotenza di Dio, perché “tutto è possibile presso Dio”.
Il brano si conclude con la promessa del centuplo per tutti coloro che per il regno di Dio hanno abbandonato non soltanto i beni materiali, ma anche gli affetti più cari della propria famiglia.
Buona Domenica!
 don Marco Belladelli.


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