domenica 4 ottobre 2015

COSTUME E SOCIETA'/4



Monsignor Krzysztof Charamsa
CHI SONO IO PER GIUDICARE ...?
Davanti al coming out del giovane teologo della Congregazione per la Dottrina della fede, Monsignor Krzysztof Charamsa, che in un intervista uscita ieri sul Corriere della Sera si è dichiarato omosessuale, felicemente accompagnato, saranno venute in mente a molti quelle parole pronunciate da Papa Francesco nel volo di ritorno dal Brasile (29/07/2013), quando rispondendo a una domanda sulla presenza di una lobby gay in Vaticano, ha cercato con astuzia gesuitica di cavarsela alla meno peggio separando i due aspetti del problema, quello della lobby da quello dell'omosessualità. Il caso
del resto calza a pennello. Al di là di quelle che saranno le conseguenze personali del suo gesto, Charamsa rimarrà per la Chiesa un battezzato, un credente, che d'ora in poi vive apertamente e pubblicamente la sua omosessualità. Chi sono io per giudicarlo?
Stando alle dichiarazioni di Padre Lombardi, il problema più grave sembra essere quello "mediatico" per le pressioni che ci possono essere sul Sinodo, apertosi oggi solennemente nella basilica di S. Pietro con la celebrazione eucaristica.
Da quello che riusciamo ad intuire, lo scoop di mons. Charamsa è stato preparato con grande abilità fin nei minimi particolari. La scelta del più importante quotidiano italiano, la scelta della data per la pubblicazione, il giorno che precede l'apertura del Sinodo, la convocazione nello stesso giorno di una conferenza stampa presso un noto ristorante di piazza del Popolo, sono tutti particolari che lasciano intravedere una sapiente regia, a cui si aggiungono i rumors che già nel pomeriggio di venerdì giungevano dalla Polonia, patria del giovane monsignore.
Davanti ad una cosa così ben architettata, vuoi che in Vaticano nessuno si fosse accorto di niente? Difficile a credersi. Falliti tutti i tentativi per evitare lo scandalo, non rimaneva che giocare di rimessa, e cioè liquidarlo come un problema personale. Dopo essere stato sospeso da tutti i suoi incarichi romani, certamente seguirà la riduzione allo stato laicale, già messa in conto. Dalle indiscrezioni di stampa si capisce che il Charamsa ha già pronto un libro di memorie che molto facilmente farà il giro del mondo. Quando poi il suo caso non farà più notizia, potrà mettere a frutto le importanti competenze che ha maturato nel suo curriculum di studio e di ministero. Insomma non morirà di fame. La qual cosa non ci può che far piacere. Oltre a far nostro il "Chi sono io per giudicare ...", auguro al già monsignore ogni bene, affidandolo alla infinita misericordia di Dio di cui tutti abbiamo assoluto bisogno.
Oltre gli aspetti personali, secondo le dichiarazioni di padre Lombardi, il vero problema rimane dunque quello mediatico. Poiché con molta probabilità l'appello ai preti omosessuali di uscire tutti allo scoperto rimarrà inascoltato e nonostante la competenza teologica di primo piano, anche le argomentazioni di Charamsa a sostegno della sua scelta sono le solite, ormai trite e ritrite, senza nessun rilievo, se non quello del rispetto umano dovuto a chiunque, il nocciolo del problema mediatico sta altrove.  
Mario Adinolfi ieri in un suo post su fb interpretava l'uscita di Charamsa come un elemento di una strategia molto più ampia con la quale si vuol mettere la Chiesa alle corde di fronte all'imminente introduzione in Italia della legge a favore delle unioni civili. E' possibile pensare che in questa strategia sia compresa anche la recente uscita sempre sul Corriere della Sera del cardinal Kasper: "Gay si nasce", apertamente in contrasto con il Catechismo?
Allora l'orizzonte non è limitato allo scenario italiano, ma è molto più ampio e tutto lascia intendere che ci saranno conseguenze ben oltre il caso personale di un prete quarantenne in crisi.

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