giovedì 22 ottobre 2015

Il Vangelo della salute del 25/10/2015

El Greco, Il cieco di Gerico, Parma, Galleria Nazionale
XXX Domenica del Tempo Ordinario, “B”.
Rabbunì, che io veda di nuovo!
Dal Vangelo secondo Marco (10, 46-52)
In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».
Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».

Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.
Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada. Parola del Signore
---------------------------------------------------------------------
Nel suo viaggio verso Gerusalemme Gesù è costretto ad un altro stop. Questa volta è il cieco Bartimeo di Gerico a chiedere il suo aiuto. Finora Gesù era stato ripetutamente interrotto e ostacolato da dubbi e difficoltà di chi alla fine non lo ha seguito. Prima i farisei con la questione del divorzio, poi il giovane ricco, che non se l’è sentita di abbandonare tutti i suoi beni, e infine l’ambizione per i primi posti dei due Apostoli, Giacomo e Giovanni. Questa volta invece il cieco guarito lo segue lungo la strada.
Prima di arrivare a Gerico Gesù aveva detto agli Apostoli: “Il Figlio dell'uomo è venuto per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”. Il cieco guarito, che lo segue sulla strada che porta a Gerusalemme è l’esempio concreto che ci fa capire in che cosa consiste quel servizio del “dare la propria vita in riscatto per molti.
Per Bartimeo è l’occasione della vita. Sapeva di Gesù, ma la sua cecità gli impediva di raggiungerlo. Mai avrebbe pensato che sarebbe passato per quella strada. Gesù si ferma non per rispondere a dei quesiti, ma all’invocazione compassionevole di un uomo che vuole liberarsi dalla condizione umiliante della cecità e da tutte le sue conseguenze emarginanti che porta con sé: “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!”.
Tra lui e Gesù c’è però di mezzo la folla, una folla molto diversa da quella entusiasta che abbiamo conosciuto in Galilea e che inseguiva Gesù da una sponda all’altra del mare di Tiberiade, tanto che non avevano neanche il tempo di riposare. Quella di Gerico è una folla che per Bartimeo diventa un ostacolo tra lui e Gesù :“Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte”.
La chiamata di Gesù, riconosciuto come Messia, cambia completamente la sua vita. Lo comprendiamo dal gesto di liberarsi dal mantello (il mantello è nella bibbia l’elemento essenziale ed indispensabile per la sopravvivenza di poveri, serviva loro per ripararsi di notte per chiedere la carità; cfr Deut 24,12-13), e dal balzare in piedi per abbandonare definitivamente quella postazione sulla strada tra Gerico a Gerusalemme. Una via molto trafficata, soprattutto in occasione delle feste ebraiche, da coloro che si recavano al tempio per compiervi le loro pratiche religiose. Quel luogo, dove egli chiedeva l’elemosina, per anni aveva rappresentato la fonte sicura del suo sostentamento.
Gesù gli chiede: “Che vuoi che io ti faccia?”, domanda apparentemente del tutto superflua. Che cosa poteva desiderare un cieco, quando ha l’opportunità di incontrare un taumaturgo come Gesù? E’ la stessa domanda che Gesù ha rivolto a Giacomo e Giovanni che chiedevano di vedere soddisfatta la loro ambizione. Il confronto ci insegna che cosa bisogna chiedere nella preghiera a Gesù.
Siamo così giunti alla conclusione dell’episodio: “«Rabbunì, che io riabbia la vista!». E Gesù gli disse: «Và, la tua fede ti ha salvato» E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada”. Finalmente Gesù trova qualcuno che lo segue convinto, senza “se” senza “ma”.
Essere cristiani significa aver fatto l’esperienza della fede che salva, cioè  aver incontrato Gesù che ti ha cambiato la vita, come è cambiata per Bartimeo che una volta sanato ha cominciato a seguirlo seriamente. Per riconoscere in Gesù il nostro Salvatore è necessario prendere coscienza fino in fondo della nostra povertà e miseria. Finché invece saremo convinti di bastare a noi stessi, di poter contare sui nostri mezzi, perché ascoltare e seguire Gesù alla fine è troppo impegnativo e costa troppo, vuol dire che la nostra fede è ancora lontana dall’essere causa di salvezza.
Ma la cosa che più ci conforta e ci dà speranza è sapere che prima o poi Gesù passa per la strada su cui ci troviamo e ci manda a chiamare per sapere che cosa vogliamo da lui.
Buona Domenica!
 don Marco Belladelli.

Nessun commento:

Posta un commento