XIX Domenica del Tempo Ordinario, “B”
Io
sono il pane vivo, disceso dal cielo
Dal Vangelo secondo Giovanni (6, 41-51)
In quel tempo, i Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?».
Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.
Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Parola del Signore.
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La parte del discorso che oggi la liturgia ci propone èun’inclusione tra due affermazioni di Gesù molto simili, nelle quali però si nota uno sviluppo nella rivelazione del pane di vita, che cercherò di evidenziare in queste mie riflessioni.
La prima è quella del v.35: “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!”, con cui si è concluso il brano liturgico di Domenica scorsa. L’altra è quella del v.51. “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” che chiude il brano di oggi.
I Giudei cominciano a raffreddarsi e a prendere le distanze. Infatti, dalla richiesta di avere il pane vero che sfama per sempre (vedi v.34), ora si passa ad obiezioni di natura personale nei confronti di Gesù, molto simili a quelle mosse dai suoi compaesani di Nazareth (cfr Mc 6,2-3), che Gesù stesso definisce ‘mormorazioni’: chi si crede di essere?
Da quando ha affermato di essere “disceso dal cielo” (v.38), è cambiato radicalmente il loro atteggiamento. Non sono più disposti ad ascoltarlo, né tanto meno a seguirlo. Il grosso problema è la sua origine divina. Noi invece vogliamo procedere.
Gesù risponde descrivendo la fede come un essere attratti da Dio e un lasciarsi ammaestrare da Lui. L’esperienza della fede è la scoperta della possibilità di ascoltare Dio Padre e di imparare da Lui. Come Adamo ed Eva sentivano i passi di Dio nel giardino dell’Eden (Gen 3,8), allo stesso modo Dio oggi ci spinge a Gesù (v.43), riconoscendo il lui “colui che è disceso dal cielo”(v. 50). La fede è ciò che ti fa vedere i segni di Dio, ti apre alla loro vera comprensione e ti guida alla vera realtà che essi significano. Realtà sempre nuova e straordinariamente sorprendente, nella quale Dio si concede a noi, senza che ci sentiamo degli estranei, né dei privilegiati e tanto meno delle persone fuori dal mondo. L’incontro con Gesù, “colui che viene da Dio”(v. 46), è la via che ci conduce a Dio.
Gesù quindi riprende a parlare del segno del pane per approfondirne il significato ed allargare i confini della rivelazione del mistero della sua persona: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”. Soltanto cibandoci di esso siamo resi partecipi della vita eterna.
Tutti noi abbiamo esperienza del cibo materiale e, nel bene e nel male, ne conosciamo l’importanza, ma non siamo altrettanto consapevoli dell’importanza del “pane del cielo” per la nostra vita. Oltre al cibo materiale, abbiamo bisogno di un altro nutrimento per la nostra anima, come rispose Gesù al demonio nel deserto: “Non di solo pane vivrà l'uomo” (cfr Mt 4,4). Gesù è questo cibo. Egli si offre a noi come “il pane vivo, disceso dal cielo”, come “carne per la vita del mondo”. Se siamo convinti che la vita è dono di Dio, e che da Lui veniamo e a Lui torniamo, come possiamo fare a meno di questo pane vivo disceso dal cielo? Non si tratta di fuggire da questo mondo per pensare soltanto all’eternità. Quando Gesù dice che ha offerto se stesso (la sua carne) per la vita del mondo, vuol dire che con l’energia propria di questo cibo cammineremo in questo mondo per cambiarlo ad immagine e somiglianza del regno di Dio descritto nel Vangelo, fino al raggiungimento dell’eternità. L’Eucaristia è la nostra vita, la nostra carità, la nostra Speranza, la nostra misericordia, la nostra eternità.
In quel tempo, i Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?».
Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.
Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Parola del Signore.
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La parte del discorso che oggi la liturgia ci propone èun’inclusione tra due affermazioni di Gesù molto simili, nelle quali però si nota uno sviluppo nella rivelazione del pane di vita, che cercherò di evidenziare in queste mie riflessioni.
La prima è quella del v.35: “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!”, con cui si è concluso il brano liturgico di Domenica scorsa. L’altra è quella del v.51. “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” che chiude il brano di oggi.
I Giudei cominciano a raffreddarsi e a prendere le distanze. Infatti, dalla richiesta di avere il pane vero che sfama per sempre (vedi v.34), ora si passa ad obiezioni di natura personale nei confronti di Gesù, molto simili a quelle mosse dai suoi compaesani di Nazareth (cfr Mc 6,2-3), che Gesù stesso definisce ‘mormorazioni’: chi si crede di essere?
Da quando ha affermato di essere “disceso dal cielo” (v.38), è cambiato radicalmente il loro atteggiamento. Non sono più disposti ad ascoltarlo, né tanto meno a seguirlo. Il grosso problema è la sua origine divina. Noi invece vogliamo procedere.
Gesù risponde descrivendo la fede come un essere attratti da Dio e un lasciarsi ammaestrare da Lui. L’esperienza della fede è la scoperta della possibilità di ascoltare Dio Padre e di imparare da Lui. Come Adamo ed Eva sentivano i passi di Dio nel giardino dell’Eden (Gen 3,8), allo stesso modo Dio oggi ci spinge a Gesù (v.43), riconoscendo il lui “colui che è disceso dal cielo”(v. 50). La fede è ciò che ti fa vedere i segni di Dio, ti apre alla loro vera comprensione e ti guida alla vera realtà che essi significano. Realtà sempre nuova e straordinariamente sorprendente, nella quale Dio si concede a noi, senza che ci sentiamo degli estranei, né dei privilegiati e tanto meno delle persone fuori dal mondo. L’incontro con Gesù, “colui che viene da Dio”(v. 46), è la via che ci conduce a Dio.
Gesù quindi riprende a parlare del segno del pane per approfondirne il significato ed allargare i confini della rivelazione del mistero della sua persona: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”. Soltanto cibandoci di esso siamo resi partecipi della vita eterna.
Tutti noi abbiamo esperienza del cibo materiale e, nel bene e nel male, ne conosciamo l’importanza, ma non siamo altrettanto consapevoli dell’importanza del “pane del cielo” per la nostra vita. Oltre al cibo materiale, abbiamo bisogno di un altro nutrimento per la nostra anima, come rispose Gesù al demonio nel deserto: “Non di solo pane vivrà l'uomo” (cfr Mt 4,4). Gesù è questo cibo. Egli si offre a noi come “il pane vivo, disceso dal cielo”, come “carne per la vita del mondo”. Se siamo convinti che la vita è dono di Dio, e che da Lui veniamo e a Lui torniamo, come possiamo fare a meno di questo pane vivo disceso dal cielo? Non si tratta di fuggire da questo mondo per pensare soltanto all’eternità. Quando Gesù dice che ha offerto se stesso (la sua carne) per la vita del mondo, vuol dire che con l’energia propria di questo cibo cammineremo in questo mondo per cambiarlo ad immagine e somiglianza del regno di Dio descritto nel Vangelo, fino al raggiungimento dell’eternità. L’Eucaristia è la nostra vita, la nostra carità, la nostra Speranza, la nostra misericordia, la nostra eternità.
Buona Domenica!
don Marco Belladelli.
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