L'impronta del piede di Gesù sul monte dell'ascensione a Gerusalemme. |
Solennità
dell’Ascensione al cielo
di N.S. Gesù Cristo “B”
Gesù
è elevato in cielo e sedette alla destra di Dio
In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano. Parola del Signore.
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Come
ci ricorda san Luca nella 1° lettura (cfr At 1,9ss), quaranta giorni dopo la
risurrezione, Gesù è salito al cielo. L’Evangelista descrive l’evento parlando
di una nube, di cielo e di uomini in bianche vesti, tutti elementi tipici di
una teofania, cioè la forma letteraria con cui nella bibbia si rende la
manifestazione della realtà stessa di Dio nella nostra dimensione terrena.
Marco
invece nel brano del vangelo, con il suo stile sintetico e diretto, dice
semplicemente: “fu elevato in cielo
e sedette alla destra di Dio”. Detto in altri termini, Gesù ritorna a quella
condizione divina che gli era propria prima dell’incarnazione e, seduto alla
destra del Padre, raggiunge il vertice massimo della sua glorificazione
iniziato con la passione: “Padre, glorifica il tuo nome". Venne allora una voce dal cielo:
"L'ho glorificato e lo glorificherò ancora!".” (Gv 12,28).
Paradossalmente
nel seguito del suo racconto Marco non evidenzia una separazione, ma una nuova
complicità nella missione tra Gesù e gli apostoli. Essi “partirono e predicarono dappertutto mentre il Signore
agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano”.
L’evento
dell’Ascensione non va quindi interpretato come una perdita o un abbandono, ma
come una esperienza di comunione ancora più forte nella missione di annunciare
il Vangelo e di portare la salvezza di Dio a tutti gli uomini.
Inoltre
salendo al cielo, Gesù non si sbarazza del suo corpo, ciò che più lo unisce a
noi secondo il principio teologico: caro
cardo salutis (la carne, cardine di salvezza), come se si trattasse di una
inutile zavorra, ma lo porta con sé nella sua forma gloriosa per renderlo
partecipe della stessa vita di Dio.
In
questo modo orienta il cammino di ogni uomo, e di tutta umanità nel suo
insieme, verso il ritorno alla casa del Padre. Il traguardo della nostra vita è
la partecipazione alla vita intratrinitaria in Paradiso.
La
festa dell’Ascensione è una buona opportunità per guardare al Paradiso. Ne
hanno parlato molti mistici nel corso dei duemila anni di storia della Chiesa,
descrivendolo come una condizione di luce, di pace, di gioia, una beatitudine
nella piena comunione con Dio e con i fratelli.
Al
di là della suggestione dei vari racconti, il Paradiso è la meta e il premio
dei giusti, che hanno vissuto come il Signore ci ha insegnato, credendo e sperando
in Lui. Pensare al Paradiso, non significa fuggire dalla concreta realtà per inseguire
una illusione, ma dare forza al nostro impegno a favore della giustizia, della
pace e dell’amore tra gli uomini. Quante volte di fronte a tanta arroganza,
prepotenza, presunzione e superbia siamo stati tentati di lasciar perdere ogni
sforzo per cambiare questo mondo nel segno del regno di Dio? La realtà del
Paradiso ci fa capire che anche il minimo gesto non è inutile, perché tutto
troverà un suo compimento, come dice bene Gesù nella parabola del giudizio
universale: “tutto quello che avete fatto
a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me ” (Mt 25,40). Guardare al Paradiso ci dà la forza necessaria
per deciderci seriamente a seguire la via della santità. Senza questo orizzonte
la vita si riduce alla dimensione terrena e si trasforma in una lotta per la
sopravvivenza ad ogni costo degli uni contro gli altri. Paradossalmente si può
arrivare all’assurdo di una esperienza religiosa senza Dio, che sconfina nell’apostasia.
Che Dio ci scampi da un simile abominio.
Intanto,
con tutti gli Angeli e i Santi del Paradiso, glorifichiamo il Signore Gesù che
è salito al cielo, ci ha aperto la via per il ritorno alla casa del Padre e ci
accompagna e ci sostiene ogni momento nel nostro cammino terreno, fino al
giorno in cui riceveremo anche noi in dono la beatitudine eterna.
Buona Domenica!
don Marco Belladelli.
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