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Il Buon Pastore del Murillo (1650). |
IV Domenica di Pasqua “B”
Il
buon pastore dà la propria vita per le pecore.
In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio». Parola del Signore.
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La
IV Domenica di Pasqua segna un passaggio di prospettiva spirituale. Dopo i
racconti delle apparizioni di Gesù risorto, in cui scopo è di confermarci nella
fede della risurrezione, come evento reale e fondamentale del cristianesimo,
nella liturgia domenicale ascolteremo brani tratti dai discorsi tenuti da Gesù in
diverse occasioni del suo ministero, ma soprattutto durante l’ultima cena.
Accolto il grande mistero della risurrezione, il passo successivo per la nostra
vita spirituale consiste nell’entrare in rapporto con il Signore risorto, per
partecipare della novità di vita che egli è venuto a portare nel mondo.
Viene
così gradualmente annunciata ed evidenziata la presenza e l’opera dello Spirito
Santo, il cui compito fondamentale è quello di guidarci a Gesù, per conformarci
come discepoli a sua immagine e somiglianza. Culmine delle celebrazioni
pasquali sarà infatti l’effusione dello Spirito Santo sulla Chiesa e sul mondo.
Anche
dopo la riforma liturgica conciliare, la IV Domenica di Pasqua è rimasta la
Domenica del Buon Pastore, a cui nel 1964 era già stata collegata la celebrazione
della GIORNATA MONDIALE PER LE VOCAZIONI.
Il
brano proposto è tratto dal famoso discorso del capitolo 10 di Giovanni, nel
quale Gesù si propone come il “bravo”
pastore, cioè colui che fa il bene delle pecore, diversamente dai mercenari e
dai ladri, che invece sfruttano il gregge, lo danneggiano e nel momento del
pericolo lo abbandonano. Il recinto non è un ovile qualsiasi, ma il tempio di
Gerusalemme. Il guardiano che apre la porta è il custode del tempio stesso.
Senza
questi riferimenti, saremmo tentati di
pensare ad un fuorviante e generico contesto bucolico, mentre da parte di Gesù c’è
la chiara la volontà di polemizzare apertamente con i capi del popolo
d’Israele, i quali invece che comportarsi come dei buoni pastori, spadroneggiano
sul gregge come dei ladri e dei briganti. La ragione dello scontro deriva da
quanto è accaduto per il cieco nato, cacciato dalla sinagoga dai capi del
popolo perché insisteva nel dare testimonianza a Gesù che l’aveva guarirlo (cfr
Gv 9).
Il
fatto che le pecore riconoscano la sua voce e lo seguano perché da lui ricevono
la vita in abbondanza è la prova che Gesù è l’unica vera ragione di salvezza
per l’umanità. La realtà della risurrezione rende possibile, concreta e attuale
per chiunque lo voglia questa esperienza, perché Dio non fa preferenze di
persone.
Oggi
nel testo evangelico Gesù ripete per ben due volte: “Io sono il buon pastore”,
titolo giustificato dal fatto che egli “offre la vita per le pecore”.
Questa affermazione viene ripetuta una terza volta nella parte finale del brano
odierno, per sottolineare che si tratta di una atto compiuto in piena libertà e
che ha origine dall’amore che esiste tra Lui e il Padre. “Questo comando ho ricevuto dal
Padre mio”: più che un obbligo morale, esso esprime l’essenza stessa
di Dio. Come le pecore attraverso il gesto dell’offerta della vita riconoscono
il “Buon Pastore”, così noi riconosciamo in Gesù, morto e risorto per noi, il
nostro Salvatore. Da questo “dono della vita” ha origine un rapporto con Gesù
ad immagine e somiglianza di quello che esiste tra il Padre e il Figlio. Un
rapporto di Amore per il quale anche noi come le pecore conosciamo, ascoltiamo
e seguiamo il nostro unico Pastore.
Il tema scelto per
questa 52ª GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER
LE VOCAZIONI è: “Vocazioni e santità: toccati dalla Bellezza” - (Evangelii Gaudium, 167;
264). Nel suo Messaggio di quest’anno Papa Francesco dice: “In questa 52ª
Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, vorrei riflettere proprio su
quel particolare “esodo” che è la vocazione, o, meglio, la nostra risposta alla
vocazione che Dio ci dona. … Alla radice di ogni vocazione cristiana c’è questo
movimento fondamentale dell’esperienza di fede: credere vuol dire lasciare sé
stessi, uscire dalla comodità e rigidità del proprio io per centrare la nostra
vita in Gesù Cristo; abbandonare come Abramo la propria terra mettendosi in
cammino con fiducia, sapendo che Dio indicherà la strada verso la nuova terra. …
Questa dinamica dell’esodo non riguarda solo il singolo chiamato, ma l’azione
missionaria ed evangelizzatrice di tutta la Chiesa. La Chiesa è davvero fedele
al suo Maestro nella misura in cui è una Chiesa “in uscita”, non preoccupata di
sé stessa, delle proprie strutture e delle proprie conquiste, quanto piuttosto
capace di andare, di muoversi, di incontrare i figli di Dio nella loro
situazione reale e di com-patire per le loro ferite. Dio esce da sé stesso in
una dinamica trinitaria di amore, ascolta la miseria del suo popolo e
interviene per liberarlo (Es
3,7). A questo modo di essere e di agire è chiamata anche la Chiesa: la Chiesa
che evangelizza esce incontro all’uomo, annuncia la parola liberante del
Vangelo, cura con la grazia di Dio le ferite delle anime e dei corpi, solleva i
poveri e i bisognosi”.
Vi invito a pregare
specialmente per i nostri sacerdoti, per tutti sacerdoti e per le vocazioni al
ministero sacerdotale.
Buona Domenica!
don
Marco Belladelli.
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