giovedì 20 novembre 2014

Il Vangelo della salute del 23/11/2014


Giotto, Giudizio finale, Cappella degli Scrovegni - Padova
XXXIV Domenica del Tempo Ordinario
Solennità di N. S. Gesù Cristo,
Re dell’universo, “A”
Siederà sul trono della sua gloria e separerà gli uni dagli altri.
 Dal Vangelo secondo Matteo (25,31-46)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra.
Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”.
Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.
Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”.
Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”.
E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».
Parola del Signore.
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L’anno liturgico si conclude sempre in una delle due ultime Domeniche di Novembre con la solennità di Cristo Re dell’universo, festa istituita nell’Anno Santo del 1925 al culmine di uno straordinario fervore apostolico e missionario della Chiesa in tutto il mondo. In questo giorno si celebra la potestà divina sulla storia, esercitata da Cristo divenuto Re con la sua morte e risurrezione, e la partecipazione di tutti i fedeli alla edificazione del Regno di Dio, in attesa della sua piena manifestazione e compimento.
Gesù è venuto nel mondo per inaugurare ed instaurare il Regno di Dio, cioè un nuovo ordine delle cose, regolate secondo la logica della giustizia, dell’amore e della pace, il cui manifesto programmatico sono le beatitudini (cfr Mt 5,1-12). Tutte le volte che si compie un gesto, anche il più semplice, nel nome di Cristo o per amore suo, o per una più o meno consapevole adesione a lui, o semplicemente per imitazione, si contribuisce all’edificazione del Regno e si rende più vicina la sua manifestazione.
Molti però pensano che il Regno di Dio sarà sempre una realtà ipotetica, utopistica ed illusoria. La famosa parabola del giudizio universale, che oggi la liturgia ci propone, è una risposta ai dubbi e alle fragilità umane che indeboliscono il rapporto di fedeltà dei discepoli al Signore Gesù.
La scena è a dir poco grandiosa, dominata dalla venuta gloriosa del Figlio dell’uomo e dalla adunata universale di tutti gli uomini, di ogni tempo e di ogni luogo. Cristo appare a tutti per quello che è realmente, nella sua maestà di Signore e giudice dell’universo. Il suo gesto di separare gli uomini a destra e a sinistra è segno della sua autorità, a cui nessuno può sottrarsi, e del punto di non ritorno a cui è giunta la storia umana e di ciascuno. Tutto ormai è già deciso!
Come la creazione è stata un’azione di separazione delle cose dal proprio opposto per la vita, così anche nel giorno del giudizio verrà separato il bene dal male per eliminare il mistero dell’iniquità alla radice. Il re chiama a sé il primo gruppo, indicandoli come “benedetti del Padre mio”, per renderli partecipi del “regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo”. Invece, quelli del secondo gruppo, i “maledetti”, vengono allontanati ed esclusi in modo definitivo da questa eredità.
Il criterio di giudizio consiste nell’aver “servito” o “non servito” “uno solo di questi miei fratelli più piccoli”. Le varie azioni elencate: dar da mangiare, da bere, ospitare, vestire, assistere e visitare, sono riassunti al v. 44 con diakonein, cioè con “servire”.  
La sorpresa è in entrambi i gruppi: quando mai, Signore, abbiamo fatto o non abbiamo fatto ciò per cui ora veniamo giudicati? Nella risposta viene rivelato il valore e il significato profondo delle relazioni interpersonali: esse o sono autenticamente piene di quella carità, che ci deriva dal rapporto di fedeltà a Cristo, oppure ne sono ipocritamente vuote. Tutto questo però non è immediatamente chiaro a tutti. La storia rimane per se stessa equivoca.
Questi piccoli” da servire sono coloro che vivono in condizione di indigenza, fragilità e mortificazione (o schiavitù) materiale, morale e sociale. L’altro elemento che li distingue è quando Gesù li chiama “miei fratelli”, termine che nel Nuovo Testamento indica sempre i discepoli del Signore. Questi due elementi ci aiutano ad individuare chi sono coloro che dobbiamo servire e mettono in risalto soprattutto il fine da perseguire nel servizio, cioè la costruzione del Regno di Dio.
Ogni giorno si guadagna o si perde in vita eterna a seconda che siamo capaci di essere fedeli a Cristo Signore nel servire con vera misericordia gli ultimi di questa terra, con il cuore pieno di speranza nella venuta del suo Regno. Il giudizio avviene quindi ogni giorno nella nostra coscienza. Prova ad immaginare Gesù che mettendoti fraternamente un braccio sulla spalla alla fine della tua giornata ti chieda: “Parlami di te, fratello/sorella …”. Con tanti auguri di vita eterna!
don Marco Belladelli. 

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