Fede e sofferenza
Domanda: Di fronte a una persona che soffre e che non
ha speranze come risponde la fede?Risposta: Qualsiasi sofferenza, fisica, morale o spirituale, mette il dito sulla piaga del nostro limite. Come se improvvisamente, in modo minaccioso e indipendente da noi prendesse vita la nostra ombra, che spesso dimentichiamo. Nonostante i proclami dei grandi progressi medico - scientifici, quando la malattia ci tocca personalmente si presenta sempre come una minaccia. La ferita del limite che la malattia evidenzia mette in crisi l’atto creativo di Dio. Essa ha a che fare con il peccato. C’è bisogno del Cristo per mettere le cose a posto e per cogliere il vero senso della sofferenza, oltre ogni parzialità e provvisorietà.
All’ Angelus del
29/05/1994, appena dimesso dal Policlinico Gemelli dopo un mese di degenza per
un’artoprotesi, il Beato Giovanni Paolo II invece di ringraziare per la
guarigione, ringraziò la Madonna per quella sofferenza, anche questa volta nel
mese di Maggio, come tredici anni prima, in occasione dell’attentato in piazza
san Pietro. Parlò di quella nuova sofferenza come di “un dono necessario” per introdurre la Chiesa nel Terzo Millennio. E aggiunse: “Deve essere aggredito il Papa, deve soffrire
il Papa, perché ogni famiglia e il mondo vedano che c'è un Vangelo, direi,
superiore: il Vangelo della sofferenza, con cui si deve preparare il futuro, il
terzo millennio delle famiglie, di ogni famiglia e di tutte le famiglie.”
Facendo poi riferimento al Presidente americano, Bill Clinton, che avrebbe
incontrato qualche giorno dopo, concluse dicendo: “Capisco che era importante avere questo argomento davanti ai potenti
del mondo. Di nuovo devo incontrare questi potenti del mondo e devo parlare.
Con quali argomenti? Mi rimane questo argomento della sofferenza. E vorrei dire
a loro: capitelo, capite perché il Papa è stato di nuovo in ospedale, di nuovo
nella sofferenza, capitelo, ripensatelo!”.
Il Dio cristiano è
un Dio crocifisso, che non ha dato una risposta di tipo filosofico al problema
della sofferenza e della morte, né tantomeno lo ha risolto in modo definitivo,
ma l'ha fatta propria, l’ha integrata dentro la propria realtà divina,
annunciandoci che l'ultima parola sulla nostra vita non sarà la sofferenza, né
tanto meno la morte, ma l’Amore. La fede cristiana non è un illusorio surrogato
di consolazione, ma il cammino verso una pienezza di vita nel quale la nostra
sofferenza, unita alla sofferenza del Dio crocifisso, viene trasformata in un
atto di amore per lui e per i fratelli. La viva memoria dell’amore del
Giusto sofferente che si è caricato il dolore di tutti (cfr Is 53), è la via
privilegiata della salvezza e della speranza offerta a tutta l’umanità.
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