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Il buon pastore, Ravenna, mausoleo di Galla Placidia. |
IV
Domenica di Pasqua “B”
Il
buon pastore dà la propria vita per le pecore.
Dal Vangelo secondo Giovanni (10, 11-18)
In quel tempo, Gesù disse: «Io
sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il
mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede
venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde;
perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me,
così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le
pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io
devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo
pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di
nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il
potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre
mio». Parola del Signore.
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La IV Domenica di Pasqua segna un passaggio di prospettiva. I
racconti delle apparizioni di Gesù risorto ci hanno confermati nella fede della
risurrezione, come evento reale e fondamentale del cristianesimo. Nelle
prossime Domeniche ascolteremo invece brani dei discorsi di Gesù tenuti in diversi
momenti del suo ministero, ma soprattutto durante l’ultima cena, per dare
risalto al nostro rapporto con lui, a partire dalla novità rappresentata dalla
sua risurrezione. Viene così progressivamente annunciata la presenza e l’opera
dello Spirito Santo, il cui compito fondamentale è quello di guidarci a Gesù e
di conformarci come discepoli ad immagine e somiglianza di Cristo risorto, nuovo
Adamo. Culmine delle celebrazioni pasquali sarà l’effusione dello Spirito Santo
sul mondo. Anche dopo la riforma liturgica conciliare, quella di oggi poi è
rimasta la Domenica del Buon Pastore, nella quale si celebra la GIORNATA
MONDIALE PER LE VOCAZIONI. Il brano proposto è tratto dal famoso discorso del
capitolo 10 di Giovanni, nel quale Gesù si propone come il “bravo”
pastore, cioè colui che fa il bene delle pecore, diversamente dai mercenari e
dai ladri, che invece sfruttano il gregge, lo danneggiano
e nel momento del pericolo lo abbandonano. Il recinto non è un ovile qualsiasi,
ma il tempio di Gerusalemme. Il guardiano che apre la porta è il custode del
tempio stesso. Senza questi riferimenti,
saremmo portati a pensare un generico contesto bucolico, mentre da parte di
Gesù è chiara la volontà di polemizzare apertamente con i capi del popolo
d’Israele, i quali invece che comportarsi come dei buoni pastori,
spadroneggiano sul gregge come dei ladri e dei briganti, come è accaduto per il
cieco nato, guarito di Gesù (cfr Gv 9), cacciato dalla sinagoga, perché
insisteva nel dare testimonianza a Gesù che l’aveva guarirlo. Il fatto che le
pecore riconoscano la sua voce e lo seguano perché da lui ricevono la vita in
abbondanza è la prova che Gesù è l’unica vera ragione di salvezza per
l’umanità. La realtà della risurrezione rende possibile, concreta e attuale per
chiunque lo voglia questa esperienza, perché Dio non fa preferenze di persone. Oggi
Gesù ripete per due volte: “Io sono il buon pastore”, titolo giustificato dal fatto che
egli “offre la
vita per le pecore”, affermazione ripetuta una terza volta nella parte finale del
brano odierno, per sottolineare che si tratta di una atto compiuto in piena
libertà e che ha origine dall’amore che esiste tra Lui e il Padre. “Questo comando ho
ricevuto dal Padre mio”: più che un obbligo morale, esso esprime
l’essenza stessa di Dio. Come le pecore attraverso il gesto dell’offerta della
vita riconoscono il “Buon Pastore”, così noi riconosciamo in Gesù, morto e
risorto per noi, il nostro Salvatore. Da questo “dono della vita” ha origine un
rapporto con Gesù ad immagine e somiglianza di quello che esiste tra il Padre e
il Figlio, un rapporto di Amore per il quale anche noi come le pecore
conosciamo, ascoltiamo e seguiamo il nostro Pastore. Il tema
scelto per la 49ª GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI è: “Le
vocazioni dono della Carità di Dio”. Il Papa, nel suo Messaggio, ricorda
che “in ogni tempo, alla sorgente della
chiamata divina c’è l’iniziativa dell’amore infinito di Dio, che si manifesta
pienamente in Gesù Cristo”. Dopo aver esortato ad “aprire la nostra vita a questo amore” e “alla perfezione dell’amore del Padre” a cui “ci chiama Gesù Cristo ogni giorno”, auspica che “nella Chiesa si creino le condizioni
favorevoli affinché possano sbocciare tanti «sì», quali generose risposte alla
chiamata di amore di Dio”. Preghiamo specialmente per i nostri sacerdoti,
per tutti sacerdoti e per le vocazioni al ministero sacerdotale. Buona
Domenica!
DON MARCO
BELLADELLI.
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