Presepio di fra Elia - Natale 2011. |
S. Messa
dell’aurora.
I pastori trovarono Maria, Giuseppe e il bambino.
Dal
Vangelo secondo Luca (2,15-20)
Appena gli angeli si furono allontanati da loro, verso il cielo, i pastori dicevano l’un l’altro: «Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere».
Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato
nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato
detto loro. Appena gli angeli si furono allontanati da loro, verso il cielo, i pastori dicevano l’un l’altro: «Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere».
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Parola del Signore.
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Il brano evangelico della S.
Messa dell’aurora è la continuazione di quello della notte. Dopo l’apparizione
e l’annuncio degli angeli, i pastori vanno a vedere “questo avvenimento”. Lo riconoscono dal
segno che era stato loro indicato, “Maria e
Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia”. Dal canto loro, i
pastori riferiscano “ciò che del
bambino era stato detto loro”, suscitando lo stupore e la meraviglia di
tutti i presenti. Il brano si conclude con le lodi a gloria di Dio per tutto
quello che hanno visto e riconosciuto come opera sua. Quella dei pastori è la
nostra stessa prospettiva. Anche a noi, come a loro, viene annunciato un’
avvenimento. Anche noi, come loro, viene offerto lo stesso segno da
interpretare: una madre, con accanto a sé il figlio appena nato e il marito. Si
tratta di riconoscere, attraverso il segno, il valore ed il significato
dell’evento che ci sta davanti. Tutto questo è opera di Dio o un semplice
evento naturale? Nonostante le luci, i colori, le emozioni e i sentimenti più
nobili con cui nel corso della storia abbiamo cercato di camuffare il Natale a
nostro uso e consumo, esso è e rimane fondamentalmente un evento della fede. Ed
è per quella fede che ogni anno, come gli anonimi pastori di turno, siamo
condotti davanti alla grotta di Betlemme, per confrontarci con quel mistero: quel
bimbo avvolto in fasce è il Dio fatto uomo. La via che ci viene indicata per
entrare dentro a questo mistero è sempre quella dell’umiltà e dell’amore. E’ lo
stesso umile atto di obbedienza chiesto ai nostri Progenitori, Adamo ed Eva, e
che essi non sono stati in grado di offrire a Dio. Per noi è diverso. Il segno
che ci sta davanti ci aiuta. Proviamo ad entrare in sintonia con l’umiltà di
questo bambino, che giace in una mangiatoia. Egli ci condurrà nel profondo di
noi stessi a quella semplicità e a quella umiltà, che sono le vere dimensioni
della nostra umanità, per quell’assenso desideroso di conformarsi alla verità e
alla grazia, quel gesto di affettuoso e docile abbandono a Dio. In quel segno, come
dice l’autore della lettera agli Ebrei, Dio ci parla: “Dio, che aveva già parlato
nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti,
ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha
costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo.” (Ebr 1,1ss). Siamo
davanti a qualcosa che per grandezza e straordinarietà può essere paragonato
soltanto all’atto creativo. Come si può tacere un annuncio tanto importante per
tutti gli uomini? Come si fa a non lasciarsi contagiare dalla gioia che sprigiona
da questo giorno? Uniamoci ai pastori, agli Angeli e ai Santi e a tutte le
creature dell’universo nella lode a Dio. Ancora Buon Natale! cari amici, chiunque voi siate e dovunque vi trovate.
Don Marco
Belladelli
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